30/06/2013

Nozze gay, l’arcivescovo di San Francisco resiste: «Non è cristiano pensare che la storia sia irreversibile»

Salvatore Cordileone a tempi.it sulla sentenza della Corte Suprema a favore del matrimonio omosessuale: «Tradita la democrazia, dobbiamo essere più cristiani di prima»

Nel 2008 ha promosso in prima persona il referendum sulla cosiddetta “Proposition 8″, la modifica alla costituzione della California che ha limitato la definizione di matrimonio all’unione di un uomo e una donna. Vescovo nello stato che è considerato la patria mondiale degli omosessuali, si è battuto con il popolo credendo fermamente nella sua capacità di riconoscere la verità, vincendo la scommessa. Ora che una decisione della Corte Suprema americana ha di fatto offerto alle autorità della California la possibilità di reintrodurre il matrimonio gay nonostante quel referendum, l’arcivescovo di San Francisco, Salvatore Cordileone, pur «preoccupatissimo per i meccanismi antidemocratici usati dal potere», è convinto che «non bisogna scoraggiarsi, ma scendere in campo più convinti di prima: il problema è come».

Eccellenza, due giorni fa la Corte Suprema, evitando di pronunciarsi sulla sua costituzionalità, ha di fatto aperto la strada alla cancellazione della Proposition 8 approvata dal referendum del 2008. Il matrimonio gay può tornare a essere legale in California.
È un oltraggio ai 7 milioni di cittadini promotori del referendum. Peggio, ora siamo ancora più preoccupati per la tenuta della democrazia, perché la Corte non solo ha trascurato il risultato del referendum a favore della Proposition 8, dichiarata incostituzionale nel 2010 da un tribunale statale, ma ha ignorato anche il ricorso contro una sentenza di primo grado. Così, in un solo colpo, due strumenti cardine della giustizia democratica, il referendum e il ricorso in appello, sono stati messi fuori uso.

«Il bene di tutti, specialmente dei bambini, dipende da una società che sostiene la verità sul matrimonio. Questo è il momento di raddoppiare i nostri sforzi per testimoniare questa verità». È la posizione dei vescovi americani. È realistico continuare a combattere quando la guerra è persa?
Non è persa. Noi abbiamo fallito negli anni passati. Non abbiamo educato a sufficienza. È per questo che oggi si è arrivati fino a qui: il valore del matrimonio è incompreso da più di cinquant’anni, perché è mancata un’educazione a viverlo integralmente e quindi a testimoniarlo nella sua bellezza. Ma nulla è perso per sempre. È proprio adesso che non dobbiamo mollare se non vogliamo perdere. Anzi dobbiamo ricominciare da capo.

Lo ha detto anche il cardinale Timothy Dolan, il capo della Conferenza episcopale americana: «Anche se la nostra cultura ha fallito nel tentativo di rafforzare il matrimonio, non c’è motivo di arrendersi. Questo è il momento di rafforzare il matrimonio, non di ridefinirlo».
È così, non possiamo rassegnarci davanti all’ingiustizia. Non possiamo tacere. Per questo i movimenti che stanno nascendo, come quello francese per la famiglia o quello italiano che ha marciato per la vita, vanno sostenuti. Dobbiamo continuare a dire la verità, anzi dobbiamo farlo più di prima e poi capire come comunicarla e quindi testimoniarla. Per sapere come muoverci, ora che la via democratica è resa impercorribile dalla democrazia stessa, dobbiamo continuare a pregare.

La tentazione di pensare che ormai non c’è più nulla da fare è grande anche fra i cattolici. La Chiesa americana, invece, in un clima più che mai ostile, sta persino portando avanti la Forthnight For Freedom, l’iniziativa di 14 giorni in cui si educa, si manifesta, si prega, si digiuna…
Non è cristiano pensare che la storia sia irreversibile. Noi siamo testimoni di un evento che l’ha cambiata: Cristo morto e risorto. Perciò è a Lui che ci rivolgiamo e, insieme all’educazione e alla testimonianza, da un anno chiediamo ai fedeli preghiere e penitenza. Il cardinal Dolan, tornato da Roma dopo il Sinodo all’inizio dell’anno della fede, ha indicato esplicitamente come via primaria la conversione personale attraverso la confessione e il digiuno. Siamo noi ad avere l’arma più potente, non il nemico: solo noi possiamo rivolgerci a Colui che tutto può. Questa è la sola strada. Forse il vantaggio davanti a tutti questi fallimenti è che la via vincente è rimasta l’unica che si può imboccare.

di Benedetta Frigerio

Festini

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