21/10/2015

Tecnologia e giovani generazioni: il ruolo dell’educazione

Le giovani generazioni fanno largo uso della tecnologia: la maggior parte dei bambini e dei ragazzi sono infatti attivi su internet e sui social network e possiedono uno smartphone con il quale comunicano e si connettono alla rete. Insomma, l’allegro tempo delle chiamate a casa per darsi appuntamento al campetto e delle corse per citofonare a vedere se il vicino di casa poteva scendere in strada a giocare sembra essere ormai definitivamente tramontato.

Sono queste le conclusioni che si possono trarre leggendo i dati di una ricerca coordinata da Giovanna Mascheroni, docente di sociologia all’Università Cattolica di Milano, della quale si è recentemente parlato a Roma nell’ambito di un incontro promosso dal Family Online Safety Institute.

Ma vediamo alcuni numeri: circa l’83% dei giovani (la percentuale ‘scende’ al 64% sotto i dieci anni) possiede un account su un social network oppure è proprietario di uno smartphone.

Il 60% dei bambini tra i nove e i dieci anni usa WhatsApp, mentre tra i teenager ad andare per la maggiore (nel 66% dei casi) è Facebook.

I dati più preoccupanti interessano tuttavia i contatti intessuti con persone che non si conoscono realmente: per il 21% dei ragazzi e per il 16% delle ragazze chattare con estranei pare essere un’abitudine.

La lettura di questi dati stimola alcune riflessioni sotto il profilo educativo.

Oggi viviamo in un mondo che pare non poter più fare a meno della tecnologia. La questione quindi non sembra tanto essere se e come tenerne i bambini e i ragazzi lontani dagli strumenti 2.0, quanto piuttosto interrogarsi su quale sia il metodo per insegnare ai cosiddetti “nativi digitali” – secondo una fortunata definizione coniata dallo sviluppatore di videogiochi Marc Prensky nel 2001 – a incanalare la loro indubbia destrezza digitale, dovuta più a una velocità di adattamento al contesto che a un mutamento a livello neurologico, per trasformarla in saggezza digitale.

In poche parole significa che la grande sfida di questo particolare frangente socio-culturale è primariamente quella di insegnare ai bambini e ai ragazzi a fare un buon uso degli strumenti tecnologici di cui dispongono.

La tecnologia in quanto tale, infatti, non va demonizzata. I diversi mezzi a nostra disposizione non sono infatti altro che dei contenitori “vuoti”, degli strumenti “neutri”, in grado di assumere una valenza positiva o negativa a seconda dell’uso che ne viene fatto.

Per esempio, un computer può essere utilissimo per scrivere dei testi o per comunicare con persone lontane, così come internet può essere considerato una vera e propria fonte di conoscenze sempre a portata di mano, o il promemoria del telefonino può venire in soccorso della memoria… Di contro, è altresì vero che un uso eccessivo di tali mezzi può portare all’isolamento (il che è quasi paradossale: siamo sempre connessi, ma siamo sempre più soli), ma anche a un depotenziamento delle capacità di concentrazione o di elaborazione di pensieri complessi… e l’elenco potrebbe continuare.

La vera urgenza di oggi è quindi proprio quella di aiutare le giovani generazioni – ma forse anche tanti adulti – a comprendere che i diversi dispositivi tecnologici sono strumenti da usare a proprio vantaggio, e non dei quali rimanere vittime. Tra la persone e il mezzo tecnologico esiste uno scarto qualitativo, determinato dalla razionalità, che è infatti importante non dimenticare.

Nel concludere vi invitiamo a vedere un video controcorrente, che dimostra come la tecnologia – nella fattispecie, uno smartphone – possa favorire le relazioni, a patto che a questo segua una risposta attiva del soggetto che ne fa uso.

Teresa Moro

DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DAI TENTATIVI DI

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