13/01/2015

Famiglia “omogenitoriale” ( o “omoparentale”) da tutelare?

Rispondiamo a chi dice che ci sono 100.000 – fantomatiche – famiglie (o scimmiottature di quella che è la sola vera famiglia) omogenitoriali da tutelare.

Secondo alcuni ci sono 100.000 bambini italiani che già sarebbero felicemente sistemati in compagnia di coppie omosessuali. Anzitutto: i bambini di coppie omosessuali in Italia non sono centomila, come dichiarato ai quattro venti dai sostenitori Lgbt. Infatti dai dati Istat le coppie di conviventi dello stesso sesso risultano 7591, con 529 figli in tutto.

Occorre poi ricordare che l’omoparentalità non è la genitorialità: occorre ribadirlo. Una coppia di omosessuali non è in grado di generare, per definizione: due uomini o due donne non possono per sostanza, non per accidente.

Inoltre, come sempre, dobbiamo fare attenzione alle concessioni sul piano linguistico. Il termine omoparentalità” è stato inventato proprio per supplire fantasticamente all’impossibilità delle persone omosessuali di essere genitori. Questo neologismo, forgiato per instaurare il principio di una coppia “parentale” omosessuale e promuovere così la possibilità giuridica di dare a un bambino due “genitori” dello stesso sesso, è dominio della fantasia, un vero e proprio mostro linguistico-concettuale.

“Omogenitorialità” pretenderebbe di identificare una coppia di omo-sessuali che è anche genitrice: un ossimoro tanto evidente quanto grottesco. Genitore, infatti, deriva dal latino genitōre (m), deriv. di genĭtus, part. pass. di gignĕre ‘generare’. Il genitore è, quindi, colui che genera o che ha generato. Asserire che una coppia di donne o di uomini possano generare (anche in senso figurato) un figlio non è forse una contraddizione in termini?

Inoltre, non è la sessualità degli individui che ha mai fondato il matrimonio né la genitorialità, ma anzitutto il sesso, cioè la distinzione antropologica degli uomini e delle donne.

Così, tralasciando la distinzione uomo-donna e ponendo come spiegazione la distinzione eterosessuali-omosessuali, le persone omosessuali rivendicano non la genitorialità (la paternità o la maternità), che implica il legame biologico che unisce il bambino (generato) ai suoi due genitori (naturali), ma la “parentalità” che riduce il ruolo del “genitore” all’esercizio delle sue funzioni di cura ed educazione soprattutto.

Ora, anche nel caso dei bambini adottati, non si tratta solo di educare o di elargire supporto materiale, ma di ricreare una filiazione, di costruire un rapporto. Bisogna dunque riaffermare qui con forza che essere padre o madre non è solo un riferimento affettivo, culturale o sociale. Il termine “genitore” non è neutro: è sessuato. Accettare il termine “omoparentalità”, equivale togliere alla parola “genitore” la nozione corporale, biologica, carnale che le è intrinseca. Siamo così di fronte ad un atteggiamento psicotico che mira a stravolgere la realtà confondendo l’evidenza col racconto che se ne può fare.

Anche in questo caso vale infine l’argomento della trasformazione arbitraria di un dato di fatto negativo in una regola applicabile universalmente, sancita dal diritto. Il fatto che ci siano realtà omosessuali in cui sono inseriti minori, a vario titolo, di per sé non costituisce nessun motivo per garantire per legge questa situazione oggettivamente deficitaria per il minore.

Un’azione è buona se può essere universalizzata, ovvero se può diventare la regola universale del comportamento umano. Sottrarre il padre o la madre ai bambini, comprarli, venderli, considerarli “oggetti di diritto degli adulti”, etc. non è moralmente accettabile. In un mondo dove queste pratiche venissero rese universali, le persone umane sarebbero ridotte a cose, alienate dalla loro dignità, violentate ancor prima di nascere. Con quale diritto due o più adulti decidono che un bambino deve nascere orfano di padre o di madre?

La pretesa di annullare i ruoli genitoriali di madre e padre e di negare il diritto naturale dei bambini afferma la volontà di ridurre le persone a cose, un tratto tipico del capitalismo moderno che vuole convertire ogni realtà ad oggetto di consumo.

Come osserva il filosofo Diego Fusaro: “La famiglia odierna, quando ancora esista, è disordinata e stratificata, priva di un nucleo e strutturata secondo le forme più eteroclite: dalle gravidanze affidate a una persona esterna alla coppia alle adozioni nelle coppie omosessuali, dalle separazioni sempre crescenti all’inseminazione artificiale. Il fanatismo economico aspira a distruggere la famiglia, giacché essa – Aristotele docet – costituisce la prima forma di comunità ed è la prova che suffraga l’essenza naturaliter comunitaria dell’uomo. Il capitale vuole vedere ovunque atomi di consumo, annientando ogni forma di comunità solidale estranea al nesso mercantile. L’ideologia gender si inscrive appunto in questa dinamica”.

 Alessandro Benigni

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