19/03/2013

Una proposta di matrimonio

È possibile ancora oggi far comprendere le ragioni dell’indissolubilità del matrimonio? Ed affinché la società moderna torni a riscoprirne il valore inalienabile, quali sono le iniziative concrete che si possono portare avanti dopo l’oramai più che palese fallimento dei “cattolici in politica”? Questo è ciò che cercherò di illustrare in questo mio contributo.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica (§ 1603) a proposito del matrimonio scrive:

«La vocazione al matrimonio è iscritta nella natura stessa dell’uomo e della donna, quali sono usciti dalla mano del Creatore.»

Il matrimonio fonda la cosiddetta famiglia naturale della quale si fa un gran parlare sui giornali, ma di cui in pratica il concetto sfugge ai più. Si pensa che naturale indichi semplicemente ciò che accade spontaneamente, e dunque due persone che stanno bene insieme si sposano ma non appena arriva qualche difficoltà o se litigano allora si lasciano, spontaneamente appunto. Oppure quando si parla di natura si pensa agli altri animali e si confrontano i loro comportamenti con quello umano, così che la grande varietà di rapporti tra i sessi che si osserva nelle diverse specie porta immediatamente a pensare che non esista un comportamento normale che l’uomo possa prendere a modello, e perciò, si argomenta, non esisterebbe un modello unico di famiglia ma se ne dovrebbero accettare tante forme diverse che si possono sempre modificare e ridefinire con il passare del tempo, cosa che del resto effettivamente si osserva guardando alle diverse culture che si sono man mano affacciate sulla scena della storia. Lo stesso Catechismo prosegue infatti scrivendo:

«Il matrimonio non è un’istituzione puramente umana, malgrado i numerosi mutamenti che ha potuto subire nel corso dei secoli, nelle varie culture, strutture sociali e attitudini spirituali.»

Ma subito dopo viene dato un importante chiarimento:

«Queste diversità non devono far dimenticare i tratti comuni e permanenti. Sebbene la dignità di questa istituzione non traspaia ovunque con la stessa chiarezza, esiste tuttavia in tutte le culture un certo senso della grandezza dell’unione matrimoniale. La salvezza della persona e della società umana e cristiana è strettamente connessa con una felice situazione della comunità coniugale e familiare»

L’ultima frase è fondamentale, la salvezza della persone e della società è strettamente connessa al matrimonio. Possiamo allora capire che cosa la dottrina cattolica intenda per natura: la natura è l’essenza delle cose, e a rigore, anziché di natura, dovremmo parlare di nature, perché ogni ente ha la sua propria essenza, e rispetto ad ogni particolare ente diremo che una certa azione o disposizione è secondo natura quando essa permette o favorisce la piena realizzazione di tale ente, il suo sviluppo, il suo perfezionamento secondo quanto ad esso spetta in virtù della sua propria natura. Contro natura (ossia contro una certa natura) sarà invece tutto ciò che in qualche modo impedisce od ostacola la piena attuazione di quell’ente. Ad esempio un raffreddore si dice, secondo il linguaggio comune, che sia naturale, ma secondo quanto appena spiegato diremo invece che esso è contro la natura dell’uomo (o degli altri animali che ne possono essere affetti), perché infatti un raffreddore compromette alcune delle funzioni naturali del corpo. L’uomo, secondo la definizione classica, è animale razionale e sociale, e sarà pertanto secondo natura tutto ciò che favorirà il suo sviluppo intellettuale, morale e relazionale.

Ma c’è un altro aspetto, fondamentale, che il pensiero cristiano ha approfondito più di tutta la precedente filosofia: l’uomo, in quanto fatto ad immagine e somiglianza di Dio, è capace di carità. La carità, come dice ancora il Catechismo (§ 1822) è la più grande delle virtù e per essa “amiamo Dio sopra ogni cosa per se stesso, e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio”. Ma la definizione più nota, più chiara ed indubbiamente più suggestiva della carità è quella di San Paolo nella prima lettera ai Corinzi:

«La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta

Allora sarà pienamente conforme alla natura dell’uomo, e pertanto ne costituirà il suo vero bene, tutto ciò che è illuminato dalla carità, ogni azione che sia compiuta secondo la carità. Il matrimonio indissolubile in cui ognuno dei due coniugi si dona liberamente all’altro promettendo amore e fedeltà costituisce in questa vita una delle più importanti manifestazioni della carità. Cito ancora il Catechismo (§ 1604-1605):

«Infatti l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio che è amore. Avendolo Dio creato uomo e donna, il loro reciproco amore diventa un’immagine dell’amore assoluto e indefettibile con cui Dio ama l’uomo. È cosa buona, molto buona, agli occhi del Creatore. E questo amore che Dio benedice è destinato ad essere fecondo e a realizzarsi nell’opera comune della custodia della creazione

«Che ciò significhi un’unità indefettibile delle loro due esistenze, il Signore stesso lo mostra ricordando quale sia stato, “da principio”, il disegno del Creatore: “Così che non sono più due, ma una carne sola” (Mt 19,6)»

Quel “da principio” non va inteso in senso temporale ma essenziale, esso comunica una verità eterna: Dio ha creato l’uomo affinché sia perfetto, affinché possa completamente realizzarsi ed essere beato, ed è solo il peccato che l’uomo liberamente commette ad ostacolarne la salvezza.

Il matrimonio allora non è un contratto, non è un patto che due persone stipulano per reciproca convenienza, in tal caso sarebbe fondato sull’egoismo, ed è come se un coniuge dicesse all’altro “sto con te finché mi conviene, finché mi piaci e mi compiaci”, “sto con te finché non trovo di meglio”, “sto con te fin quando non arriveranno difficoltà e responsabilità che non vorrò assumermi”.

Il matrimonio naturale, fondato sulla carità, è dono, e l’indissolubilità è l’ovvia conseguenza della promessa d’amore, perché un amore a tempo non è tale, se si ama una persona, la si ama integralmente. Il matrimonio indissolubile è allora il solo possibile fondamento di una società fondata sulla carità e che sia pertanto pienamente umana.
Questa è la grande proposta che il cristianesimo fa all’uomo, ed in questa ottica non ha senso la solita obiezione di chi dice non si possa imporre l’indissolubilità a chi non è credente, perché qui non si tratta di imporre, ma di proporre un’impostazione della famiglia e quindi della società che è quanto di meglio si possa avere e che costituisca il massimo bene per ognuno.
Al contrario la mentalità divorzista si fonda sull’individualismo secondo cui il desiderio contingente del singolo diventa legge. La disgregazione ed il malessere che il divorzio ha prodotto nella società è sotto gli occhi di tutti. Nel rapporto ISTAT sulle saparazioni e divorzi per gli anni 2008-2010 si legge:

«Notevoli sono gli effetti che la chiusura di un matrimonio arreca sul piano demografico e sociale e sui percorsi di vita dei soggetti coinvolti direttamente o indirettamente. Nel 2009 il 66,4 per cento delle separazioni e il 60,7 per cento dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante la loro unione. I figli coinvolti nella crisi coniugale dei propri genitori sono stati 97.040 nelle separazioni e 51.907 nei divorzi.
    La rottura dell’unione coniugale contribuisce alla diffusione delle seconde nozze e delle famiglie ricostituite composte da almeno una persona che ha vissuto una precedente esperienza matrimoniale, generando nuove tipologie familiari. Ne conseguono anche ripercussioni sulla fecondità, da un lato per l’eventuale mancata realizzazione dei progetti riproduttivi degli ex coniugi, e dall’altra per la riproduttività associata alle nuove unioni.
    La divisione familiare genera potenziali ricadute sul benessere psicofisico degli individui, sul rapporto genitori-figli e, secondo alcuni studi, anche sulle performance di tali figli nella vita adulta. Mutano le situazioni residenziali e le strategie lavorative, specialmente per quanto riguarda le donne. In alcuni casi, le condizioni finanziarie possono peggiorare tanto da far aumentare i rischi di povertà e vulnerabilità economica dei soggetti interessati.»

Questo quadro credo sia conforme all’esperienza personale di ciascuno. Si sostiene spesso che per i figli sia meglio lasciare che i genitori divorzino piuttosto che tenerli in un ambiente familiare fatto di continui litigi; ma chiunque conosca delle coppie separate e con figli sa bene che normalmente i genitori continuino a litigare anche dopo il divorzio e, cosa peggiore, talvolta nella loro competizione finiscano anche per strumentalizzare i figli stessi.
Questi risultati sono il prodotto dell’individualismo introdotto dalla cultura del divorzio, la carità è passata in secondo piano e si è completamente perso di vista il senso autentico del matrimonio, che ormai viene celebrato con superficialità ed incoscienza e non sorprende allora che nella maggior parte dei casi fallisca.

Tali fatti dovrebbero sempre essere menzionati nei dibattiti sull’argomento, e a proposito di “strategie comunicative” c’è anche un altro aspetto importante che bisognerebbe sempre ricordare: come insegnava Papa Benedetto XVI fu il Cristianesimo l’autentico illuminismo, e per quanto riguarda il matrimonio, quando la società europea divenne pienamente cristiana, l’indissolubilità del matrimonio venne riconosciuta secondo tutto il suo valore e venne inserita nelle varie legislazioni con la piena consapevolezza che quello fosse un grande progresso e che l’uomo, grazie alla Rivelazione, fosse potuto diventare migliore. A quanti, riferendosi al divorzio, parlano di “progresso”, “conquista”, “diritti civili” ecc. si deve replicare che si tratta invece di un ritorno indietro, che il vero progresso c’era già stato e poi, purtroppo, dimenticato. Questo è un aspetto fondamentale che dovrebbe sempre essere ribadito.

Una proposta concreta

Tutto quanto detto è valido in linea teorica e può essere accettato credo da chiunque, in buona fede, sia disposto ad ascoltarci e ragionare con noi. Ma affinché tutto ciò possa davvero diventare cultura condivisa ed arrivare finalmente a toccare le fondamenta sulle quali si intende costruire la società, mi pare che la cosa più importante sia la testimonianza di vita di quanti riconoscono l’indissolubilità del matrimonio. Una testimonianza che sia evidente e che io sostengo possa essere resa, in un certo senso, ufficiale. Non so se qualcuno abbia mai proposto quanto sto per illustrare (probabilmente sì) ma non pretendo di essere originale, né tantomeno scenderò in troppi dettagli dal momento che non sono un giurista, pertanto mi limiterò solo a fornire qualche idea.
Io credo che sia possibile già oggi proporre una legge sull'”indissolubilità volontaria” del matrimonio, ovvero una legge secondo cui, al momento del matrimonio, si possa liberamente scegliere di registrarlo come indissolubile così che in questi casi il divorzio non sarebbe più legalmente possibile vita natural durante. Si tratterebbe chiaramente di una decisione che, una volta presa, non potrebbe più esser cambiata. Penso anche si possa addirittura ritornare a contemplare i reati di adulterio e di abbandono del tetto coniugale per tutti coloro che accettino l’indissolubilità.
Quali sarebbero i vantaggi mi pare sia evidente. Le famiglie fondate sul matrimonio indissolubile sarebbero da esempio per tutti, e porterebbero le persone ad interrogarsi sulle ragioni che spingono taluni a fare una scelta del genere; la mentalità comincerebbe così a cambiare. Inoltre al momento del matrimonio ci si dovrebbe necessariamente porre il problema se scegliere o meno l’indissolubilità, e da ciò scaturirebbe una maggiore riflessione, e quindi una maggiore consapevolezza, su cosa realmente sia il matrimonio. Oggi molte coppie si sposano con superficialità, talvolta solo spinte dall’emotività, mentre con una tale legge sarebbero forse indotte a pensare meglio, scoprendo magari di essere incompatibili già da subito: si pensi infatti al caso possibile in cui uno dei due voglia l’indissolubilità e l’altro no, già questo rivelerebbe immediatamente una diversa concezione del matrimonio e della famiglia che porterebbe ad evitare un’unione dal successivo esito fallimentare. Infine, dal punto di vista prettamente cattolico, si potrebbe richiedere che per sposarsi religiosamente si debba necessariamente scegliere l’indissolubilità anche civilmente. In questo modo di sicuro non ci si sposerebbe più in chiesa solo per tradizione, ma lo si farebbe solo dopo aver riflettuto sulla propria fede e compreso il significato del sacramento. Insomma mi pare non due, ma addirittura tre piccioni con una fava.
Io ritengo che una tale proposta possa essere attuabile e sono convinto che in questo modo sul lungo periodo si contribuirebbe ad un profondo cambiamento culturale che possa far tornare a riconoscere universalmente il matrimonio indissolubile come fondamento imprescindibile di una società giusta.

di Francesco Santoni

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