12/12/2016

Famiglia a “step”: l’Italia che cambia (in peggio)

Matrimoni in aumento nel 2015, la famiglia sta tornando. Felicità!

Qualcuno potrebbe aver fatto questo pensiero nel leggere che nel 2015 sono stati celebrati 4.600 matrimoni in più rispetto all’anno nero 2014. Però la questione, se la si analizza nella sua totalità, non è così rosea come sembrerebbe di primo acchito. Proviamo a vedere perché.

Partiamo dai numeri forniti dall’Istat per comprendere lo stato di “salute” (sarebbe meglio dire “di malattia”) della famiglia: «Nel 2015 sono stati celebrati in Italia 194.377 matrimoni, circa 4.600 in più rispetto al 2014. Si tratta dell’aumento annuo più consistente dal 2008. [...] Le seconde nozze, o successive, sono 33.579, quasi 3.000 in più rispetto al 2014 (+9%). L’incidenza sul totale dei matrimoni raggiunge il 17%. [...] Per l’instabilità coniugale, i dati del 2015 risentono degli effetti delle recenti variazioni normative. In particolare l’introduzione del “divorzio breve” fa registrare un consistente aumento del numero di divorzi, che ammontano a 82.469 (+57% sul 2014). Più contenuto è l’aumento dele separazioni, pari a 91.706 (+2,7% rispetto al 2014). [...] Nell’89% dei casi i figli frutto del matrimonio sono stati dati in affido congiunto a entrambi i genitori».

Il quadro è chiaro: ci si sposa (sempre più tardi, le donne in media a 32 anni e gli uomini a 35), magari si fa un figlio (meglio non eccedere...) e spesso si arriva al divorzio. Ma poi ci si risposa, forse nella speranza che “la seconda sia la volta buona”, illudendosi che il motivo di un fallimento nel rapporto di coppia non abbia essenzialmente origine nella singola persona: sì, perché si può anche avere vicino un partner che si scopre essere diametralmente opposto a noi, ma se si è coerenti con l’impegno preso, ci si rimbocca le maniche e si va avanti (ovviamente con tutti i distinguo del caso, legati a violenze o situazioni al limite).

Questa situazione, di famiglie che si formano, si sciolgono e poi si riformano con composizioni differenti, genera le cosiddette “stepfamily”: lei e i figli di lei si uniscono a lui e i figli di lui, magari tenendo anche i rapporti con l’ex di lei e l’ex di lui, che magari hanno a loro volta una nuova lei e un nuovo lui... e potremmo continuare nell’analisi di questo groviglio di relazioni (che non è detto siano eterosessuali) tirando in ballo i nonni, ma è meglio fermarsi qui. Andiamo a “step” anche noi, in questo caso.

Il risultato? Abbiamo bambini che crescono con una quantità di persone che si dicono mamme, papà, nonni, zii e zie (di fatto, o solo di nome) da far venire il capogiro. Con buona pace delle figure di riferimento, così importanti nel processo di sviluppo dell’identità, che arrivano ad accavallarsi e a sovrapporsi (e spesso, è di facile intuizione, proponendo al bambino uno stile educativo proprio). E senza tenere altresì in considerazione che i bambini – per loro natura egocentrici – spesso s’imputano la responsabilità della separazione dei genitori, pensando di esserne loro la causa.

Insomma, non ha molto senso gioire per i nuovi dati Istat. La famiglia non è ancora – ahinoi – in ripresa e la battaglia culturale e sociale in difesa del matrimonio deve continuare, con rinnovata determinazione ma sempre con speranza.

Teresa Moro

Fonte: Istat e HuffingtonPost


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