15/03/2016

Gaystapo: non esistono assassini nel mondo LGBT!

La Gaystapo è riuscita talmente tanto a pervadere la società di ideologia omosessualista da imporre ai media il silenzio persino sulle verità più eclatanti.

“Non esistono omicidi in paradiso” è la frase centrale del film “Child ’44“, ambientato nella Russia stalinista: di fronte a ripetute uccisioni di bambini, le autorità sovietiche parlano di incidenti. Nel paradiso del comunismo, infatti, non potevano esserci omicidi, perché “l’omicidio è una degenerazione capitalistica”.

Ebbene, mutatis mutandis, da noi accade lo stesso anche oggi. Nel parlare dell’omicidio di Luca Varani, infatti, quasi nessuno ha sottolineato che i suoi assassini, Marco Prato e Manuel Foffo, sono omosessuali. E che il delitto è avvenuto in un contesto gay, fatto di alcol, droga ed orge. Perché?

Immaginiamo cosa sarebbe accaduto se la vittima fosse stata un ragazzo dichiaratamente omosessuale... O se il delitto si fosse consumato in una famiglia “tradizionale”... Cosa avrebbero detto giornali e Tg? Come avrebbero presentato il caso i talk-show? Avrebbero ovviamente gridato all’omofobia e denunciato la pericolosità del contesto familiare “tradizionale” (a differenza delle allegre e felici “famiglie” arcobaleno).

Eppure bisogna avere il coraggio di dire la verità, come lodevolmente ha già fatto qualcuno (ad esempio Marcello Foa): il palcoscenico su cui si è consumato questo “spettacolo” horror è stato quello di un “festino gay”. È vietato dirlo? Da una parte c’è l’ossessiva pubblicizzazione dell’omosessualità e si parla continuamente di cultura gay, locali gay, amore gay, e così via. Dall’altra, però, si sfodera un’inaspettata ritrosia nel momento in cui emergono fatti deplorevoli: in questi casi si invoca la privacy. La contraddizione è lampante.

Ora, se è vero che gli assassini sono tali non in quanto omosessuali, è altrettanto vero che quel genere di “feste” – ormai molto diffuse nella comunità LGBT, tanto da essere diventate un’emergenza in Inghilterra – di certo favoriscono il Male. Di ogni tipo e ad ogni livello. Va infatti di moda il chemsex, rapporti sessuali di tipo orgiastico che durano giorni “grazie” all’ausilio di cocaina e alcolici. Per non parlare poi di quanto accade nei locali della movida gay: i particolari – davvero raccapriccianti – li risparmiamo, ma basta navigare in internet ed ascoltare i loro frequentatori per averne un’idea... gaystapo_Marco-Prato_gay_bavaglio_Scalfarotto_Mancino_omofobia_gaystapo

Denunciare questo stato di cose non è omofobia, ma l’esatto contrario. Tacerlo in nome dell’ideologia omosessualista è invece criminale. Nonostante la propaganda e le minacce della Gaystapo, è evidente come il gay (come qualsiasi essere umano) non sia sempre e solo un vittima. Può anche essere un carnefice. Ed uno spietato e sanguinario carnefice. Soprattutto se il suo stile di vita è quello di Marco Parto, Manuel Foffo e, purtroppo, di tanti altri come loro.

Bisogna ammettere pure che forse il mondo LGBT non è così gaio come alcuni vogliono far credere. A quanto pare c’è dietro molto dolore, mascherato dallo sballo, dagli eccessi, dalla ricerca del piacere fine a se stesso. Un piacere mai del tutto appagante e dunque frustrante. Tanto che si cerca sempre di andare verso nuove frontiere, al di là di ogni limite. Fino ad arrivare alla brutalità più orripilante e all’abbrutimento più degradante. Per i quali non vi sono scuse od attenuanti che tengano.

Siamo sicuri allora che la risposta a questa condizione sia il “vietato vietare”? È davvero tutta colpa della società omofoba? Siamo sicuri che la soluzione stia nel totale sdoganamento della condotta omosessuale? E se associazioni come Courage anziché essere stigmatizzate dalla Gaystapo e dai suoi Quisling, venissero aiutate e fatte conoscere?

Federico Catani

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