12/11/2014

No eutanasia: la testimonianza di un piccolo eroe

Silvio Dissegna è stato un innamorato della vita, una testimonianza forte contro l’eutanasia.

Quando lessi la sua storia, alcuni anni fa, rimasi fortemente impressionato e mi commossi sino alle lacrime. Sto parlando di Silvio Dissegna, bambino nato a Moncalieri (To) il 1° luglio 1967 e morto a Poirino (To) il 24 settembre 1979, a soli 12 anni, stroncato da un terribile cancro alle ossa. Papa Francesco, lo scorso 7 novembre, ha riconosciuto le virtù eroiche di questo fanciullo, dichiarandolo venerabile. Ora se ne attende la beatificazione che, stando a voci ben informate, non tarderà.

Chi era Silvio? Un bambino come gli altri. Andava a scuola e al catechismo, giocava, voleva bene ai suoi genitori, sognava di diventare maestro oppure calciatore. Un’esistenza normale e comune, la sua, come può essere quella di un qualsiasi fanciullo. Ma fu nel tempo della prova che Silvio si rivelò un bambino speciale. Nel gennaio 1978 iniziarono i primi dolori ad una gamba, fino ad arrivare, nel mese di aprile, al primo ricovero ospedaliero. La diagnosi fu spietata: cancro alle ossa. Silvio, che non aveva ancora neppure 11 anni, iniziò il suo lungo calvario. Eppure, nonostante le cure dolorose e le sofferenze indicibili, questo piccolo gigante seppe affrontare la devastante malattia in modo eroico. Mentre il cancro lo divorava, Silvio trovò rifugio e consolazione nella fede, nella quale era stato educato: Comunione e Rosario erano la sua forza. Certo, non mancarono momenti bui, di angoscia, di tristezza e di pianto per la sua condizione. Silvio, è naturale, desiderava guarire, tornare a scuola, ricominciare a giocare e si domandava il perché della sua sofferenza. Era un bambino, e aveva tutto il diritto di crescere sano e felice. Ma evidentemente per lui c’era un progetto diverso, che si può comprendere solo con gli occhi della fede. E Silvio, a poco a poco, lo comprese, accettando di unire i suoi dolori a quelli di Gesù, per riparare i peccati del mondo e salvare le anime. Con una maturità spirituale sorprendente, arrivò a dire: “La sofferenza è la mia vocazione”. I suoi genitori e familiari ricevevano addirittura conforto e coraggio da lui. Chiunque lo andasse a trovare, usciva dalla sua cameretta commosso ed edificato. Molti decisero di cambiare vita. Silvio, che sognava di fare il maestro, lo era diventato per davvero: maestro di vita.

Di fronte a tutto ciò non si può restare indifferenti, non si può non riflettere. Silvio Dissegna ci dà oggi una grande lezione. In un tempo, come il nostro, in cui la società è in preda all’edonismo più spinto e all’utilitarismo più becero, in cui si vuole evitare ad ogni costo il dolore ed esorcizzare la morte, la sua figura risplende più che mai e si staglia nitida davanti a noi. Silvio non ha chiesto la “dolce morte”, l’eutanasia, non ha imprecato contro nessuno, non si è fatto vincere dalla disperazione. Ma, pur nel dolore, ha saputo testimoniare la bellezza della vita.

Nessuno ha mai pensato minimamente di porre fine artificialmente alle sue sofferenze “per pietà”, né Silvio lo ha mai chiesto, ma si è affidato totalmente a Gesù. L’amore verso questo piccolo gigante si è rivelato accudendolo e assistendolo con amore. Silvio ha veramente saputo morire con dignità, perché è andato incontro alla fine con serena rassegnazione. E, lo ripetiamo, non era né un religioso, né un teologo, né un mistico, ma solo un bambino di 12 anni. Qui stanno la sua eroicità e la sua santità. Qui sta il valore della sua testimonianza, esempio anche per chi non crede.

Nel Natale 1977, l’ultimo in cui stava bene di salute, sulla macchina da scrivere regalatagli dai genitori, Silvio scrisse: “Cara mamma, ti ringrazio di avermi messo al mondo, di avermi dato la vita, che è tanto bella! Io ho tanta voglia di vivere!”. Un inno alla vita che scuote le nostre torpide coscienze.

Federico Catani

 

 

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