15/10/2014

Omofobia? Breviario per contrastarne la strumentalizzazione

In questi ultimi tempi si è parlato molto del fenomeno “ omofobia ”. L’Italia è stata più volte accusata di omofobia da  associazioni gay, lesbiche, transessuali, “cattolici” progressisti, esponenti politici di vari partiti.

Approfondendo l’etimologia del termine “ omofobia ”, si può facilmente riscontrare quanto questo sia frutto dell’invenzione di quelle lobby che rivendicano l’estensione dei diritti delle famiglie anche alle unioni cosiddette “Lgbt” (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali): “ omofobia ” oggi indicherebbe l’odio per le persone gay, eppure al massimo dovrebbe significare “paura” dell’uguale (dal greco fòbos, mentre odio è misos). Il termine “fobia” rimanda inoltre ad una supposta patologia, di cui tuttavia non vi è traccia nei testi scientifici.

A fronte dell’esigenza di contrastare una “ emergenza omofobia ” che l’attivismo LGBT dipinge come dilagante, si invocano normative volte a tutelare categorie che si ritengono oggetto di discriminazione.

Il principale fautore di questa propaganda anti- omofobia è Ivan Scalfarotto, Sottosegretario di Stato al Ministero delle Riforme costituzionali e Rapporti con il Parlamento nel Governo Renzi. Proprio lui, il padre del disegno di legge anti – omofobia , approvato per ora dalla sola Camera il 22 luglio 2013 con i voti di Pd, Forza Italia e Sel, ha affermato che il dibattito sull’ omofobia non allontana quello sui matrimoni gay o sulle adozioni, “io direi che lo precede. Perché sono due cose diverse. E l’una viene logicamente prima dell’altra” (intervista a l’Espresso del 26 agosto 2013).

Parlare di “ omofobia ” significa quindi in realtà parlare di accesso al matrimonio e all’adozione per persone LGBT. Ma le rivendicazioni non si fermano a questo. Un ulteriore obiettivo è l’instillazione dell’ideologia gender nelle scuole. Questa concezione dell’uomo  è incentrata sull’autodeterminazione assoluta dell’individuo; essa distingue tra “sesso” e “genere”: da un lato i due sessi, maschio e femmina, non modificabili; dall’altro il genere, labile, fluido, lasciato alle preferenze dell’individuo che decide ogni giorno se essere maschio, femmina, transessuale, queer, omosessuale, lesbica, ecc...o rifiuta radicalmente di definirsi. In tutto ciò è costante il tentativo di negare la parola a chi ha visioni differenti attraverso l’introduzione del reato di opinione (affermare che la famiglia naturale è composta da uomo e donna potrebbe figurare come “istigazione alla discriminazione”).

E’ chiaro quindi come le rivendicazioni Lgbt non siano affatto l’espressione del principio di uguale dignità di ogni persona, cosa peraltro indiscussa, bensì un attacco diretto alla famiglia, che verrebbe svuotata della propria identità nel momento in cui venisse ridefinita fino ad includere, come si chiede, qualsiasi legame affettivo.

Ma siamo certi che vi sia questa “ emergenza omofobia ”? Siamo sicuri che la categoria da tutelare oggi, in quanto discriminata, sia proprio quella delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali?

Per ottenere risposte a queste domande basta osservare la realtà analizzando i casi di “ omofobia ” riportati da telegiornali, quotidiani e blog:

1             Caso Richard Kennedy

Nel Maggio 2014 il ragazzo omosessuale inglese Richard Kennedy accusò la società qualificandola come “omofoba” sostenendo di essere stato aggredito da “gruppi omofobi”. La notizia fu colta immediatamente dai media che hanno descritto l’aggressione secondo la versione del giovane: “urlando insulti omofobi mi spinsero a terra, picchiandomi in testa”.

Pare proprio omofobia allo stato puro, se non fosse che la polizia inglese ha ritrovato poco dopo un filmato a circuito chiuso in cui si vede Kennedy inciampare e cadere con la faccia sul marciapiede. Ovviamente i media non riportarono la smentita della polizia.

2             Caso Paola Concia

La militante Lgbt Anna Paola Concia ha accusato nel Maggio 2014 il conduttore radiofonico Giuseppe Cruciani di essere “ricchione”. Nessuna associazione Lgbt si è mossa per la denuncia dell’attivista, ma se ad usare quel termine fosse stato una persona contraria alle rivendicazioni Lgbt? Sicuramente le associazioni Lgbt si sarebbero mosse rapidamente per una denuncia: allora è omofobia o no dare del “ricchione” a una persona?

 

3             Obeso-fobia

Uno studio condotto nel Maggio 2014 dall’University of California ha rilevato che la discriminazione contro gli studenti in sovrappeso aumenta lo stress e porta a mangiare in modo esagerato rendendoli vittime dell’obesità.

Ivan Scalfarotto oltre a non essersi basato su nessun dato statistico per la sua proposta di legge, non ha proposto alcun emendamento per la protezione di quelle persone vittime di “obeso-fobia”, fenomeno non trascurabile e diffuso (visti anche i gravissimi fatti recenti di Napoli).

4             Kit didattici anti-omofobia

Nel mese di Gennaio 2014 il presidente di Arcigay Milano ha rivelato che le scuole hanno presentato “pochissime richieste” di ricevere i “kit didattici” anti omofobia. Evidentemente nell’opinione pubblica non è così avvertita l’ “emergenza omofobia”.

5             Casa dei diritti

In Italia c’è talmente urgenza di difendere i diritti degli omosessuali che la “Casa dei diritti”, inaugurata a Milano nel dicembre 2013 per la difesa dei diritti e alla loro tutela contro la discriminazione di orientamento sessuale, rimane chiusa sei giorni su sette.

6             Dati tecnici

Nel gennaio 2014 dai dati forniti alla Commissione Giustizia del Senato dall’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), istituito presso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, è emerso che dal settembre 2010 sono pervenute 611 segnalazioni su presunti reati a sfondo discriminatorio motivati da origine etnica o razziale, genere, convinzioni religiose, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, età, lingua. 253 di queste riguardano atti discriminatori costituenti reato e tra queste il 57% è motivato dalla razza/etnia, il 27% dall’orientamento sessuale, l’11% dal credo religioso, il 2% da disabilità. Le segnalazioni circa l’orientamento sessuale sono dunque 83 in tre anni (una media di 28 all’anno): 35 casi sono offese come ingiurie/diffamazioni (il 42,17%, 11 casi all’anno); 33 casi riguardano aggressioni/lesioni (39,76%, 11 casi all’anno), 5 casi sono istigazione alla violenza omofoba (6,02%, 1,6 casi all’anno), 4 casi di danneggiamenti, 4 casi legati al suicidio della vittima (4,82%, 1,3 casi all’anno) e 2 casi di minacce (2,41%, 0,6 casi all’anno). Anche se un solo atto di discriminazione sarebbe già troppo, 28 casi all’anno di atteggiamenti omofobi non sono affatto un’emergenza. Inoltre ripetiamo che si tratta di segnalazioni, il che non vuol dire che di fatto ci sia stato un episodio discriminatorio: come per esempio fuori dalla discoteca di Varese dobìve è stato provato dai filmati che si trattava di una montatura.

Questi sono solo alcuni esempi che ci fanno sorgere una domanda: l’Italia è veramente un paese retrogrado ed omofobo? I dati parlano chiaro.

Del resto persino i ricercatori del Pew Research Center hanno classificato l’Italia all’ottavo posto tra i Paesi più gay-friendly al mondo.

Elia Buizza

 

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