29/04/2014

Pasolini: l’aborto permette al sesso di essere un bene di consumo

C’era un tempo in cui (alcuni) esponenti della sinistra italiana erano interessati al benessere a tuttotondo dell’uomo, professando l’importanza di non rendere materiali e banali i momenti più significativi.

C’era una sinistra che criticava il sesso vissuto come consumismo.

Poi abbiamo assistito alla deriva individualista, dell’utero-è-mio e delle femministe in piazza che sbandierano quelle che erano da considerarsi virtù fino a qualche anno prima. Atteggiamenti gretti, volgari.

Riproponiamo un’interessante analisi condotta da Tempi su cui ragionare. Ci permettiamo anche di consigliarvi la lettura di un altro nostro articolo sul tema, in cui Pier Paolo Pasolini si è espresso molto chiaramente sul tema dell’aborto, sesso e consumo.

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Karl Marx ha scritto: «Il borghese vede nella moglie un semplice strumento di produzione». Si capisce perché la sinistra un tempo era contro il “borghese” della fecondazione artificiale e, tanto più, era contraria alle unioni omosessuali. Basti ricordare le critiche rivolte a Pier Paolo Pasolini (il quale, oltretutto, era un vero candido nella sua omosessualità) dal Partito comunista e dagli “intellettuali” organici al Pci. Nulla a che vedere con gli attuali “democratici” (anche di casa cattolica), fervorosi sostenitori della fecondazione in vitro e del “matrimonio gay”.

Caratteristica dello sguardo intelligente sulla realtà di Pasolini fu cogliere come il libertinismo radical-chic uccisore di Dio e, quindi, dell’umano sia trasversale a tutte le componenti politiche. Nessuna esclusa. Ma andiamo con Pasolini.

«A proposito dell’aborto (argomento di allora, ma come non riferirlo ad ogni rivendicazione attuale nel campo della sessualità?, ndr) è il primo, e l’unico, caso in cui i radicali e tutti gli abortisti democratici più puri e rigorosi si appellano alla Realpolitik e quindi ricorrono alla prevaricazione “cinica” dei dati di fatto e del buon senso. Se essi si sono posti sempre, anzitutto, il problema (com’è giusto) di quali siano i “principi reali” da difendere, questa volta non l’hanno fatto. Ora, come essi sanno bene, non c’è un solo caso in cui i “principi reali” coincidano con quelli che la maggioranza considera propri diritti… Perché io considero non “reali” i principi su cui i radicali e in genere i progressisti (conformisticamente) fondano la loro lotta per la legalizzazione dell’aborto? Per una serie caotica, tumultuosa ed emozionante di ragioni. Io so che la maggioranza è già tutta, potenzialmente, per la legalizzazione dell’aborto. Esso è, senza dubbio, un’enorme comodità per la maggioranza. Soprattutto perché renderebbe ancora più facile il coito a cui non ci sarebbero praticamente più ostacoli. Ma questa libertà del coito della coppia, così com’è concepita dalla maggioranza – questa meravigliosa permissività nei suoi riguardi – da chi è voluta, promulgata e tacitamente fatta entrare nelle abitudini? Dal potere dei consumi, dal nuovo fascismo. Esso si è impadronito delle esigenze di libertà diciamo così liberali e progressiste e, facendole sue, le ha vanificate, ha cambiato la loro natura. Oggi la libertà sessuale è un obbligo, un dovere sociale, un’ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore. Risultato: la libertà sessuale “regalata” dal potere è una vera e propria generale nevrosi. La facilità ha creato l’ossessione; perché è una facilità indotta e imposta…».

Adesso prendete la parola “aborto” e traducetela nel gergo attuale. “Diritto riproduttivo” lo chiamano i poteri occidentali. Così come chiamano “loveislove”, l’amoreèamore, il puro e semplice consumo sessuale.

Ps. È bellissimo poi andarsi a rivedere gli articoli nei quali, sempre sul Corriere della Sera, Pasolini in quanto omosessuale, ma non conformista, rimanda ai mittenti gli attacchi di Franco Rodano, Natalia Ginzburg, Alberto Moravia, passando per Umberto Eco e Giorgio Bocca fino a tutto il fior fiore dell’intellighenzia di sinistra.

Carla Vites

 

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