22/06/2013

La grande bufala dell’Italia “omofoba”

Avremo tanti difetti, noi italiani, ma non siamo affatto “omofobi “ né rischiamo di diventarlo. Lo dice il buon senso di chi conosce l’Italia e sa distinguere fra realtà e propaganda, ed ora lo conferma una recente ricerca effettuata a livello internazionale dal Pew Research Center, la quale non solo ci colloca tra i Paesi del globo aventi i maggiori tassi di accettazione dell’omosessualità – «Where Homosexuality Is Most Accepted» -, precisamente come l’ottavo al mondo, ma anche fra quelli nei quali, negli ultimi anni, siffatta accettazione è maggiormente cresciuta. Proprio così.

E dispiace che quanti sono soliti denunciare l’”omofobia” che regnerebbe sovrana nel Belpaese non ne siano informati o facciano finta di nulla, perché la notizia è di quelle che contano. Infatti dal lavoro del Pew Research Center, i cui esiti sono stati riassunti in meno di trenta pagine [1], emergono aspetti davvero molto interessanti. Il primo è che la società italiana presenta il medesimo grado di accettazione dell’omosessualità (74%) di Paesi come per esempio l’Argentina, dove il matrimonio gay è legale dall’estate del 2010.

Crolla così una prima leggenda metropolitana, ossia quella per cui la presenza o l’assenza delle nozze omosessuali in un dato ordinamento giuridico sarebbero indice di tanta o di scarsa accettazione dell’omosessualità: bugia. Com’è noto in Italia le nozze gay non sono previste dalla legge – e non v’è neppure, per il momento, alcuna normativa “anti-omofobia”, concetto inventato dallo psicologo americano George H. Weinberg [2] e sul quale ci sarebbe molto da dire – eppure non si registra alcuna diffusa intolleranza. Sempre che, naturalmente, non si vogliano tacciare i ricercatori del Pew Research Center di miopia o di incompetenza.

Tornando agli esiti di questa ricerca, si nota anche un secondo profilo di estremo interesse rispetto a com’è mutata ultimamente l’accettazione dell’omosessualità. Effettuando una comparazione fra gli anni 2007 e 2013 gli studiosi americani hanno difatti scoperto delle trasformazioni interessanti. Quella che più ci colpisce riguarda naturalmente l’Italia ed evidenzia come, mentre in Germania ed in Spagna – Paesi nei quali unioni civili e nozze gay sono legali -, negli ultimi cinque anni la tolleranza verso l’omosessualità è aumentata dal 6%, da noi il fenomeno sia stato ancora maggiore: più 9%.

L’ennesima batosta per chi ritiene il nostro Paese in ritardo rispetto ad altri in quanto cattolico; menzogna storica prima che sociologica giacché la cattolica Italia ha depenalizzato l’omosessualità nel lontano 1866, ben prima dall’anglicana Gran Bretagna (1967), della Germania comunista (1968), della luterana Norvegia (1972) o d’Israele (1988).  Che da noi non vi sia alcun allarme “omofobia” è poi suffragato dall’UNAR – l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali – presso il quale esiste un numero verde per la segnalazione di presunti casi di “omofobia”; ebbene, nel 2012 le chiamate sono state 135. Numero comunque troppo alto, ma certamente non catastrofico.

Un terzo spunto di riflessione il Pew Research Center ce lo offre allorquando ribadisce una verità scomoda e nota a molti, anche se sovente censurata daimass media, e cioè che l’intolleranza verso l’omosessualità, oggi, è un problema che riguarda fondamentalmente i Paesi a maggioranza islamica [3]. A questo punto – appurato che l’Italia non è affatto “omofoba” e che, anzi, negli ultimi anni fa fatto più progressi nei confronti dell’omosessualità di Spagna e Germania – sorge un dubbio: perché mai, anziché a Vicenza, a Palermo e in altre città italiane, i militanti gay non vanno a sfilare in terra islamica? I diritti degli omosessuali di quei Paesi non valgono forse nulla?

Sarebbe bello che gli stessi politici – Boldrini e Idem in testa – pronti a sfilare algay pride e a denunciare una non meglio precisata “omofobia” di cui sarebbe ostaggio il nostro Paese, facessero altrettanto laddove il problema dell’intolleranza contro gli omosessuali, oggi, sussiste veramente. In caso contrario continuerà a farsi largo il sospetto che, più che battersi a favore dei diritti gay, molti usino quello dei diritti civili come un comodo pretesto per contrastare la Chiesa e la famiglia tradizionale. Siamo naturalmente pronti a ricrederci ma questo, nel frattempo, è un sospetto che rimane.

Note: [1] AA.VV. (2013) The Global Divide on Homosexuality. Greater Acceptance in More Secular and Affluent Countries. «Pew Research Center»; 1-25; [2] Cfr. Weinberg G.H. (1972) Society and the Healthy Homosexual, St. Martin’s Press;  [3] AA.VV. (2013) The Global Divide on Homosexuality:2.

di Giuliano Guzzo

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