17/02/2017

Famiglia sì, ma non solo. Le politiche delle grandi aziende

Le grandi aziende sembrano essere sempre più attente ai bisogni dei propri lavoratori: si guarda maggiormente alla persona, alla sua famiglia, ma anche al comfort dei luoghi di lavoro, al benessere fisico, al cibo della mensa aziendale e via discorrendo...

Tutto questo è certamente un bene e va incentivato, però è necessario porre dei distinguo. Tra i tanti e nuovi benefit aziendali, infatti, ve ne sono anche alcuni che sarebbe stato meglio non avessero trovato spazio: pagamento per il cambio di sesso (come se si potesse fare...), fecondazione eterologa e congelamento degli ovuli in primis.

Andiamo con ordine. Da un lato abbiamo le aziende virtuose, a reale misura di persona e di famiglia.

Il famoso social Facebook, per esempio, ha aumentato le ferie annuali dei propri dipendenti a sei settimane, dona 4.000 euro per ogni nuova nascita e permette un congedo parentale di quattro mesi per i neo-genitori. Sostegno alla famiglia simile anche da parte di Netflix, la piattaforma per lo streaming online, che offre un congedo parentale – sia per madri, sia per padri – illimitato e retribuito a stipendio pieno per il primo anno di vita dei figli. Anche la Walt Disney – con tutti i suoi difetti, anche di matrice ideologica – offe ai dipendenti ingresso gratuito ai suoi parchi giochi e sconti per hotel e gadgets. E l’elenco di aziende potrebbe continuare...

Accanto a questo, però, si trovano anche Spotify che «si accolla anche i costi per il congelamento degli ovuli e per la fecondazione assistita», la multinazionale Accenture che «paga ai dipendenti i costi per il cambiamento di sesso», o Twitter che «offre agli impiegati la possibilità di estendere l’assicurazione medica ai partner di qualunque sesso»...

Eccesso di zelo nella cura dei lavoratori? O forse asservimento al maistreaming? Non è dato di sapere. Quello che è chiaro è che c’è molta confusione: si vuole primeggiare, offrire di più della concorrenza, ma se non si ha chiaro a quali valori fare riferimento, ogni cosa appare desiderabile e lecita.

La questione su cui presto o tardi la nostra società dovrà fare i conti, se non altro per cercare di rimediare all’inverno demografico, è il fatto che la famiglia va rimessa al centro dell’ambito lavorativo. Ambito che, come natura (conformazione fisica) e buon senso vorrebbero, dovrebbe tornare a riguardare principalmente gli uomini. E questo non perché le donne non abbiano nulla da dire o abbiamo meno capacità del “sesso forte”, anzi: forse è vero l’esatto contrario. Ma perché le donne hanno un “genio femminile” che solo loro possono mettere a servizio della loro famiglia e dei loro figli, educando le generazioni del domani. Ed è forse proprio questo, più di qualsiasi lavoro, il miglior servizio che una donna possa fare alla società.

Fonte: Il Corriere della Sera

Teresa Moro


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