28/11/2014

L’eutanasia e la speranza; la disperazione e la dignità della vera pace

Nonostante la propaganda che il suicidio assistito e l’eutanasia ricevono a livello internazionale, negli Stati Uniti, novembre è il “Mese dell’Hospice e delle Cure Palliative”. Un tempo in cui le strutture che si occupano di malati terminali dovrebbero pubblicizzare la loro attività, fare fundraising,  e i media dovrebbero sostenerli nel diffondere l’opera altamente meritoria che compiono nell’accompagnare i moribondi verso la fine della loro vita.

In America, si lamenta il bioeticista Wesley Smith su LifeSiteNews, i media non hanno dato risonanza alla celebrazione: anzi hanno enfatizzato come una cosa meravigliosa la brutta fine di Brittany   Maynard. Qui da noi non se ne parla proprio, mai.

Intorno agli hospice c’è una sorta di ritegno (per usare un eufemismo): sono visti come luoghi dove si va a morire, quindi dove chi entra è senza speranza, quindi da tenere alla larga. Oppure – purtroppo – soprattutto all’estero gli hospice sono divenuti dei luoghi dove si accelera la fine, dove si privano i malati di idratazione e nutrimento... 

Invece l’hospice è un luogo di speranza: la speranza di non essere da soli, abbandonati al dolore; la speranza di poter godere della compagnia di chi ti vuol bene fino alla fine; la speranza di mantenere una buona qualità della vita fino alla fine, che tanto prima o poi arriva per tutti. Ma che arriva nel momento preordinato da Dio (o dalla natura, per chi non crede).

Noi di Pro Vita abbiamo conosciuto da vicino un hospice del tutto particolare: quello presso la clinica di ginecologia del Policlinico Gemelli, di Roma, che grazie alla Quercia Millenaria, offre aiuto, sostegno e amore ai bambini che hanno ricevuto diagnosi infauste in utero e ai loro genitori.

Per quanto le storie della Quercia siano dolorose da spezzare il cuore, tutti coloro che ci sono passati e che le hanno conosciute possono testimoniare che laddove si accetta il destino ineluttabile senza pretendere di dominarlo o di cambiarlo, dal dolore, per quanto grande e profondo, possono scaturire immensi fiumi di pace e di amore.

Chi non lo crede è invitato a leggere la storia di Gregorio che sarà pubblicata nel prossimo numero di dicembre del nostro mensile, Notizie Pro Vita.

Francesca Romana Poleggi

 

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