19/10/2014

Adozione gay: no della Procura del Tribunale dei minori di Bologna

Una coppia di lesbiche ha chiesto al Tribunale dei minorenni di Bologna il riconoscimento della “step child adoption” (l’adozione di una del figlio dell’altra), ma la Procura ha concluso l’istruttoria con un diniego.

Dal 2013 ad una insegnante universitaria è stata concessa la cittadinanza italiana per discendenza: ha preso quindi la residenza a Bologna dove si è trasferita con la compagna. Quindi ha chiesto al Tribunale dei Minori del capoluogo emiliano che venga riconosciuta anche in Italia l’adozione della figlia della “moglie”, che era stata concessa da un Tribunale statunitense.

L’istruttoria al tribunale dei Minori si è conclusa con il parere negativo e già depositato della Procura, dove si sottolinea come un accoglimento sarebbe contrario alla legge italiana.

Nel ricorso presentato dall’ avvocato che assiste la coppia gay si legge: “La figlia, che dalla nascita vive una situazione caratterizzata dalla stabilità di relazioni affettive familiari in un rapporto di filiazione con entrambe le madri (la madre biologica e la madre adottiva)...”.

Occorre sottolineare che il cosiddetto “rapporto di filiazione” non esiste affatto: visto che la madre è stata fecondata artificialmente da un anonimo venditore di sperma, e l’altra non ha fatto proprio nulla, al massimo sarà stata a guardare. Si è “figli” di una madre e di un padre: è una banale e naturale ovvietà, che però oggi viene costantemente messa in discussione, con una pretesa ideologica perversa e irragionevole.

Il Presidente del Tribunale dei minori ha dichiarato: “Il caso verrà trattato con la consueta attenzione e celerità, senza farci condizionare da argomenti di natura diversa da quella giuridica e tentando di approntare la massima tutela dell’interesse dei minori coinvolti nella vicenda”.

Speriamo sia così:   la cosiddetta “step child adoption”, richiesta dalle due donne, in Italia non è attuabile perché le leggi vigenti in materia permettono l’adozione solo all’interno di coppie sposate, quindi maschio e femmina; l’avvocato ha tentato una forzatura giuridica al fine di rendere legale attraverso la magistratura un qualcosa chiaramente privo di basi normative, sperando di trovare un giudice disposto a ripetere la grave violazione della legge e della Costituzione avvenuta qualche tempo fa a Roma.

Redazione

Fonte: ANSA

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.