08/03/2014

La Svizzera apre a tutto, dall’utero in affitto in giù. I vescovi: «Ci aspettavamo un po’ di riflessione»

«Una società dove è permesso tutto ciò che può soddisfare i desideri  individuali non necessariamente diventa più umana, ma corre il grande rischio di  generare una destrutturazione e una perdita di senso del bene comune». Reagisce «con forza» il Comitato di bioetica della  Conferenza episcopale svizzera al parere pubblicato il mese scorso dalla  Commissione nazionale d’etica svizzera (Cne). Quest’ultima, come riporta  l’Osservatore Romano, prendendo le mosse dall’analisi della  fecondazione assistita, regolata da una legge “restrittiva” del 2001, si esprime  a favore di uno stravolgimento del concetto di famiglia e dell’approvazione di  tecniche controverse come l’utero in affitto.

SÌ ALL’UTERO IN AFFITTO. Nello specifico, il Cne  raccomanda l’autorizzazione «della diagnosi pre-impianto», «della donazione di  sperma per coppie eterosessuali non sposate», «della donazione di sperma per  coppie dello stesso sesso e persone sole» (in quanto «i concetti di “natura” e “naturale” sono costrutti culturali» e la famiglia non è altro se non «una  comunità di adulti e bambini»), «della donazione di ovuli e di embrioni» (perché «ritiene che il divieto sia discriminatorio nei confronti della donazione di  sperma»), «ritiene che la maternità sostituiva (utero in affitto, ndr) possa  essere accettata in linea di principio», raccomanda di riconoscere i bambini  concepiti all’estero con maternità surrogata e «si rallegra del progetto di  legge riguardante la soppressione del divieto di crioconservazione degli  embrioni e ritiene opportuno non determinare il numero massimo di embrioni che  possono essere sviluppati».

«ETICA UTILITARISTICA». Il Cne, accusa il  Comitato di bioetica dei vescovi, «solleva un profondo malessere da un lato per  le sue proposte di liberalizzazione in tutte le direzioni, ma più in generale  per la sua concezione della vita e del ruolo dello Stato». Il testo infatti «decostruisce completamente il vivere comune per proporre un’etica minima  liberale e utilitaristica». Per Thierry Collaud, presidente del Comitato, la  parte più grave del documento è la negazione dell’esistenza «di una  struttura di famiglia tradizionale» e l’apertura «alla pratica molto contestata  della maternità surrogata». L’utero in affitto, infatti, «viola la dignità  dell’embrione perché posto in un utero estraneo. Viola anche la dignità delle donne che vendono non solo il loro  corpo, ma un elemento specifico della loro identità femminile che è quello di  essere il ricettacolo del primo sviluppo di una vita umana e di legami  inalienabili che si tessono in questa occasione».

ANALISI SUPERFICIALE. Infine, rileva Collaud, il Cne è  incredibilmente superficiale nelle sue analisi: «Ci si sarebbe aspettato un  serio lavoro di riflessione e sintesi su questioni centrali che riguardano la  procreazione medicalmente assistita. Ma la maggior parte del documento non fa  che partire dal riconoscimento del “cambiamento sociale” nel campo della  procreazione, della vita coniugale e familiare. Non considera tutto questo con  uno sguardo critico, ma semplicemente cerca di adattare il suo pensiero. (…) Non  si riflette su ciò che veramente è famiglia, ma si rileva che al momento attuale “diverse combinazioni” sono possibili. Si va quindi alla ricerca di una  definizione di famiglia che rientra in questo quadro», cioè una banale «comunità  di adulti e bambini».

Fonte: Tempi

 

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