30/11/2014

Il divorzio breve non serve alla famiglia in crisi

A proposito del divorzio breve, non sembrano essere stati calcolati i molti rischi inerenti a questa drastica riduzione dei tempi necessari per ottenere il divorzio in Italia.  Segnaliamo in proposito un articolo pubblicato sul sito Views&Values, Christian Global Post

In Italia una riforma, se così si può chiamare, rischia di diventare legge in tempi brevissimi, ma soprattutto di stravolgere un ambito delicato come quello riguardante la famiglia, già presa di mira e attaccata duramente negli ultimi anni. È il cosiddetto ‘divorzio breve’, come lo definiscono gli organi di informazione del belpaese che, come gran parte degli italiani, cercano di analizzare quali effetti avrà questa innovazione.

In realtà, non sembrano essere stati calcolati i molti rischi inerenti a questa drastica riduzione dei tempi necessari per ottenere il divorzio in Italia. Primo: la riforma marcia parallelamente su due binari distinti, a due velocità differenti. Se da una parte se ne occupa il decreto legge del governo, già approvato alla Camera, infilato subdolamente all’interno della riforma del processo civile, dall’altra viaggia molto più lentamente il disegno di legge relativo allo stesso argomento; come disegno di legge di iniziativa governativa infatti ha notoriamente tempi molto più lunghi ed estenuanti, bloccato più volte da giochi di potere e di maggioranze di governo.

Anziché procedere organicamente, dunque, il ‘divorzio breve’ continua a muoversi in maniera distonica verso un approdo incerto. Secondo: chi saranno i beneficiari e chi invece patirà le conseguenze di questo riordino?

Il testo infatti prevede una riduzione dei tempi a dodici mesi in caso di contenzioso e a sei mesi per le istanze di divorzio consensuali.

Con la possibilità, in questi ultimi casi, di divorziare anche in Comune senza dover ricorrere alla magistratura. Invece per le coppie con figli, anche se minorenni o portatori di handicap, c’è solo una semplificazione della legge attuale: nei casi di separazione consensuale, i coniugi potranno ricorrere alla negoziazione assistita, stabilire cioè le condizioni di comune accordo in via privata, fra di loro, con l’assistenza degli avvocati di fiducia. I quali ultimi, a loro volta, trasmetteranno poi entro dieci giorni la decisione dei coniugi al procuratore della Repubblica che darà via libera al divorzio se valuterà l’accordo raggiunto rispondente all’interesse dei figli. Figuriamoci quanto nella patria dei ritardi burocratici e dell’inerzia in soli dieci giorni si potrà trovare una soluzione “rispondente all’interesse dei figli”.

La verità è che la nuova normativa, anziché riflettere più approfonditamente sui vari aspetti della questione e trovare nuovi spunti per investire sulla famiglia, incentiva esponenzialmente i divorzi e le indiscutibili, comprovate sofferenze che causano al nucleo familiare.

È una decisione che non tiene conto dei reali bisogni di una famiglia in crisi, la quale per contro avrebbe bisogno di un tempo ragionevole per ponderare una scelta tanto grave. E, aspetto certamente non ultimo, si finisce col non rispettare più in alcun modo il disagio e le reazioni dei figli che, come spesso capita, vengono travolti inermi dalle decisioni dei genitori.

Anticipare i tempi per disfare una famiglia non è solo un attacco a questa istituzione ma una via che porta a disgregare la stessa società che sulle famiglie si regge. Questa legge in realtà non risolve il problema delle famiglie separate, già affettivamente e sentimentalmente ferite. E accorciare i tempi del divorzio non fa altro che aumentare l’angoscia dei figli i quali nella stragrande maggioranza dei casi vorrebbero che i genitori rimanessero uniti.

Sono tantissimi i casi in Italia di coppie che, dopo mesi di separazione, sono tornate insieme anche grazie all’aiuto e all’amore dei propri figli che hanno fatto da collante fra i genitori. E una volta tornati insieme, come molte volte accade, l’amore è più forte e duraturo di quanto lo era prima.

Immaginiamo che da un giorno all’altro coppie di coniugi possano accedere al divorzio breve: questi casi di ricompattamento del nucleo famigliare scomparirebbero del tutto, non ci sarebbe più speranza per figli e parenti di rivedere un giorno i propri cari riuniti insieme in quella che è la pietra angolare di qualsiasi forma di società fin dai tempi più remoti.

Ancora una volta l’intento è chiaro, la famiglia fondata sul matrimonio fra uomo e donna fa paura agli interessi di chi vuole una nazione popolata sempre più da cittadini soli, disuniti, deboli, ricattabili e poveri: la relativa povertà economica di un nucleo famigliare diviso che raddoppia tutte le spese non è l’ultimo degli aspetti più controversi del divorzio. La speranza è che qualcuno all’interno della maggioranza di governo abbia il coraggio di fare un passo indietro su questa decisione. Farlo vorrebbe dire compiere un grande passo avanti verso gli interessi reali della famiglia per il bene del popolo italiano.

Luca Colavolpe Severi

 

 

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