31/12/2016

Internet, istruzioni per l’uso: come districarsi nella giungla digitale

L’argomento potrebbe sembrare banale, ma in realtà non lo è. Ultimamente, mi capita spesso di avere a che fare con una gestione condivisa, e allo stesso tempo controversa, della questione educativa che riguarda l’uso di internet e delle nuove tecnologie, soprattutto da parte dei minori.

Tutti sappiamo bene ormai che internet è una primaria fonte di informazione, sempre più diffusa, sempre più condivisa e sempre più accessibile. Ciò che molti però hanno smesso di chiedersi è se è lecito e opportuno fare tutto ciò che si può fare con i mezzi che il progresso mette a nostra disposizione. Poco cambia, appunto, qualora parlassimo di utero in affitto o di adozioni gay. La domanda resta: il fatto che una cosa si possa fare tecnicamente ci esime dal porci una domanda seria sul fatto che sia opportuna, giusta, responsabile, adeguata o lecita (spesso non solo per un minore)? Ad esempio, il fatto che Facebook abbia dato libero accesso ai minorenni licenzia la nostra responsabilità educativa nel governare l’uso che un minorenne fa dello strumento pc, e specie di internet? Certamente no.

Eppure, accade sempre più spesso che, a causa di massicce e indiscriminate dosi di “libertà” – comunemente intesa ormai come lo stato brado dell’uomo, al quale per istinto è consentito di fare sempre ciò che vuole, infischiandosene delle conseguenze e delle proprie o altrui responsabilità – anche tra le mura domestiche ci si perda spesso nella giungla digitale dei risultati proposti da un’approssimativa ricerca effettuata su Google. Il rischio quindi di farsi un’idea generica, superficiale e limitata di un certo argomento – oltre che quello di incappare in luoghi assai più pericolosi agli occhi e alle capacità esperienziali di un minore – è sempre più alto. Molte persone ad esempio non sanno che, ancor prima che un utente faccia una ricerca su qualcosa, Google è deliberatamente in grado di presentarci risultati, link e suggerimenti inerenti, secondo le proprie intenzioni, prima ancora che secondo le aspettative dell’utente che esegue una ricerca.

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È indicativo ad esempio il fatto che se si compie una ricerca su Google del termine “Prolife” i primi risultati in prima pagina riguardino cibo per animali e farmaci, prima che esseri umani o movimenti pro vita, o che alla parola “vita” – su quattro risultati grafici, sempre in prima pagina – corrispondano tre immagini di Play Station portatile e... una sola manina di bimbo. Se non fosse per Vita.it, la notizia più importante prima della PlayStation sarebbe il “bus operator con 50 anni di esperienza”!

Anche nell’era del web semantico, dunque, che dovrebbe stabilire un’empatia tra chi esegue una ricerca e ciò che sta veramente cercando, nessuna rilevanza è data al senso prioritario delle singole parole. Non sarà un caso che, di fatto, in prima linea i risultati ottenuti suggeriscano subdolamente prima l’economia e il divertimento, poi (forse) la felicità, un po’ sbiadita e messa da parte su un lato ristretto, in bianco e nero.

Attorno alla vita e alla morte si stanno concentrando le questioni più urgenti di questo tempo – ne va del futuro del mondo – e, da sempre, sono le più importanti faccende della nostra esistenza, le uniche sulle quali peraltro, in condizioni naturali, non abbiamo alcun potere esecutivo, né il modo di determinare alcunché. Alle nuove tecnologie spetta un ruolo centrale nella divulgazione, selezione, condivisione e presentazione di contenuti riguardanti questi temi enormi e a noi spetta quello di educatori responsabili, maestri, tutori attenti e genitori coscienziosi.

Sarebbe bene che le nuove generazioni non trovassero nei risultati di internet (di Google, su Facebook o in un Wiki, false risposte autonome sul senso della vita o della morte, ma che fossimo noi ad accompagnarli in questo viaggio verso il Cielo; perché, in qualunque momento accada, la loro coscienza non sia stata formata dalla giungla digitale della vita e della morte. Vorrebbero farci credere che i croccantini per cani e gatti “vengono prima” di un atto di concepimento di una nuova vita. Noi sappiamo che non è così e, in questo, soprattutto in questo, siamo chiamati a fare la nostra parte perché crescendo non lo pensino neanche i nostri figli. Dovremmo essere liberi solo di scegliere, non anche di mentire.

Giorgia Petrini

Fonte: Notizie ProVitadicembre 2014, p.29

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