24/01/2014

E adesso cominciano con l’abortofobia

Buona parte dell’Europa Occidentale – sappiamo come sta andando in Italia – si è ormai dotata di leggi contro l’omofobia: chi critica l’omosessualità rischia di andare in galera. Anzi, non è che rischi: ci va davvero, come capita settimanalmente in Francia, in Gran Bretagna e altrove. Solo la settimana scorsa in Scozia un predicatore che citava tra i peccati gravi l’omosessualità è stato accompagnato, neppure troppo gentilmente, in prigione.

Non finisce qui. Ormai messa in sicurezza – anche se in Italia qualcuno, fastidiosamente, resiste – la legge sull’omofobia, le lobby e i poteri forti europei si sono chiesti: ma se è reato parlare male del «matrimonio» omosessuale, perché invece è permesso parlare male dell’aborto? Due pesi e due misure: l’ideologia omosessualista è imposta obbligatoriamente per legge, quella abortista ancora no.

Per rimediare alla grave sperequazione si è mossa per prima, al solito, la Francia. Al Parlamento francese è in discussione una legge per promuovere (ulteriormente) l’uguaglianza fra gli uomini e le donne e i diritti della donna. Hollande ha dichiarato che si tratta di una priorità del suo mandato, il che ha scatenato gli umoristi transalpini, i quali propongono di chiedere notizie su come il presidente intende i diritti delle donne alle sue varie compagne, prima cornificate a ripetizione e poi abbandonate senza cerimonie per donne più giovani.

Non ha invece nulla di umoristico l’uso della nuova legge per bastonare gli anti-abortisti. Sono infatti stati introdotti due articoli di straordinaria gravità. Il primo modifica la legge francese che permette l’aborto alle donne «in situazione di difficoltà». Si tratta di un’evidente foglia di fico e la storia francese non riporta nessun caso – neppure uno solo – di donne cui sia stato negato l’aborto non riscontrando la «situazione di difficoltà». Ora queste parole saranno modificate, e la nuova legge affermerà che l’aborto è permesso alle donne «che non desiderano portare a termine la gravidanza». Non ci sarà nessuna conseguenza pratica – l’aborto in Francia di fatto è già permesso a qualunque donna lo chieda -, ma il cambiamento è decisivo dal punto di vista del principio. L’aborto non è più considerato la conseguenza di una difficoltà, un dramma, una sconfitta ma un’opzione del tutto normale e un diritto. D’altro canto, la modifica legislativa si fonda su un parere dell’Alto Consiglio dell’Uguaglianza, un’istituzione tipicamente francese, secondo cui «l’aborto non dev’essere considerato un problema ma una soluzione».

La ministra dei Diritti delle donne, Najat Vallaud-Belkacem, si è spinta fino a sostenere che gli aborti in Francia potrebbero essere ancora troppo pochi. La popolazione è salita di 1,7 milioni di abitanti rispetto al 2006. L’aumento è dovuto principalmente all’immigrazione, e Hollande promette a breve l’eutanasia che rimetterà a posto le statistiche relative ai troppi vecchi, ma non importa. Alla ministra il 35% di donne francesi che sono passate per l’aborto e i 220.000 bambini uccisi con gli aborti l’anno scorso, a fronte di 810.000 nascite, sembrano ancora troppo poche.

C’è poi il cattivo esempio della Spagna, che si appresta a introdurre qualche limitazione all’aborto. Un’altra ministra francese, quella della Sanità Marisol Touraine – figlia del famoso sociologo Alain Touraine – ha chiamato alla «mobilitazione» contro il progetto di legge spagnolo. Un tempo mobilitare un Paese contro una legge di un Paese vicino era causa di rottura delle relazioni diplomatiche, o peggio: ma i tempi sono cambiati e comunque la ministra non se ne preoccupa.

Per evitare qualunque forma di contagio spagnolo è stato introdotto un secondo emendamento alla legge sull’aborto. Era già vietato «ostacolare l’aborto» di una donna fisicamente. Ma ora è vietato anche ostacolarlo psicologicamente, e interferire – così recita l’emendamento – con «il diritto della donna a ottenere informazioni sul l’aborto». Va da sé che si intendono informazioni che la accompagnino ad abortire. La legge mira precisamente a impedire che riceva informazioni diverse. Leggendo i lavori preparatori si comprende che l’intenzione del legislatore è vietare che negli ospedali si parli alle donne di alternative all’aborto, che dentro gli ospedali circolino volontari dei centri di aiuto alla vita, e che anche fuori e nei dintorni degli ospedali si svolgano proteste o si offrano informazioni favorevoli alla vita alle donne. Su questo la ministra Vallaud-Belkacem è stata chiara: gli attivisti pro life che bazzicano nei dintorni o peggio dentro gli ospedali devono andare in prigione. Ha affermato, invece, che le marce per la vita e altre manifestazioni generiche anti-abortiste, che non si presentino come informazioni offerte alle donne incinte, potranno ancora svolgersi.

C’è però una zona grigia. Oggi la maggioranza delle persone ha uno smartphone se non un tablet computer, comprese le donne che vanno in ospedale ad abortire. Potrebbero dunque ricevere informazioni che le spingano a rinunciare all’aborto non a voce ma via Internet. Già prima della legge il governo francese aveva intrapreso una massiccia campagna, volta a «saturare» Internet e i motori di ricerca di propaganda abortista, emarginando i siti pro life. Ora però – almeno secondo l’interpretazione meno rassicurante della legge – chi gestisce questi siti rischia due anni di prigione, che è la pena prevista per chi ostacola «psicologicamente» l’aborto.

I due emendamenti, in realtà, sono collegati. Se l’aborto non è un dramma e non deriva da una difficoltà, ma è una delle due scelte normali di una donna incinta e un diritto fondamentale di tutte le donne, è chiaro che attaccare un tale diritto deve essere vietato. Così come va vietata l’obiezione di coscienza ai medici: prossima tappa, già annunciata dalle organizzazioni abortiste francesi.

La legge è passata in prima lettura, ma ne attende una seconda. Lo scorso 19 maggio quarantamila persone hanno marciato per la vita a Parigi, protestando soprattutto contro questa legge che intendono fermare, confortate e sostenute da un messaggio di Papa Francesco, che ha «assicurato la sua vicinanza spirituale» ai partecipanti. Venerdì 24 gennaio il Papa incontra Hollande in Vaticano. Della parte privata dell’incontro è probabile che non trapeli nulla, ma è difficile immaginare che questa legge liberticida resti fuori dal colloquio.

Il laicismo italiano, fin dai tempi dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese, imita di solito le peggiori idee francesi con qualche anno di ritardo. Iniziamo a preoccuparci anche noi. Se passa la legge sull’omofobia, il prossimo passo sarà vietarci di criticare l’aborto.

Massimo Introvigne

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

 

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