07/04/2015

Etica politicamente corretta: meglio il male, del “male minore”

A proposito di etica e scienza, sul Fatto Quotidiano Adele Parrillo parla chiaro:

«Certe cose sono irreversibili. Tutto ciò che la scienza potrà realizzare sarà realizzato. Anche se questo significherà rivedere il nostro concetto di “umano”.

L’utero in affitto è già superato. Nuove storie umane recitano parole come social freezing (crioconservare i propri ovociti) ed ectogenesi (utero artificiale)» (30.3.2015).

Riflette Giuliano Guzzo, sul suo blog.

Dobbiamo essere grati – sul serio – ad Adele Parrillo, giornalista e scrittrice nonché firma abituale de Ilfattoquotidiano.it: almeno lei non ci gira attorno. Almeno, quando scrive, risparmia ai propri lettori la retorica della libertà individuale e la manfrina narcotizzante dei nuovi diritti preferendo vuotare il sacco: «Tutto ciò che la scienza potrà realizzare sarà realizzato».

Posizione discutibile la sua, si dirà. Ma lo è davvero oppure è solo un giudizio affrettato? E’ più discutibile chi dichiara che tutto il possibile sia lecito, oppure chi tenta di spiegare – tenendo il piede in due, quattro, ottanta scarpe – che sulle questioni bioetiche proibire è sbagliato ma, insomma, neppure concedere tutto va bene perché la società “non è ancora pronta”? E’ più coerente chi onestamente confessa di non riconoscere regola alcuna se non quella sempre temporanea di «ciò che la scienza» può «realizzare», oppure chi riconosce l’aborto giusto “a certe condizioni”, la fecondazione extracorporea tollerabile “a certe condizioni”, l’eutanasia e l’utero in affitto ammissibili “a certe condizioni”?

L’impressione è che quanti sostengono che tutto quanto, prima o poi, «sarà realizzato» – e che quindi fanno coincidere il Giusto col Possibile – siano molto più franchi di quanti, a priori, barattano il Giusto col Migliore e l’Ingiusto col Peggiore, infilandosi in una corsia proporzionalista dalla quale, nel giro di poco, l’etica si rovescia nella convenienza, la verità nel vantaggio, il giudizio nel calcolo. L’impressione, dunque, è che convenga misurarsi anzitutto con chi di fatto nega il senso del limite, anziché con chi al limite riconosce solo un valore assai vago. Davanti infatti a chi sostiene che tutto il possibile sia lecito si può facilmente parlare di etica perché costui la ignora, mentre è complicato soffermarsi sull’etica con chi ne ha una concezione politicamente corretta: perché costui pensa di conoscerla.

Giuliano Guzzo

 

 

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