03/01/2017

Aborto – Eliminare una vita non è né un servizio né un diritto

Il tema dell’aborto suscita sempre molte discussioni. Per noi di ProVita Onlus la questione è chiara: si tratta di un omicidio.

Pubblichiamo oggi un’intervista realizzata un paio d’anni fa a S.E. Mons. Rocconi, Vescovo di Jesi.

La città di Jesi, in provincia di Ancona, è finita sui giornali perché dal settembre 2012 tutti i ginecologi dell’ospedale, chi per un motivo, chi per un altro, si sono dichiarati obiettori. Da qualche mese, però, la pratica degli aborti purtroppo è ripresa. La ASUR ha infatti assunto un medico non obiettore attraverso un bando ad hoc. Tuttavia, bisogna notare che l’obiezione di coscienza è iniziata dopo l’avvio, nel marzo 2012, dell’Adorazione Eu- caristica perpetua in una chiesa della diocesi. A tal proposito abbiamo sentito il vescovo di Jesi, Sua Ecc. Mons. Gerardo Rocconi.

Eccellenza, secondo lei c’è una relazione tra l’inizio dell’Adorazione perpetua e la scelta a favore dell’obiezione di coscienza del personale medico di Jesi?
Io credo profondamente nel valore dell’Adorazione Eucaristica perpetua. 500 persone che continuamente pregano, notte e giorno, sono indubbiamente intercessori potenti preso il Signore e il Signore non mancherà di riempire la sua sposa, la Chiesa, dei suoi doni. I problemi più grossi che vediamo sono quelli dei giovani, delle famiglie, del rispetto della vita, delle vocazioni. E i doni del Signore sono sicuramente in questi ambiti, dove abbiamo più bisogno del suo aiuto. Alcune cose le vediamo, alcuni segni di un cambiamento di rotta li vediamo. Non ho difficoltà a vedere un legame fra l’Adorazione Eucaristica e questi doni. Anche per quanto riguarda le vocazioni vedo dei segni: dal praticamente nulla in poco tempo abbiamo 5 seminaristi e altri due entreranno prossimamente. C’è un legame? Credo di sì. Credo profondamente che il Signore accoglie la preghiera di tanta gente che con semplicità e umiltà a lui si affida. Ma vorrei anche dire che i doni più grandi sono quelli che non vediamo. È il lavoro che il Signore fa nelle coscienze, sono le conver- sioni che non possono essere né contabilizzate, né quantificate.

Il Comitato Europeo per i servizi sociali ha bacchettato Jesi a causa dei medici obiettori, che non garantirebbero il “servizio” e il “diritto” all’aborto. Cosa ne pensa?
Mi fa male che venga abbinata la parola “servizio” e la parola “diritto” alla parola aborto. La coscienza di una donna che in un momento di disperazione fa scelte di morte la può giudicare solo il Signore. Ma oggettivamente l’aborto è soppressione di una vita: ed eliminare la vita non possiamo considerarlo né un servizio, né un diritto. E non posso che gioire quando si sceglie di non sopprimere la vita. Le intenzioni del cuore le conosce solo il Signore e non so dire perché tutti i ginecologi di Jesi abbiano fatto obiezione di coscienza. Ma il fatto in se stesso non può essere che motivo di gioia. Si è fatto di tutto perché qualcuno venisse da fuori a riprendere quel certo lavoro. Come mi diceva un sacerdote, non basta pregare perché il Signore ci faccia dei doni, ma bisogna pregare anche perché noi poi sappiamo custodire questi doni.

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Cosa si potrebbe fare per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’aborto? E in particolare cosa è chiamata a fare la Chiesa?
Noi sappiamo che è importante parlare, informare, smascherare tante ipocrisie. Ma non basta. Da sola questa è una strada che si contrap- pone ad un’altra di diverso segno. Mette in risalto il bene e il male, ma spesso si limita a costruire una barriera. Quindi è importante, necessaria, ma a noi non può bastare. Credo profondamente che bisogna arrivare alla sensibilizzazione delle coscienze, a formare le coscienze e per questa strada ci si arriva attraverso l’annuncio del Vangelo. Il Papa ci ha richiamati su questo ultimo punto allorché al n. 213 dell’esortazione Evangelii Gaudium, nel contesto dell’evangelizzazione agli ultimi parla, in termini molto intensi, proprio dei nascituri. E la loro difesa, dice Francesco, passa soprattutto attraverso la novità di vita che porta il Vangelo. Ci sono motivi umani, filosofici, mutuati dalla legge naturale per capire che la vita va difesa sempre. Ma in un tempo in cui le coscienze sono ottenebrate, è più che mai importante portare, appunto, luce: e questa viene dal Vangelo.

Lei è anche esorcista. Ha mai sentito parlare di aborto dal demonio?
In una occasione in particolare. Stavo pregando su un uomo che chiameremo con il nome fittizio di Michele. Qualcuno, attraverso quest’uomo che aveva perso anche conoscenza, che si dimenava e sudava e che in seguito non ricordava nulla di quello che gli era accaduto, questo qualcuno urlando diceva testualmente: «Michele mi appartiene, non lo lascerò mai. Quanto a te, ti distruggerò. Ma non hai capito che io sono il più forte? Non hai capito cheilmondoèmio...sonoioche comando dappertutto, sono io il padrone di tutto? Ma non vuoi capire che nelle stragi del sabato notte, nei luoghi dove si diffonde la droga, là dove ci sono gli aborti... in realtà il regista sono io?». Parole terribili, che ci fanno però pensare. Satana agisce, è instancabile, proprio perché ha poco tempo.

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Come parroco e vescovo sarà stato coinvolto in casi drammatici in cui c’è stato il rischio che la donna abortisse. Può raccontarcene qualcuno?
È un discorso delicato al quale in maniera analitica non vorrei rispondere. Posso dire che fa parte della paternità del sacerdote ed è motivo di gioia sapere che persone vivono (e oggi sono la gioia dei genitori) perché il Signore ti ha permesso di esserci al momento giusto. È motivo di immensa gratitudine essere stati gli strumenti del Signore per dire ad una donna una parola determinante dopo che erano state prese tutte le decisioni e gli appuntamenti per abortire. Anche qui sono convinto che la preghiera e l’annuncio della Parola di Dio sono state le vere cause di un cambiamento di scelta. Parlo di me perché la domanda è stata fatta a me. Ma so che tanti Sacerdoti, tanti operatori nei vari Centri di Aiuto alla Vita possono dire la stessa cosa.

Cosa direbbe a quei cattolici che sull’aborto minimizzano, trincerandosi dietro la frase: «Io non lo farei mai, ma non posso impedire a un altro di compiere una scelta diversa dalla mia»?
Noi siamo chiamati a costruire una società su determinati valori. A prescindere da quelle che sono le no- stre situazioni di vita. Siamo chiamati a lavorare per quei valori che in coscienza riteniamo caratteri- stiche del bene comune. Ma c’è un altro discorso: c’è il diritto del nascituro. Una società deve difendergli la vita. Una vita non è proprietà di qualcuno. Esistono diritti che la società nel suo insieme deve difendere. Cominciando dalla vita di chi esiste già, anche se ancora non è venuto alla luce. La Chiesa non si stanca di ricordare che la vita va difesa dal concepimento alla fine naturale. E su questo punto un rim- provero noi credenti dobbiamo far- celo. Questa verissima frase a volte l’abbiamo interpretata in maniera riduttiva, come se fosse da leggere così: la vita va difesa nel suo inizio e nel suo tramonto. Quel “da..... a” significa che ci sono tanti altri aspetti in cui la vita va difesa: va difesa in tutto il suo corso. All’inizio, alla fine, ma anche in tutto il suo corso. Io ringrazio immensamente Papa Francesco che nella EG ci ha ricordato tutto questo nel lungo capitolo quarto allorché ci dice che l’aver incontrato Cristo e l’impegnarsi ad annunciare la sua parola porta necessariamente ad una trasformazione del mondo e pertanto al servizio a favore della vita in ogni sua fase.

Federico Catani

Fonte: Notizie ProVita, settembre 2014, p. 25.

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