11/11/2015

Gender: teoria, anzi, ideologia che c’è

Vorrei svolgere qualche considerazione attorno all’esistenza della teoria gender, tema che sembra suscitare grande irritazione negli ambienti LGBTQ (mi fermo qui nell’acronimo per praticità, scusandomi con quanti si potranno sentire esclusi) e omofili (categoria che utilizzo semplicemente per indicare sociologicamente quegli ambienti che solidarizzano con le prospettive e rivendicazioni LGBTQ indicate nel lessico di parte come allies, alleati, termine evocativo di un approccio politico-militare).

Seppure in vari modi, la tesi è questa: “Non esiste la teoria gender, esistono solo gli studi di genere“. Si dice inoltre che men che meno esiste la teoria del genere, ma semmai esistono teorie di genere o sul genere (gender theories). Credo si debba rilevare in via previa un concetto: nell’ambito della scienza non esiste soluzione di continuità tra teoria e valutazione empirica. In genere un esperimento viene condotto avendo alle spalle un’ipotesi teorica di cui, attraverso una sperimentazione opportunamente disegnata, si cerca conferma o smentita. A loro volta i dati derivanti dagli studi possono essere impiegati per elaborare una teoria unificante che risulti coerente con le osservazioni. Senza razionali teorici, gli studi si riducono ad empirismo.

Si dice che non esiste la teoria gender, ma piuttosto che esistono differenti teorie di genere, o sul genere. Di cosa si occuperebbero?

Per dare una risposta dobbiamo chiarire che cosa si intende per genere. L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che il genere “si riferisce ai ruoli, i comportamenti, le attività e gli attributi costruiti socialmente che una data società considera appropriati per gli uomini e le donne“. Se ne deduce che le teorie sul genere si caratterizzerebbero per avere un oggetto i cui limiti non sono liberi, ma pre-scritti: tutto ciò che in un determinato contesto si considera appropriato per gli uomini e le donne, purché derivante da una costruzione sociale. Si tratta di un ambito sicuramente affascinante, ma che lascia inesplorata l’altra faccia della luna. Maschilità e femminilità sono esclusivamente un costrutto sociale oppure esiste una dimensione sorgiva, una radice congenita, che incomincia all’inizio dell’esistenza umana e si sviluppa durante la vita? Esistono attitudini maschili e femminili? Se esistono, come chiamiamo le teorie e gli studi che le indagano?

È ben evidente che nel corso della storia di teorie ne sono state formulate un’infinità su pressoché ogni ambito dell’esistenza, dalle più acutamente speculative a quelle più evidentemente strampalate senza che queste generassero alcun allarme. Questo riguarderebbe anche numerose teorie di genere; sul perché soggetti di sesso maschile e femminile si sentano differenti ed agiscano in modo distinto è del tutto lecito ipotizzare ed indagare, purché rispettando criteri di eticità. Ma quello che ha fatto comparsa è un insieme di posizioni teoriche unificate da un postulato: identità e ruoli maschili e femminili sarebbero esclusivamente un costrutto sociale, in quanto tali sarebbero il risultato di pure convenzioni (peraltro denunciate come prodotto di non sempre nobili intenzioni) e dunque totalmente malleabili e riconfigurabili secondo una elaborazione che dal disconoscimento di ogni rilevanza al dato biologico approda a concepire persino il dato biologico come una costruzione sociale.

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L’articolo di Claire Ainsworth intitolato “Sex redifined” (Il sesso ridefinito) apparso a febbraio sulla rivista biomedica Nature è un’attestazione d’intenti piuttosto chiara. Dire femminile e maschile significa dire genere e dire genere intende soltanto un prodotto elaborato socialmente, teorie e studi di genere si occupano di indagare i meccanismi di elaborazione. In quanto intesa come pura creazione a partire da una materia informe, ogni costruzione sociale che definisca il maschile ed il femminile, che venga percepita come dissonante rispetto al modo di essere del soggetto, richiede di essere superata perché il soggetto è il centro veritativo e poiché i modi di essere soggettivi sono tanti quanti i soggetti, dunque diventa lecito e doveroso abbattere ogni costruzione sociale, svalutata a mero stereotipo. Che il matrimonio sia tra un uomo e una donna è lo stereotipo da abbattere oggi, ma altri sono già sulla lista della demolizione.

Le teorie di genere si incontrano dunque tra loro nel campo del relativismo applicato. Indifferenza e omologazione sono il nucleo teorico che le accomuna ed è questo nucleo che noi chiamiamo teoria del gender e che indichiamo come ideologia quando viene elevata al rango di verità indiscutibile, indisputabile, impermeabile ad ogni evidenza di realtà, da inculcare in chi non ha gli strumenti critici per problematizzarla, a partire dai più piccoli. Ecco, sarebbe un primo passo verso la chiarificazione delle posizioni se la controparte cominciasse a riconoscere con onestà intellettuale l’esistenza di questo nucleo comune delle teorie di genere secondo cui tutto è normale, ogni azione, ogni relazione, ogni presentazione, ogni esternazione, perché solo il soggetto esiste, l’anormalità è impronunciabile tranne che per colui che non si adegua.

Renzo Puccetti

DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DAI TENTATIVI DI

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