26/09/2013

Col “salvavescovi” non si salva nessuno. «L’obiettivo è imbavagliare chi si oppone alle nozze gay»

Intervista al deputato Alessandro Pagano (Pdl) che spiega il senso del provvedimento approvato alla Camera. «Al Senato non bisogna puntare al ribasso»

L’Arcigay l’ha definito “emendamento salva-vescovi” dopo la sua approvazione da parte del Pd, che in cambio ha ottenuto il sì di Scelta Civica all’intero impianto normativo del disegno di legge “Per la repressione delle discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere”. «Definire così l’emendamento di Gregorio Gitti è truce e fa capire l’intenzione reale di chi vuole istituire un reato di opinione per la cosiddetta “omofobia” o “transfobia”, iscrivendolo all’interno di una norma molto controversa come la Mancino-reale». A parlare con tempi.it è il deputato del Pdl, Alessandro Pagano, leader insieme a Eugenia Roccella del fronte di opposizione al ddl. Pagano ha spiegato in aula, con le parole dello stesso Ivan Scalfarotto, perché l’emendamento presentato da Gitti (Scelta Civica) «non è assolutamente sufficiente a tutelare la libertà di pensiero di tutti i cittadini».

UNA CLAUSOLA NULLA. Pagano ha definito “nulla” la clausola di salvaguardia secondo cui «non costituiscono discriminazione (…) le condotte conformi al diritto vigente». «Tale formulazione – continua il deputato – contiene una contraddizione in termini: ad oggi il diritto vigente permettere la salvaguardia del diritto di opinione. Il problema è che nel momento in cui passerà la legge in discussione questa modificherà il diritto vigente, smettendo di proteggere la libertà di espressione. L’emendamento Gitti, al di là delle buone intenzioni, è scritto in maniera confusa e pericolosa».
Non solo. La clausola di salvaguardia si propone anche di proteggere «le organizzazioni di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione, ovvero di sanità o di culto». All’interno di questi ambiti si potrà esprimere il proprio credo, ma nelle piazze, a scuola, nei convegni pubblici, in famiglia? «Non solo è discutibile un compromesso che tutela solo la libertà di espressione di qualcuno e non di ogni cittadino, e valido in certi ambiti ma non in tutti, il problema è anche che in un impianto normativo del genere è facile che questa clausola sia messa in discussione e che anche queste organizzazioni perdano la tutela». Perché? «“Omofobia” e “transfobia” sono reati indefiniti e quindi saranno decisi tramite sentenze che potranno stabilire, come succede all’estero, che è reato dire che il matrimonio è solo fra uomo e donna o che l’adozione da parte delle coppie omosessuali è sbagliata. Se questi diventeranno reati come potranno essere tollerate delle zone franche? In una giurisprudenza come la nostra, dove il diritto scritto viene messo in secondo piano rispetto alle interpretazioni dei giudici, sarà facile che i magistrati sollevino dubbi su una clausola di salvaguardia ambigua che contrasta con tutto l’impianto della legge».

PRELUDIO DEL MATRIMONIO GAY. A confermare questa tesi è stato lo stesso Scalfarotto che ha tranquillizzato il mondo degli attivisti omosessuali così: «Il sub-emendamento Gitti in realtà è meno preoccupante di come sia stato descritto». Di Scalfarotto bisogna riconosce la sincerità. «Fu sempre lui ha dirmi apertamente in commissione Giustizia che il ddl aveva lo scopo di mettere il bavaglio a chi si opponesse al matrimonio gay». Il deputato del Pd l’ha poi dichiarato anche all’Espresso: alla domanda se questo dibattito non allontanasse quello sui matrimoni o sulle unioni gay Scalfarotto ha risposto: «Io direi che lo precede. Perché sono due cose diverse. E l’una viene logicamente prima dell’altra».
Ora la legge si appresta ad essere votata dal Senato. Difficile fermarla? «Alla Camera il dibattito è stato strozzato. In commissione non volevano permettermi di presentare emendamenti né di discutere. Le sedute sono state notturne e i tempi che il Pdl aveva per parlare erano ridotti rispetto a quelli degli altri partiti. Per questo, mentre mi opponevo, c’era chi diceva che stavo sprecando tempo, che orami la deriva era interna a ogni partito, e che tutto sarebbe finito 628 voti a favore del ddl e 2 contro. Io e Roccella siamo partiti soli, abbiamo chiesto tempo presentato numerosi emendamenti, abbiamo cercato di informare i cittadini e il Parlamento dei contenuti liberticidi del ddl. In molti hanno compreso e così siamo arrivati a 110 voti in due mesi. Al Senato, visti in numeri, si può fare ancora di più. L’importante è non puntare al ribasso».

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di Benedetta Frigerio

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