19/11/2015

Stepchild adoption – I paradossi dell’adozione gay [Parte 2/2]

Pubblichiamo la seconda parte dell’articolo di Alessandro Benigni in merito alla stepchild adoption.

L’Autore in chiusura alla prima parte (che si può leggere qui) si domandava come sia giusto comportarsi nei confronti dei bambini che vivono con una coppia omosessuale e la risposta cui era giunto è: “Niente. Si fanno le stesse cose che si fanno per qualsiasi altro bambino orfano di padre o di madre”. 

Ci sono almeno un paio di buoni motivi per cui non è necessario fare scelte diverse rispetto a quelle che si farebbero con altri bambini.

1) il bambino è stato reso orfano di un genitore, è stato deprivato per sempre della mamma o del papà. Se dovesse venire a mancare anche quello restante, il suo diritto, la sua tutela, il suo bene, consiste nell’avere, come tutti, un padre e una madre. E non vale l’argomento-ricatto dell’affetto (“... e come la mettiamo con il compagno del padre o la compagna della madre? Il bambino si sarà affezionato all’altra “mamma” o all’altro “papà”, come si fa a separarli?”), perché nessuno vuole impedire che il bambino mantenga rapporti affettivi con figure positive per lui di riferimento. Solo che, daccapo, il suo diritto non si esaurisce qui, solamente nel mantenere un rapporto con una figura di riferimento, ed anzi si fa ancora più vivo il diritto-bisogno primario: avere un padre e una madre, una famiglia vera.

Per quanto ne so, il nostro paese è ricco di famiglie generose che accolgono i bambini in affido ed altrettante che si rendono disponibili per l’adozione, pronte ad amare incondizionatamente un bambino rimasto orfano, con dedizione assoluta. Tanto più se si tratta di una creatura già così duramente e crudelmente ferita, al solo scopo di accontentare l’egoismo degli adulti. Uniche, le coppie genitoriali naturali composte di maschio e femmina, quindi con le figure di padre e madre, che possono a buon diritto supplire il padre e la madre originari che il bambino ha perduto.

2) Non si può passare, senza indiscutibili motivi, da un dato di fatto a una pretesa di diritto. Non è lecito per nessuno, nemmeno per le coppie omosessuali, per le quali ci si avvia a stabilire leggi speciali in deroga non solo al buon senso, alla logica, ma anche ai diritti più elementari dei bambini. Non è infatti scontato che sia lecito trapiantare bambini in coppie dello stesso sesso dopo averli volontariamente resi orfani di padre o di madre e non è che siccome “tanto ormai ci sono” che automaticamente questa situazione abnorme diventa accettabile, giustificabile, o legalmente stabilita.

Infatti:

3) Il bambino adottabile (come tutti i bambini ma soprattutto quelli che non sono rimasti orfani per una disgrazia bensì per volontà degli adulti) ha subito un danno gravissimo. Il bambino adottato ha, più degli altri, bisogno di un padre e una madre, ha bisogno di vedersi ricostruita una plausibile catena della filiazione. Questo stato di perdita, questa mancanza originaria, è vissuta dal bambino come una ferita molto profonda, accentuata dalla percezione della diversità oggettiva della propria condizione rispetto a quella della maggior parte dei coetanei. Peggio: a metterlo in questa oggettiva condizione di discriminazione sono stati gli adulti che ne hanno “cura” (ma che cura può esserci in una relazione che prende avvio con una deprivazione volontaria della mamma o del papà?). Dico adulti che ne hanno “cura” in quanto non so come altro chiamarli, visto che “genitori” certamente non sono: nessuno è stato generato da genitori dello stesso sesso.

Inoltre il bambino orfano cerca i suoi punti di riferimento in un padre e una madre – come qualsiasi altro bambino – e aspira a ritrovare ciò che ha perduto. Sia che abbia uno solo dei due genitori, sia che li abbia perduti entrambi. Nel più profondo di se stesso, visceralmente, egli desidera riavvicinarsi alla cellula base che gli ha donato la vita: un padre e una madre. Che se ne fa di due (o tre, perché no, a questo punto?) uomini? Gli mancherà sempre la madre. Che se ne fa di due o più donne? Gli mancherà sempre il padre. Il bambino adottabile deve di fatto subire il doppio trauma simultaneo della perdita e della doppia identità familiare. In questo caso sarebbe triplo, perché una coppia same-sex non può evidentemente ripristinare la catena della filiazione crudelmente recisa.

Più di un altro, il bambino ha bisogno di recuperare una filiazione biologica evidente. Poiché, più di un altro, non crede più (e come potrebbe?) di discendere dal frutto di un amore. Qualcosa è andato storto e non può riconoscersi in una storia che lo identifichi: non ha gli occhi di nessuno e non si riconosce in nessuno della sua famiglia. È inoltre frequente che il bambino adottato rigetti uno dei due sessi. E’ dunque fondamentale che possa identificarsi con due genitori reali, quindi di sesso differente: a sua madre, poiché ha bisogno di riconciliarsi con la donna; a suo padre per conoscere la presenza di un uomo senza cui sua madre non avrebbe potuto avere bambini.

Per questi fatti, evidenti, l’adozione (anche nella forma della stepchild adoption) da parte di una coppia omosessuale aggrava di fatto il trauma del bambino abbandonato, anziché attenuarlo, in quanto la catena della filiazione viene doppiamente spezzata: nella realtà dei fatti dal suo abbandono, nella sfera simbolica dal fatto dell’omosessualità dei suoi genitori adottivi.

A un bambino già profondamente ferito dal suo passato, si ha il diritto di imporre di adattarsi alla situazione affettiva dei suoi genitori, differente sia da quella della maggioranza degli altri bambini sia da quella che egli aspira a ritrovare?

Incombe forse sul bambino adottato il dovere di adattarsi alle scelte di vita affettiva dei suoi genitori?

L’adozione è destinata a riparare una situazione di difficoltà per il bambino, non a fissarla per sempre. È dunque indispensabile discernere bene la richiesta di ogni coppia che faccia domanda di adozione: il bambino è adottato per se stesso o per soddisfare un bisogno di coppia? La coppia vuole rimediare alla situazione di difficoltà del bambino o desidera rimediare alla sua situazione dolorosa di non poter avere figli?

Beninteso, una coppia non adotta un bambino se non ne sente il bisogno. Però, bisogna vigilare affinché l’interesse del bambino sia prioritario, come si desume dal nostro diritto di famiglia: ogni bambino ha diritto a una famiglia, in primo luogo alla sua, e – in mancanza della sua – quella che ha la vocazione a diventare la sua per adozione, se tale è il suo interesse. Con un padre e una madre che possano ripristinare la catena della filiazione. Come stabilito a chiare lettere dalla Convenzione internazionale dei dritti del fanciullo (cfr. articolo n. 7). Ecco perché è necessario ricordare che desiderare un bambino non è sufficiente per adottarlo, e che le soluzioni compassionevoli e apparentemente semplici non sono sempre delle buone soluzioni: è possibile causare molte ferite in nome del bene.

Bisogna chiedersi: del bene di chi?

Dobbiamo ricordarlo per l’ennesima volta: il fine dell’adozione è dare un padre e una madre al bambino che li ha perduti, ripristinando la catena della filiazione prematuramente e dolorosamente recisa. E non invece dare bambini ad adulti dello stesso sesso che li pretendono, magari al solo scopo di scimmiottare una impossibile normalità o perché si sentono soli. Per quello esistono i cani da compagnia, si vanno a comprare.

Con gli esseri umani ci si comporta in un altro modo.

A meno che non si voglia tradire per primi la propria umanità e porsi con le propria scelte in una condizione di crudeltà bestiale, dalla quale risulta difficile richiedere qualsiasi diritto, anche quelli effettivamente dovuti.

Alessandro Benigni

DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DAI TENTATIVI DI

LEGALIZZAZIONE DELLE UNIONI CIVILI

 

Firma anche tu!

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.