28/04/2016

No all’omofobia? Solo se conviene al portafoglio!

I paladini dei “diritti” LGBTQIA(...) e strenui combattenti contro l’omofobia sembrano mossi da alti ideali di uguaglianza, non discriminazione, inclusività...

“Sembrano”.

Infatti, sono molte le società che si indignano per l’ omofobia di Governi federati, in USA, come quello del Mississippi, che hanno emanato norme a favore della libertà di coscienza (quindi norme contro la discriminazione di coloro che non condividono la “morale” LGBTQIA...), o come quello del North Carolina che ha emanato norme sulla libertà di allestire bagni per uomini e donne separati.

Queste società, di chiara fama internazionale, rifiutano o minacciano di rifiutare di fare i loro affari in quei contesti “omofobi”.

In Georgia, il ricatto ha funzionato, perché il Governatore Deal ha messo il veto sulla legge che avrebbe riconosciuto la libertà di coscienza e di religione.

Tuttavia, molte delle dette aziende votate alla lotta all’omofobia, per l’inclusività, e per il rispetto dei diritti civili, fanno affari d’oro, fuori dagli USA, in Paesi che vantano record piuttosto negativi quanto a tutela dei diritti umani, in generale. Anche in luoghi dove, in particolare, l’omosessualità è addirittura reato passibile di condanna a morte: non c’è omofobia, là?

Ecco un elenco di 16 aziende che pubblicamente hanno attaccato le misure volte alla tutela della libertà religiosa (e alla libertà di WC) degli Stati federati summenzionati, in USA (dove il “no all’omofobia” rende bene),  ma che contestualmente operano in modo felice e lucroso in Paesi dove l’omofobia è di casa (ma dove il “no omofobia” evidentemente non rende quattrini).

A tutte è stato chiesto un commento su tale contraddizione. Nessuna ha risposto.

1. Unilever: il CEO di Unilever, Paul Polman ha twittato  il suo No all’omofobia della Georgia, ma in  Nord Africa e Medio Oriente ha impianti di produzione in Paesi come la Tunisia e l’Algeria, oppure in Vietnam: Paesi stigmatizzati pubblicamente dal rapporto 2015 dalla International LGBTI.

2. Microsoft: il gigante tecnologico offre i suoi servigi alla potente censura su internet operata dalla dittatura in Cina, dove i diritti umani sono un’utopia e i “diritti”LGBT non sono neanche lontanamente pensabili. Human Rights Watch ha segnalato la cosa, Microsoft non ha risposto.

3. Intel: idem come sopra.

4. Live Nation: ha annullato gli spettacoli di Springsteen e Adams negli Stati federati “omofobi”, ma ospita eventi e gestisce sedi in Paesi, tra cui gli Emirati Arabi dove i comportamenti omosessuali sono puniti severamente dal codice penale.

5. La Weinstein Co., un grande studio cinematografico ha minacciato che non avrebbe mai più girato un film in Georgia, ma gira e produce  “Shanghai”, in Cina; “No Escape” in Thailandia.

6. AMC Networks Inc., produttrice della fortunata serie “The Walking Dead”,  lavora in Russia, Paese “omofobo” per eccellenza.

7. Time Warner: non avrebbe lavorato mai più in Georgia, ma a Singapore sì (un altro Paese che vieta penalmente l’attività omosessuale, secondo l’ International LGBTI).

8. La Walt Disney Co.: e la sua controllata Marvel Entertainment sono “aziende inclusive”, ma continuano ad espandersi in Cina, dove tra l’altro investono $ 5,5 miliardi per un  parco a tema a Shanghai.

9. General Electric Co., si dà da fare in Arabia Saudita, un Paese che criminalizza il comportamento omosessuale (nel 2014, un uomo saudita è stato condannato a tre anni di carcere e 450 frustate: aveva usato Twitter per organizzare incontri con  uomini).

10. The Coca-Cola Co.: nel 2006, gli impianti di imbottigliamento della Coca-Cola sono stati accusati di interferire con i problemi di irrigazione nelle regioni dell’ India e America Latina  che soffrono per scarsità d’acqua. Più di recente, la Coca-Cola è stata accusata di rifornirsi di zucchero beneficiando di espropri non etici. Il sito della Coca Cola, però elenca la bio-diversità, la tutela dei diritti delle popolazioni locali, la sostenibilità come valori fondamentali (oltre che “l’inclusività”). Anche essa ha levato vibrata protesta contro le leggi omofobe della Georgia ecc.

11. PayPal addirittura è intervenuta nella polemica sulla legge per i bagni unisex. Ma PayPal continua a offrire servizi in  Mauritania, Arabia Saudita, Yemen, Somalia , e in altri paesi dove l’omosessualità può essere punita con la  pena di morte, e in Nigeria, dove comportamento omosessuale può essere punito con la fustigazione, la prigione, o la morte per lapidazione.

12. Salesforce, una società di software, ha minacciato  che avrebbe ridotto gli investimenti in Georgia. Ma Salesforce  opera serenamente in India dove Human Rights Watch spiega  che il codice penale ha rafforzato l’idea che la discriminazione e i maltrattamenti delle persone LGBT sono accettabili.

13. Apple Inc.: protesta negli USA, ma produce  in Cina e vende nei Paesi Arabi.

14. La National Basketball Association (NBA): è preoccupata per l’omofobia in USA, ma organizza manifestazioni sportive in Sud Africa, dove il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani  ha scritto  in una relazione della sua preoccupazione per il razzismo e la xenofobia.

15. Netflix, leader mondiale  della TV via Internet, “è una società inclusiva”, ha detto. Ma offre i suoi servizi per esempio in Libia, la patria delle violazioni del diritto internazionale.

16. Sony: ha un ufficio in  Kazakhstan , dove Amnesty International segnala  che si pratica la tortura e  dove le libertà di espressione, associazione e riunione pacifica sono limitate.

 Insomma, è davvero una fatica barcamenarsi tra ideali e portafoglio, si sa. Ma alla fine, tutto sommato, conta di più il dio quattrino, ovvio.

(Zio Sam, nella foto, dice: “Vergogna!“)

Redazione

Fonte:  The Daily Signal.


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