12/01/2017

Matrimonio: vantaggi (anche economici) di arrivarci vergini

Matrimonio. Una parola che oggi si riveste di significati “non detti” sempre più negativi: impegno, costrizione, prigione, tomba dell’amore, vincolo, figli (sig!)...

Eppure matrimonio che rimane il fondamento della cellula della società, la famiglia.

E matrimonio che, alla prova dei fatti, si può affermare essere l’istituto che meglio si presta per aiutare gli uomini e le donne a svilupparsi in pienezza, e questo sia nella maturità del singolo, sia in relazione all’arricchimento che scaturisce da qualsiasi rapporto interpersonale minimamente serio.

Quindi la liberazione sessuale, le convivenze, le separazioni e i divorzi, la contraccezione, l’aborto e tutte le altre “conquiste di civiltà” degli ultimi cinquant’anni sono state una grande bugia, consumata sulla pelle di tanti uomini e donne comuni? Per lo scrittore Maurizio Blondet è così, come spiega nell’articolo: Vantaggi dell’andare vergini alle nozze. Anche socio-economici.

Dopo aver fornito uno spaccato della situazione pre-“liberazione sessuale”, dove gli uomini spesso perdevano la verginità in un bordello durante il servizio militare e le ragazze difendevano la loro purezza dai ragazzi più intraprendenti con una tenacia oggi rara, Blondet fornisce un’interpretazione a posteriori di questa impostazione che, pur nei suoi difetti, al matrimonio conferiva ancora un valore importante.

Scrive: «Volete bollare questa  come “repressione”, fate pure. Col senno di poi, io vedo quanto era benefica: ha trattenuto  milioni di giovani in fiore da cedimenti di cui si sarebbero pentite, da “cadute” di un momento  le cui conseguenze possono durare una vita e pesare sull’anima per sempre (aborto). Obbedendo alla pressione sociale “repressiva”, anzi, facendosi psico-poliziotte di questa, intere generazioni di donne hanno trovato il cardine del loro destino  e della loro nobile vocazione di sposa e di madre (ammetterete che è più nobile di quella di donna di piacere); hanno conservato l’idea del sesso come un premio raro, difficile  e sublime (con gran vantaggio dell’eros, fra l’altro) per la civiltà: è noto come la sublimazione sessuale sia la molla energetica delle grandi imprese dell’uomo europeo. Ma fatto ancor più decisivo, le donne negandosi al “facile” – foss’anche per adesione al tabù sociale –  hanno incardinato anche i maschi, li hanno messi sulla via del loro destino, ne hanno trattenuto la dissipazione; hanno contribuito a renderli, se non cavalieri, almeno formati nel carattere, responsabili, disposti a sobbarcarsi un compito – se non quello di cavaliere (ma la Cavalleria per secoli ha forgiato i costumi nei rapporti fra i sessi, almeno come ideale), come padri di famiglia. Essere padri di famiglia è, per la parte maschile della “gente”, la cosa  più vicina ad  una vocazione. Anzi, è la vocazione dell’uomo medio, quella che lo trattiene dal divenire senz’altro l’uomo massa,  o l’ameba da discoteca».

Il sesso libero ha, nella mentalità comune, svuotato di significato il matrimonio: se prima esso era il punto di partenza per l’esperienza di una vita a due, ora è diventato il punto di arrivo, e neanche così scontato... forse, dopo molteplici esperienze sessuali, con partner diversi, si arriva a un’unione di vita. L’inversione di mentalità è evidente: oggi prima si dà il proprio corpo e poi (forse) si dona la propria vita nel matrimonio, in tutto questo dimenticando che noi siamo anche il nostro corpo, e che il sesso non è mai un’esperienza puramente “fisica”. 

matrimonio_famiglia_ideologia_gender_melaLa liberazione sessuale e la contraccezione, lo sappiamo bene soprattutto noi donne che abbiamo l’onore e l’onere di accogliere la vita, altro non sono che un’enorme “fregatura”. Da un lato ha determinato una maggiore libertà negli uomini, che spesso si sentono legittimati a pensare più al piacere, che alla relazione o alla responsabilità genitoriale, e che vengono anche “spinti” verso la pornografia; dall’altra ha costretto le donne entro un eterno dilemma: concedersi a quell’uomo che non si vuole perdere, oppure prestare orecchio alla propria natura?

Il matrimonio protegge e responsabilizza la donna e l’uomo. E, soprattutto, tutela in forma preventiva i figli che possono nascere dall’unione sponsale.

Inoltre, prosegue Blondet, la crisi e la fine del matrimonio è anche la prima causa di povertà. Una povertà di certo economica – come sanno molti padri separati e tanti figli di separati che faticheranno di più da adulti – ma soprattutto una povertà emotiva, che determina un’incapacità di relazionarsi in maniera serena. E come metterlo in dubbio? Dopo un matrimonio finito, dove trovare il coraggio di legarsi nuovamente? Se si è stata vittima (perché questo sono i bambini) della separazione dei propri genitori, com’è possibile fidarsi di se stessi e dell’altro sesso?

Inoltre non è secondario il problema dell’assenza del padre (o perché assente a causa della fine del matrimonio o, come si diceva prima, perché non maturo e responsabile di fronte al computo genitoriale) nel periodo della crescita: una figura fondamentale per acquisire autostima e per interiorizzare le norme del vivere, utili per potersi avventurare nella vita.

«Non sarà un prezzo  troppo alto che abbiamo pagato per  esserci liberati  dal biasimo delle vecchie zie e dal giudizio scandalizzato dei vicini perbenisti, che tanto a lungo hanno saldato  tanti matrimoni? [...] Alla fin fine, la “liberazione della donna” dal tabù della verginità s’è rovesciata nella sua schiavizzazione sessuale. La “felicità” sessuale che  ci era stata promessa, in povertà emotiva, relazionale e infine economica, in infinite infelicità e conflitti. Lo stesso piacere sessuale, non più raro premio prezioso concesso all’uomo virile, amato perché responsabile,  ha perso intensità, è banalizzato», si domanda infine Blondet.

La conclusione viene da sé: arrivare vergini al matrimonio, per donarsi con fedeltà al proprio coniuge, è vantaggioso. Non è una garanzia, certo, ma la storia ci dimostra che può funzionare. Torniamo dunque al principe con il cavallo bianco e alla dama che aspetta il suo amato, e lui solo.

Teresa Moro

Fonte: Blondet & Friends


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