26/05/2014

Inghilterra – Ingegneria sociale: figli tolti alla famiglia e affidati a coppia gay

A suon di sentenze, utilizzando i cosiddetti “casi limite”, prosegue il progetto di “ingegneria sociale” volto all’equiparazione delle unioni omosessuali rispetto alla famiglia tradizionale.

Se la religione, il sentito comune e la politica si oppongono a tali concetti, nessun problema: vi pensano i giudici ad avvallare anche le adozioni omosessuali.

Sia ben chiaro: una volta riconosciute le unioni omosessuali, saranno consentite anche le adozioni e “l’acquisto” di figli mediante l’utero in affitto.

Elton John docet: così già in Italia per il “figlio su richiesta del senatore del PD Sergio Lo Giudice.

Se poi analisi, ricerche e i fatti stessi dovessero dimostrare, come già accade, che è sbagliato equiparare un’unione omosessuale con la famiglia naturale, “tanto peggio per i fatti se non si accordano con la teoria” vi verrà risposto!

Fermiamo questa deriva, prima che sia troppo tardi!

 

Figli tolti alla famiglia e affidati a coppia gay

di Lorenzo Schoepflin – Una decisione della sezione che si occupa di diritto familiare dell’Alta Corte di giustizia inglese rischia di diventare una pietra miliare sulla strada dell’equiparazione della famiglia omosessuale a quella naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.

Riepiloghiamo i fatti così come si possono apprendere dalle cronache locali (ne hanno parlato, tra gli altri, BbcThe Independent eDaily Mail). Ad una coppia Rom di origine slovacca vengono sottratti i figli di due e quattro anni. La ragione di questa decisione risiede nel fatto che i genitori hanno non solo trascurato i due bambini, ma anche esagerato con le punizioni. Dalle testimonianze raccolte sono emersi episodi di percosse da parte del padre e sono state riscontrate condizioni di incuria, sporcizia e scarsa frequenza scolastica. Un degrado generale che ha dunque portato il Consiglio della Contea del Kent, che tra i suoi compiti ha anche quello di occuparsi degli interessi dei minori, a decidere per l’adozione dei due fratelli.

Il Consiglio ha individuato in una coppia omosessuale, composta da due uomini, la “famiglia” a cui affidare i due bambini. Il ricorso avverso a questa scelta non si è fatto attendere e i due genitori si sono rivolti all’Alta Corte manifestando tutta la loro contrarietà. In particolare, come si evince non solo dai racconti degli organi di informazione, ma anche dalla sentenza stessa, la protesta della coppia è fondata su ragioni religiose (i due sono cattolici praticanti) e culturali (i genitori insistono molto sull’importanza delle loro origini). Innanzitutto va precisato che dalla sentenza emerge che la coppia ha da sempre respinto ogni osservazione circa il loro modo di fare i genitori, tanto da appellarsi anche alla Corte europea dei diritti umani. Corte che ha rigettato, nel dicembre del 2013, i ricorsi presentati separatamente da padre e madre.

Ovviamente, a tutto ciò, si aggiunge la sorpresa per la scelta di una coppia gay per l’affidamento dei loro figli. Durante le audizioni, delle quali ampi stralci virgolettati sono riportati nella sentenza, i genitori dei due bambini hanno sottolineato che tale scelta è molto diversa da quella ragionevolmente prevedibile, soprattutto perché irrispettosa delle origini slovacche e della loro religione: «La Slovacchia non riconosce le unioni tra persone dello stesso sesso», hanno ricordato i due, e i bambini rischiano di crescere in una situazione conflittuale con quella fede cattolica che solo nell’unione sponsale tra uomo e donna riconosce il luogo naturalmente deputato alla trasmissione della vita e all’educazione dei figli.

Nell’opporsi alla decisione, i genitori hanno dipinto uno scenario inquietante ma certamente non lontano dalla realtà dei fatti: «Questa è ingegneria sociale ed è uno sforzo cosciente e deliberato del Consiglio della Contea di Kent per trasformare i nostri figli da bambini slovacchi rom in bambini della classe media inglese».

Questo il contesto in cui l’Alta Corte, nella persona del giudice James Munby, ha deciso di non accogliere il ricorso dei genitori, confermando così l’affidamento dei due fratelli alla coppia gay. Munby si è espresso nei seguenti termini: «Il fatto è che […] devo giudicare le questioni secondo la legge dell’Inghilterra e con riferimento alle norme di uomini e donne ragionevoli nella società inglese contemporanea. Le opinioni dei genitori, siano esse religiose, culturali, laiche o sociali, hanno diritto al rispetto, ma non possono essere determinanti».

L’esito di questa storia serve da lezione e ammonimento per una serie di ragioni, tra loro stesse intrecciate, che proviamo ad elencare in ordine sparso.

Primo: il riconoscimento del matrimonio omosessuale è il primo varco, impossibile da richiudere, per le adozioni di bambini da parte di coppie dello stesso sesso. E’ una ferita insanabile che mina direttamente il diritto di un bambino ad avere un padre e una madre. La rivendicazione dei diritti che sarebbero negati alle coppie omosessuali – presunta lacuna giuridica che secondo la lobby omosessuale è colmabile solo col riconoscimento pubblico delle unioni tra persone dello stesso sesso – è solo propedeutica all’ottenimento del via libera ad adottare un figlio. Proprio l’Inghilterra di Elton John ne è l’esempio lampante.

Secondo: culturalmente, ormai, l’educazione che una coppia omosessuale può impartire ad un bambino è ritenuta uguale – se non addirittura migliore, come nel caso specifico – a quella di una coppia eterosessuale. Si ritiene quindi che, per un bambino, crescere con un padre e una madre, con due padri o con due madri sia indifferente. Il modello di famiglia omosessuale non ha più niente di diverso da quello di famiglia naturale.

Terzo: da ciò discende che la tutela del miglior interesse del bambino – che si suppone sia la bussola che orienta le decisione di un organo istituzionale – può coincidere con la sua adozione da parte di una coppia omosessuale. In questo caso, siamo in un certo senso già oltre il figlio ottenuto da fecondazione eterologa ed utero in affitto commissionato da lesbiche o gay. Si tratta dell’affidamento a due uomini di un bambino nato e cresciuto nella propria famiglia naturale. Per il suo bene.

Quarto: la legge dello Stato annulla la legge naturale. Se uno Stato sceglie di riconoscere nel proprio ordinamento le unioni tra persone dello stesso sesso, non esiste più la possibilità di opporsi in nome dell’ovvia considerazione che in natura un bambino nasce da un uomo e una donna e che quindi ha bisogno di un padre e di una madre. Occorre adeguarsi allo standard legislativo e le proprie convinzioni culturali e religiose, seppur fondate sulla natura delle cose, vengono derubricate a opinioni personali rispettabili ma non vincolanti.

Quinto: da ciò deriva che lo Stato ha il diritto di invadere la sfera educativa propria dei genitori, arrogandosi il diritto di scegliere per il figlio qualcosa che non rispecchia la loro volontà – orientata al bene del bambino, seppur in un quadro familiare poco limpido – e spingendosi fino a quelli che giustamente i due genitori rom hanno definito esperimenti di «ingegneria sociale». In ossequio alla teoria del gender, babbo e mamma devono fare un passo indietro.

Per tutto questo, la decisione dell’Alta Corte inglese rischia di costituire un precedente che non riguarda solo la questione inerente la propaganda Lgbt. La quale, col ddl anti-omofobia alle porte, resta comunque il pericolo più immediato per la famiglia naturale e la libertà di educazione e di opinione.

Fonte

Blu-Dental

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