02/07/2016

Robot con “personalità”. È la fine dell’umano?

Pare che l’occupazione preferita degli inquilini di Bruxelles sia quella di delegittimare la propria posizione, impegnandosi in mozioni che non hanno alcun senso. Come ad esempio l’ultima trovata sui robot.

Non stiamo scherzando, è la triste verità.

In un mondo che va a rotoli e dove l’attenzione verso le persone fa acqua da tutte le parti, La Repubblica c’informa che il Parlamento Europeo si occupa di robot e lo fa con una mozione volta a dotarli di una “personalità elettronica”, con tanto di diritti e doveri.

Il testo della mozione in questione è stato presentato al Parlamento Europeo da Mady Delvaux, del partito operaio socialista del Lussemburgo e ha come motivazione di fondo il fatto che nel 2015 la vendita di robot – usati nelle industrie, ma anche negli ospedali e nell’assistenza degli anziani – è cresciuta del 29% e i brevetti nell’ultimo decennio sono triplicati.

Si tratterebbe, in pratica, di una quarta legge della robotica, che andrebbe ad aggiungersi alle tre elaborate negli anni Quaranta da Isaac Asimov. Se non fosse, però, che quest’ultima proposta andrebbe a negare le precedenti, dato che la prima cita: «Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno». E il fatto che un robot sia dotato di una “personalità” non è forse un danno, a diversi livelli, nei confronti degli esseri umani?

Naturalmente, non saremo noi a negarlo, è giusto sfruttare la tecnologia affinché faciliti la vita delle persone e ne migliori la qualità di vita. Tuttavia anche qui, come nel caso del progresso scientifico, non tutto quanto è possibile è automaticamente lecito. Ci sono dei confini che non è corretto oltrepassare, e il rispetto e la dignità della vita umana sono tra questi. Infatti, come non è lecito decidere se una vita umana è degna di vivere (nel caso dell’aborto, ma anche dell’eutanasia), così non è corretto attribuire a dei robot delle prerogative – come lo sono i diritti e i doveri – che sono assolutamente ed esclusivamente umane.

Nel primo caso è l’uomo che si fa dio, nel secondo è l’uomo che si declassa alla stregua di una macchina. E, in tutto questo, a perderci è l’umano.

Come mai stiamo assistendo a tutto questo? La domanda è legittima e, anzi, doverosa. La risposta non è tuttavia così semplice. Proviamo ad avanzare un’ipotesi, di certo parziale: forse perché essere persone e vivere da persone e tra le persone è difficile. Richiede uno sforzo costante di riscoperta di sé e dell’altro, nell’accettazione dei limiti propri di ogni persona e nella valorizzazione delle differenze. Richiede di vedere nell’altro una persona pari a sé per dignità e potenzialità, e dunque non manipolabile a piacimento. E, infine, richiama al fatto che la vita è un mistero e, proprio in quanto tale, non è totalmente controllabile.

Teresa Moro


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