10/12/2016

Bambole Reborn: l’ultima frontiera del disumano

Bambole belle. Bambole che sembrano neonati, nel peso e nelle dimensioni. Bambole da vestire e sistemare. Bambole che tengono compagnia. Bambole da coccolare. Bambole che riempiono il vuoto di un figlio mai arrivato, o forse concepito e ucciso con l’aborto...

Ma quel che bambola è, bambola rimane. Anche se la si chiama “Reborn“, ossia “rinata”, non sarà mai altro che un surrogato inanimato di un bambino vero.

«La tecnica del reborning, nata alla fine degli anni Novanta negli Stati Uniti, oggi diffusa in tutto il mondo (Italia compresa), prevede che questi giocattoli per adulti prendano forma da kit composti da testa, braccia e gambe di morbido vinile o silicone (copie di bimbi da 0 a 3 anni), assemblati, dipinti, ritoccati, forniti di morbidi capelli con tecnologie più o meno sofisticate. L’accuratezza del manufatto e la sua somiglianza a un pargoletto vero fanno lievitare il prezzo sulle piattaforme commerciali online, dove il mercato dei bambini sostitutivi genera grandi affari», scrive Patrizia Floder Reitter su La Verità.

Facendo un giro sul web si apre un mondo: Amazon, eBay, siti vari... le bambole sono migliaia, di sei colori diversi, del peso e della lunghezza di un neonato, ma si possono trovare anche delle bambole con le fattezze di un bimbo prematuro; i prezzi vanno da un centinaio di euro fino a migliaia di euro.

Su un sito che commercializza bambole Reborn si legge: «Ecco i prezzi di alcuni dei nostri bimbi», o anche «Molti dei nostri bimbi già adottati si possono ricreare»...

Bambini? Adozione? Sì, di questo parlano i sostenitori del reborning. Le bambole diventano figli in tutto e per tutto, quindi non si comprano, si adottano. Di qui la “naturale” conseguenza: sempre sul web, spopolano le foto e i video di persone ritratte con le loro bambole, che mostrano orgogliose al mondo proprio come si fa per un figlio: mentre le cambiano, mentre dormono in camerette tutte per loro, mentre le portano a prendere un po’ di sole sul passeggino...

Da alcuni il fenomeno della bambole Reborn viene visto come un semplice “gioco”, innocuo, e chi si dedica a questo mercato viene quasi paragonato a un filantropo, che compie un atto di generosità. Lo stesso – perverso – ragionamento proposto quando si parla di aborto, di adozioni gay o di utero in affitto.

Ma la realtà è un’altra. Tra bambole che fungono da figli, bambini creati in laboratorio (magari da tre “genitori”, per non farsi mancare nulla) o comodamente ordinati e comprati con l’utero in affitto, bambini uccisi prima e dopo la nascita, gravidanze ricercate oltre i limiti della natura (se un figlio non arriva, un motivo c’è...) e con un sacrificio di vite immane, educazione gender, droga libera, eutanasia già per minorenni, ceneri nelle urne da tenere in casa, persone che si fanno congelare nella speranza di “risuscitare”... oramai (quasi) tutte le aberrazioni sono diventate realtà.

Abbiamo ogni cosa, ma abbiamo perso la nostra umanità. E, forse, se ci si riflettesse un attimo, si arriverebbe a capire che anche il fenomeno delle bambole Reborn altro non è che l’ennesimo richiamo a tornare a scoprire il valore della generatività, del donarsi e di accogliere, di dare speranza al futuro... un futuro che passa dalla vita (quella vera) e dalla famiglia naturale, perché tutte le finzioni contro natura della modernità sono un castello di carte destinato a crollare. E crollerà, questo è certo.

Teresa Moro

Fonte: La Verità, 24.11.2016, p. 13


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