27/11/2014

AGESCI – Quando il coraggio rimane sulla Carta...

A circa due mesi dalla sua presentazione ufficiale, la carta del coraggio , continua a far parlare di sé; giornali online e blog dibattono su questo documento (ritenuto non ufficiale, ma comunque fruibile per tutta l’ AGESCI nazionale) redatto, e ufficialmente presentato, a conclusione della Route Nazionale 2014.

Come si legge nell’introduzione “È una risposta seria e concreta di chi crede che sia possibile rendere umano, semplice, trasparente e appassionato il servizio politico e l’esercizio della democrazia […] Non si pensi quindi alla Carta del coraggio come sintesi di compromesso del pensiero dei Rover e delle Scolte con i loro capi, in una dinamica di negoziazione generazionale.

Non si legga nemmeno la Carta come un mero esercizio di flusso di coscienza dei giovani, libero e decontestualizzato da ogni relazione educativa svolta nella relazione con gli adulti”.

Tuttavia, in quello che sembrerebbe un grande esercizio di democrazia da parte dei giovani, e una finezza educativa da parte dei capi, si riscontra l’enorme confusione circa le grandi questioni della vita, come famiglia, fede, amore.

Dal Patto associativo (“sintesi delle idee e delle esperienze maturate nell’ASCI e nell’AGI, accolte e sviluppate nell’ AGESCI ”) sappiamo che l’azione educativa dell’Associazione “cerca di rendere liberi, nel pensare e nell’agire, da quei modelli culturali, economici e politici che condizionano ed opprimono, da ogni accettazione passiva di proposte e di ideologie e da ogni ostacolo che all’interno della persona impedisca la crescita” e tutto questo si realizza “nella partecipazione alla vita sociale ed ecclesiale”.

Ebbene, quanto abbiamo appena richiamato, sembra proprio non aver pesato sulla scelta decisionale degli Alfieri, chiamati a rappresentare tutti i giovani in età di Branca R/S. Infatti, parlando dell’amore, i nostri giovani scrivono: “Desideriamo ridare il vero significato e la giusta collocazione all’amore, contro la disgregazione sociale e familiare, perché vediamo la bellezza e la sfida della vita in famiglia come opportunità per imparare ad amare”.

Tuttavia, nelle righe successive, si rintraccia una notevole scollatura; la famiglia, infatti, viene “intesa come qualunque nucleo di rapporti basati sull’amore e sul rispetto”; in altre parole, la famiglia, avrebbe una conformazione simile alla visione classica dell’amicizia: “Idem velle, idem nolle” (la famiglia sarebbe fondata sul volere o non volere le stesse cose).

Ma perché fermarsi qui?

“L’educazione alla libertà da ogni accettazione passiva di proposte e di ideologie”, di cui abbiamo già parlato, viene nei fatti contraddetta quando, parlando alla Chiesa, il documento chiede “di mettersi in discussione e di rivalutare i temi dell’omosessualità, convivenza, divorzio”, aiutando i giovani “a prendere una posizione chiara”.

Verrebbe, allora, da chiedersi: e fino ad oggi cosa abbiamo fatto?

Tuttavia, parlando ancora alla Chiesa, i giovani così continuano: “Chiediamo di non essere giudicati rispetto al tipo di legame affettivo che viviamo, ma di essere aiutati ad accettare noi stessi con tutti i nostri limiti e ad amare in modo autentico.

Riconosciamo la sessualità come compimento dell’amore, un’azione capace di legare profondamente le persone, che scaturisce da sentimenti come l’affetto reciproco e la fiducia”, ma qualche riga prima, citando ancora testualmente, avevano scritto: “Ci impegniamo a vivere la Chiesa con spirito nuovo, consapevoli e curiosi nella ricerca
della verità. Vogliamo essere coerenti testimoni dell’esempio di Gesù, mettendoci al servizio del prossimo. Ci impegniamo a conoscere la Parola di Dio sulla quale si fonda la Chiesa, comprendendone il messaggio e vivendolo coerentemente tramite un approccio positivo e fiducioso”. Insomma, è evidente come la confusione su questi argomenti regni sovrana.

Bisogna precisare che, anche se ufficialmente l’Associazione ha preso le distanze dal documento, non sono pochi i Capi in AGESCI ad andar fieri del lavoro di questi ragazzi che, prestandoci un’immagine biblica presente in Nm 11,4, si presentano come “Gente raccogliticcia che era tra il popolo”, ma che ha la presunzione di avere tutti i requisiti morali, sociali e spirituali per scrive una carta a nome di tutti, proponendola come un’azione coraggiosa che sa andare controcorrente.

Ma cosa c’è di coraggioso nel dire quello che tutti dicono o che tutti si aspettano?
Nel Progetto Unitario di Catechesi, l’ AGESCI chiarisce che: “si è Scout perché portatori di un’alternativa a quel modo comune di vivere fondato non sulla parola di Dio, ma sui surrogati e sulle falsità inventate dall’uomo. In questo senso, le leggi della morale cristiana non saranno precetti anonimi e impersonali […] ma le logiche conseguenze di una scelta nata dalla certezza di un itinerario liberante ed esaltante la personalità umana” (PUC n. 138).

Non sbagliamo, allora, nel dire che: solo l’esperienza della croce passa da strade di coraggio! Coraggio di non sottrarre la faccia davanti a insulti e sputi (cfr. Is 50,6); coraggio nel dare la vita, come in altre parti del mondo i cristiani stanno facendo; coraggio profetico come quello dei  santi e dei martiri, ma siamo ancora lontani.

Forse le parole profetiche dell’Apostolo Paolo cominciano a prendere carne proprio nelle nostre realtà ecclesiali: “Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, sedotti dall’ipocrisia di impostori. […] Costoro vieteranno il matrimonio” (1Tm 4,1-3). Ma al nostro laicato maturo va bene così, anche se questi sono i frutti… (cfr. Mt 7,16).

Quando le cose, a motivo del comune sentire, si discostano dalle nostre ideologie, premiamo reset, riavviamo tutto e continuiamo a vivere nella nostra indifferenza; e questo è coraggio… quello della carta, quello sulla carta.

Sac. Simone Vittorio Gatto

Fonte: Avvenire di Calabria (n. 37/2014)

 

 

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