25/07/2014

Delirio omofobia

Chiamatela paranoia. Chiamatela ossessione. O, se volete, chiamatela con il nome con cui viene comunemente veicolata: omofobia .

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Quanto mi fanno arrabbiare queste cose, lo sa solo il buon Dio.
E a Lui come sempre chiedo la grazia di guidare la mie dita sulla tastiera, per impedire alla rabbia di prendere il sopravvento sulla buona volontà di entrare nel cuore e nella testa di chi la pensa diversamente da me, affinché il comprendere prevalga sull’attaccare.

Certo, non è facile. Di fronte a una mobilitazione di massa come quella a cui siamo di fronte ogni giorno, le cui armi sono la falsificazione e la derisione di noi “medievali”, resistere alla tentazione di arrabbiarsi e mandare a quel paese è impresa ardua. Leggere sul social network o sulle news i titoli che a caratteri cubitali annunciano “Licenziata perché lesbica” e resistere all’istinto di sfracellare il computer contro la parete, o almeno di condividere i link decorati con una bella quartina di parolacce in rima baciata, può richiedere una discreta dose di autocontrollo.

Ma questa è la sfida dell’oggi e a questo siamo chiamati.

Non mi addentrerò nei dettagli della vicenda. Non sono un giornalista, ce ne sono di molto bravi perciò lascerò a loro l’onere di fare chiarezza sulla vicenda.
Io sono un umile blogger psicologo e mi occuperò di quello che mi compete: fare qualche riflessione psicologicamente orientata.

Siamo di fronte all’ennesimo allarme omofobia .
Una scuola cattolica non ha nemmeno il diritto di chiedere se i suoi docenti aderiscano o meno alla fede con cui l’istituzione è nata e su cui si sorregge.
E nemmeno per pura indagine, ma perché pare che la docente abbia sostenuto in classe delle affermazioni non in linea con l’insegnamento della Chiesa.
Ricapitoliamo: nella scuola pubblica si vuole
– togliere il crocifisso
– abolire l’insegnamento della religione cattolica
– si vogliono inserire delle lezioni di educazione sessuale allineate alla teoria Gender (che peraltro non ha alcuna base scientifica) ricorrendo a immagini, libri, esercitazioni pratiche che rasentano la pedofilia (non dimentichiamo gli organi genitali di peluche e la mirabolante “sex-box”)
...   e una scuola cattolica non è libera di chiedere allo staff docenti di non proporre agli allievi dottrine di morale sessuale alternativa a quella cristiana?

Ci tengo a precisare.
Quello che mi fa arrabbiare non è tanto il fatto in sé su cui ci potremmo confrontare, dialogare e trovare occasione di crescita.
Quello che mi fa imbestialire è il modo in cui la questione viene affrontata, amplificata, tagliata e cucita ad uso e consumo di un intento subdolo e ipnotico che ormai tutti chiamiamo “Omofobia”.

Tutti noi ormai sguazziamo in questo vischioso mare di panna montata, che sì, un giorno si smonterà, ma per ora sta creando un vero e proprio delirio collettivo.
Ma – diamine – va bene chiedere rispetto, ma ragioniamo: passi pure che una lesbica possa decidere di andare ad insegnare in una scuola cattolica. Io stesso, omosessuale, in passato avevo delle perplessità sulla morale sessuale cattolica pur essendo credente, ma quando ho lavorato in strutture di ispirazione cristiana non mi sono mai permesso di esprimere apertamente agli utenti le mie teorie sapendo che potevano confondere o quantomeno crearmi “incidenti diplomatici” con i superiori. Voglio dire, se uno lo fa ed è intellettivamente normodotato, significa che lo fa consapevolmente.
Se io mi sto laureando in una Università freudianamente orientata e nella mia tesi infilo qualche teoria cognitivo – comportamentale, me lo dovrò pur aspettare che il contro-relatore mi metta i bastoni tra le ruote, no?

E viene da pensare, ma qui entriamo nell’ambito delle illazioni, che consapevolmente si voglia creare anche questo vespaio del licenziamento omofobo.
Voglio essere ottimista. Voglio credere che in questa situazione ci sia solo un grande malinteso, che la docente in questione non abbia intenzionalmente attirato la scuola in una trappola.
Voglio credere che anche tutte le altre decine di “allarmi omofobia ” che poi si rivelano essere dei grandi malintesi non siano delle trappole montate ad arte.

Ma allora ci dobbiamo chiedere perché proliferano in questo modo.

Comincio a farmi delle teorie, ma prendetele a beneficio di inventario perché sono solo dei tentativi naif di un giovane psicologo di dipanare una matassa ben più grande di lui.
Vi chiedo solo di tenerli buoni. Magari qualcosa si potrà salvare e un domani acquisirà un senso all’interno di una teorizzazione più complessa.

Comincio a credere che questa storia dell’omofobia nasconda una dinamica inconscia di noi omosessuali, la punta esterna, visibile di un iceberg che ancora non riusciamo a comprendere interamente.

Brutto lì una ipotesi azzardata, che di sicuro mi attirerà l’ira funesta dei gay.
Io mi definisco “Omosessuale ego distonico”, in altre parole percepisco una dissonanza tra la mia omosessualità e la “normalità”del mondo esterno, vivo dentro di me il conflitto tra queste due istanze e desidero cambiare orientamento sessuale per sentirmi Ok. In sostanza: «Gli altri sono Ok, invece io non sono Ok».
E se fosse che anche gli “omosessuali ego sintonici” (o almeno una parte di loro) percepiscono la stessa dissonanza, ma la vivono -per l’appunto- in modo “ego sintonico” , ad esempio proiettando all’esterno il conflitto per rimanere coerenti con il proprio schema mentale? In soldoni: «Io sono Ok! Sono gli altri a non essere Ok».

Sarà un’ipotesi azzardata e sicuramente passibile di ridefinizioni , ma non posso fare a meno di notare che alcuni dei motti Lgbtq ci vanno molto vicino. Penso ai vari “Gay is ok” o “Alcune persone sono gay. Fattene una ragione”,Aiutiamolo! Dall’omofobia si può uscire“.

Ripenso sorridendo agli episodi dei “Soliti Idioti” dedicati alla coppia di omosessuali, che tanto mi hanno fatto ridere.
Ho sempre pensato che non fosse ironia spicciola, ma che contenesse delle interessanti verità. Mi ritorna in mente l’episodio della farmacista, in cui in seguito al “rifiuto” da parte della dottoressa di vendere al protagonista un test di gravidanza, lui fa scattare l’allarme omofobia con la famosa frase: «O forse è solo perché sono... OMOSESSUALE?»

Insomma, (non lo ripeterò mai abbastanza) pur condannando gravemente ogni sorta di violenza, aggressione, derisione, attacco nei confronti di persone omosessuali che sono atti vergognosi e meritevoli di punizioni che già la legge giustamente prevede, è possibile che ci sia un eccesso di zelo nel vedere attacchi omofobi dove non ci sono?
E se – ricordando per analogia il famoso caso Schreber di freudiana memoria – c’entrasse in qualche modo la paranoia?

Emmanuele Wundt

Fonte: Blog di Emmanuele Wundt

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