18/05/2015

Matrimonio gay: col gioco delle tre carte si abbagliano i lettori

Abbiamo dedicato alcuni articoli (e non abbiamo ancora finito) a spiegare perché l’omosessualità (e il matrimonio gay) non è naturale.

Ora invece vogliamo andare oltre. Non ci interessa dimostrare questo punto. Non vogliamo discutere di “natura”. Andiamo a ragionare sul perché, a prescindere dalla naturalezza della cosa, il matrimonio gay è oggettivamente un abominio sociale.

Quello di Nicla Vassallo è un nome decisamente riconosciuto nel panorama filosofico italiano. Professoressa ordinaria di Filosofia teoretica presso l’Università di Genova, la Vassallo si è occupata con successo di filosofia analitica, filosofia della scienza, epistemologia e – come ogni professore oggi di moda – di gender studies.

Spiace ammetterlo, ma non sono affatto stupito che una pensatrice di questo calibro si approfitti del clima generale di incertezza – se non timore – che caratterizza il dibattito culturale sulle teorie del genere e sulle loro conseguenze applicative per pubblicare un lavoro a quanto pare pre-confezionato per la propaganda omosessualista, il cui titolo è già perfettamente indicativo: “Il matrimonio omosessuale è contro natura: falso!”.

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Indicativo, sia chiaro, della disinvoltura con cui i teorici del gender utilizzano tutti gli artifici sofistici a loro disposizione per confondere i lettori e per disarmarne lo spirito critico.

In questo caso, per la precisione, siamo di fronte ad un evidente straw men argument, o argomento dello spaventapasseri, già conosciuto, tra l’altro, da Aristotele: “A volte poi, quando non si ha nulla con cui attaccare la tesi posta, bisogna rivolgere l’attacco a cose diverse da quella dichiarata, interpretandole come se fossero quella” (Confutazioni Sofistiche). L’errore dello spaventapasseri viene commesso quando non si conosce l’autentica posizione del proprio interlocutore o se ne sostituisce una distorta, esagerata o scorretta. Questo genere di (pseudo) ragionamento ha la seguente forma: La persona A ha la posizione X. La persona B presenta la posizione Y (che è una versione distorta di X). La persona B attacca la posizione Y. Quindi X è falsa/scorretta/difettosa. In questo caso è evidente: molti critici del matrimonio “same sex” non sostengono affatto che il matrimonio tra persone dello stesso sesso sia da rigettare in quanto “innaturale”.

Non è questo il punto, come vedremo più avanti. E l’errore non riguarda solo una (possibile) svista nel titolo del volume. Rileviamo che le cose stanno in questo modo partendo dalle stesse parole della Vassallo: “Contro natura: è uno degli scudi che si leva per opporsi all’introduzione del matrimonio omosessuale”. Prosegue poco più avanti la filosofa: “Non ci vuole molto per comprendere che l’affermazione ‘il matrimonio omosessuale è contro natura’ appartiene, oltre ai luoghi comuni, ai pregiudizi […]”. Si tratta di una fallacia piuttosto evidente, dicevo, in quanto moltissimi critici del matrimonio same-sex fondano le loro ragioni NON su una premessa di questo tipo. E nemmeno, beninteso, sull’idea che l’omosessualità sia a-normale, non-normale, una malattia, immorale, etc. quanto piuttosto sulle logiche conseguenze che derivano da questa nuova idea di matrimonio che si va affermando, in base alla quale tutti possono sposarsi con tutti.

Detto apertamente: del fatto che alcune persone abbiano determinati gusti sessuali o esigenze psico-affettive, dal punto di vista collettivo (intendo giuridico) importa ben poco. Il discorso cambia invece quando si pretende una legittimazione socialmente riconosciuta di legami che portano con sé conseguenze tutt’altro che pacificamente accettabili, almeno per una società che voglia ancora basarsi sul diritto e sul reciproco rispetto, a partire dal rispetto dovuto ai diritti dei più piccoli.

Secondo questa nuova concezione, che si sta imponendo subdolamente nel nostro Paese, il matrimonio sarebbe fondato su una serie di luoghi comuni, quali per esempio la sacralità del rito, la complementarietà naturale tra maschio e femmina, la sua finalizzazione alla procreazione, e così via, in un miscuglio volutamente inestricabile in cui è difficile orientarsi e discutere le questioni con chiarezza, una alla volta. Pertanto, nell’era del progresso universale, in cui ogni realtà dev’essere sottoposta all’analisi decostruzionista (Derrida) per essere smantellata e lasciare così spazio alla libera creatività umana (Nietzsche), anche il matrimonio deve essere distrutto e poi ricostruito sulla base di nuovi valori: l’ipertrofia dei diritti dell’io, senza alcun dovere (né sul piano individuale né su quello sociale), l’esasperazione di un’affettività vaga (queer) e pervasiva in tutti gli ambiti (si pensi al mantra “love is love”, che ormai giustifica tutto ed il contrario di tutto, dalla volgarità dei gay pride alla deprivazione volontaria di esseri umani costruiti in laboratorio ed ottenuti nel quadro di un contratto privato ed il pagamento di somme (per ora) cospicue.

Ma la Vassallo si sbaglia, ed il trucco è presto spiegato.

Molti oppositori del “matrimonio per tutti”, come dicevo, non fondano affatto le loro ragioni sul piano che la studiosa vorrebbe farci credere. Non è il concetto di “naturale” che ci interessa, nonostante gli sforzi della Vassallo per portare il discorso su questo piano. Io credo che gli oppositori seri e ragionevoli del “matrimonio per tutti” conoscano la cosiddetta “legge di Hume” e la “fallacia naturalistica” (*).

Io credo che gli oppositori del “matrimonio” gay conoscano anche il valore dell’evidenza e, soprattutto, che cosa indichi la pretesa di negarla come se niente fosse. A me sembra inoltre che ai critici del “matrimonio” same-sex interessino più che altro le conseguenze logiche che realisticamente si traggono da determinate premesse. E le conseguenze logiche – parlo solo di quelle più evidenti – del matrimonio tra coppie dello stesso sesso sono: 1) la possibilità di adozione, il che significa introduzione in coppie dello stesso sesso di bambini resi volontariamente orfani di padre o di madre, ancor prima della nascita; 2) la riduzione della persona da “soggetto di diritto” ad “oggetto di diritto” altrui: il bambino da detentore di alcuni diritti irrinunciabili (come recita anche l’art. 7 della Dichiarazione universale dei diritti del bambino: ogni bambino ha diritto ad avere un padre e una madre), diventa un prodotto fabbricato altrove, grazie ad una Tecnica che da strumento a servizio dell’uomo sta diventando sempre più il sostituto della coscienza morale collettiva; 3) la mercificazione della gestazione, oltre che della persona, dato il prevedibile impulso che verrà dato a quella pratica disumana che oggi viene ben definita con il termine “utero in affitto”. 4) L’impossibilità di tornare indietro: posto che si riconosca prima o poi l’ingiustizia del matrimonio ed adozioni per coppie dello stesso sesso, come si potrà fare marcia indietro? Ammesso che si prenda coscienza del danno inflitto al minore, come si potrà riparare? Togliendo il bambino alla coppia e sottoponendolo ad un ulteriore trauma? Lasciandolo lì dov’è nonostante si sia acclarato che si tratta di un’ingiustizia che lo pone in una situazione dannosa, che lede i diritti del bambino, oltre la sua dignità? 5) il grave danneggiamento di quelle coppie che si assumono la responsabilità socialmente condivisa di contribuire al progresso della società tramite la generazione naturale dei figli (infatti, a numeratore fermo, se cresce il denominatore, decresce il valore della frazione. Se si ammette che il matrimonio tra uomo e donna ha una funzione specifica per la società e che garantisce protezione alle future generazioni, allora non ha poi senso cercare di indebolirlo socialmente. Per esempio riducendo ancora i sussidi sociali che già sono al minimo storico. Se con questa operazione di alchimia sociale tutti potranno sposarsi con tutti, è lecito infatti supporre che avremo un vistoso aumento delle “famiglie”, variamente composte, che chiederanno aiuto allo Stato. Ma data la quantità N di risorse con cui lo Stato può aiutare le famiglie, se si amplia la platea di fruitori, cala il beneficio pro capite (N/10 > N/20, etc). Inoltre spiace dirlo, ma questa è l’Italia e il rischio abusi è alto, ci sono i falsi invalidi figuriamoci se mancheranno i falsi omosessuali. Il paese ha un grave problema demografico, deve aiutare le famiglie che possono fare molti figli, superfluo spiegare perché trattasi solo di coppie normali: non è discriminazione, è puro buonsenso). 6) il voler infliggere una ferita tanto profonda quanto ingiustificata sotto il profilo psicologico, oltre che umano ai bambini che si vedranno deprivati, durante tutto l’arco del loro sviluppo, della figura genitoriale del padre o di quello della madre. 7) l’impossibilità (una volta destituito di fondamento il matrimonio tra uomo e donna riconosciuto come legame socialmente condiviso per la generazione umana) di spiegare le ragioni per cui non si possano sposare: a) amici; b) più di due conviventi: tre, quattro, cinque, fino ai “diciotto genitori” che Giuseppina La Delfa aveva profetizzato; c) persone legate da parentela di sangue; etc.

Come tutti sanno e come l’evidenza insegna, il gioco delle tre carte si basa su un trucco, su un movimento rapido che distrae l’osservatore e lo porta a credere ciò che non è. Proprio come in questo caso. E basta davvero poco per rendersene conto.

Alessandro Benigni

(*) Secondo la legge di Hume (o meglio di Moore) bisogna distinguere tra «ciò che è» e «ciò che deve essere», separando logicamente le affermazioni descrittive (ciò che una cosa è) da quelle prescrittive (ciò che deve essere). La fallacia naturalistica – collegata alla legge di Hume – scaturisce dal pretendere che una determinata cosa debba essere in un certo modo poiché così la si osserva in natura.

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