05/05/2016

Uomo, chi sei? Il corto circuito scienza-morale

Oggi, che l’evolversi della ricerca e la continua sperimentazione di nuove tecniche rischiano di ridurre l’uomo e la natura a meri oggetti senza verità, anche la vita e la morte sono divenute manipolabili (ne parlavamo qui).

L’origine dell’uomo e la sua fine avvengono, infatti, secondo i tempi e nei luoghi della tecnologia.

Scegliamo chi ha il diritto di vivere e chi non lo ha, selezionando aprioristicamente un prototipo di ‘uomo perfetto’ (sulla base quali criteri, poi?). Abbiamo la capacità di seguire la prima entità umana, e cioè lo zigote, nella progressione del suo ciclo vitale. Possiamo generare in provetta e crioconservare embrioni, ossia persone. Possiamo intervenire direttamente sul genoma, tentando la generazione di individui con caratteri predeterminati dal ricercatore. Siamo in grado di curare malattie che fino a pochi anni fa avrebbero portato alla morte. Possiamo prolungare la vita umana oltre quello che da sempre è apparso come il suo limite naturale, verso uno stadio in cui essa dipende esclusivamente da un marchingegno tecnologico, perché il paziente non avrebbe alcuna possibilità di farcela da solo.

Ma non basta: assistiamo allo sconvolgimento dei convincimenti base relativi alla nascita, al corpo, al sesso, alla coppia umana. Nozioni elaborate fin dai primordi della civiltà sono oggi contestate, attaccate, rovesciate. Ingegneria genetica, controllo della fecondazione umana, trapianti d’organo disegnano altrettanti campi di azione e di investigazione scientifica capaci di intervenire finanche sulla stessa costituzione fisica. L’uomo stesso è divenuto manipolabile!

Ma, insieme alla sbalorditiva conquista di tecniche e conoscenze fino ad ieri impensabili, si evidenzia il rischio di inconcepibili paradossi o di banalizzazioni del senso della vita, della nascita, delle relazioni fondanti l’identità stessa della persona, come quella madre/figlio. I criteri di selezione, crioconservazione, impianto degli esseri umani allo stadio embrionale trasformano di fatto la riproduzione in una filiera e l’essere umano in una sorta di derrata deteriorabile. Quanto poi ai criteri per giudicare della continuazione o della fine di un trattamento in caso di stato vegetativo persistente, la considerazione del rapporto costi-beneficio risulta spesso preponderante.

Fecondazione artificiale, aborto sesso – selettivo (anche in Occidente), utero in affitto, clonazione, testamento biologico, accanimento terapeutico, eutanasia... pongono interrogativi ormai inderogabili, sia sul piano morale, sia su quello giuridico. C’è ancora qualcuno cui importi dell’uomo? In questione non è, infatti, una singola convinzione, ma l’intero impianto concettuale sotteso alla percezione e interpretazione dei valori e delle obbligazioni etiche. “E’ come se tra sapere scientifico e morale fosse scattato un corto circuito”, ha scritto il filosofo Aniello Montano, recentemente scomparso.

mani_dita_uomo_diritti umani, diritti dei bambini, diritti lgbt, diritto naturale, complementarietà uomo e donna, stato eticoA fronte del fatto che i confini del lecito non coincidono più con quelli del tecnicamente possibile, emerge la necessità di regolare moralmente e giuridicamente quelle tecniche, ponendo un limite ad un loro indiscriminato utilizzo. Si richiede, in particolare, di precisare il limite tra potere tecnico e potere umano, fra tecnicamente realizzabile ed eticamente possibile. Quanto alla separazione tra il piano dei fatti e quello dei valori, essa non sembra più reggere l’impatto della concreta prassi biomedica, perché non ci si può preoccupare solo della scelta dei mezzi, senza preoccuparsi dei fini in vista dei quali questi sono utilizzati.

L’etica, che fino ad ieri sembrava marginalizzata di fronte alla pervasività della tecnologia e della razionalità strumentale, ritorna attuale. Non ritorna, beninteso, la presunzione delle risposte totali ed esaustive, tipica dei saperi onnicomprensivi del passato, ma rinasce una domanda autentica di eticità circa i fini, la responsabilità, i vincoli morali, il rispetto verso uomini, animali e cose.

Il problema della fondazione e giustificazione delle scelte morali sembra essere divenuto il problema del nostro tempo. E prepotente riemerge il desiderio di dare dignità alla vita, come ebbe a scrivere il cardinale Ersilio Tonini 30 anni fa: “L’umanità è entrata nella fase più inaudita della sua storia, l’età in cui l’immensa potenza dell’uomo l’ha immesso in un nuovo ordine di grandezze etiche. Responsabile infatti è divenuto non più soltanto della rettitudine delle sue azioni, ma dell’integrità della specie stessa; responsabile inoltre degli effetti della propria condotta, ma anche e soprattutto dei suoi riflessi a grandi distanze, per quanto durerà la vita dell’uomo sulla terra... E quest’è la grande novità storica: che al centro della grande questione sociale e politica di natura mondiale non sta più lo statuto delle nazioni, ma semplicemente lo statuto dell’embrione. (…) al punto in cui tale sviluppo è giunto, esso dipende interamente dal sapere che cos’è l’uomo al suo principio, nel suo germe” (Genetica. Il tempo della Grande Sfida, in Avvenire, 25 Settembre 1986).

Collegato ai grandi temi etici, si ripropone quindi, e con drammatica urgenza, il ‘problema uomo’.

Perché si rende evidente che la macchina tecnologica non elimina, ma lascia sussistere, ai margini della condizione umana, miserie morali e solitudine. Nei luoghi del dolore e della cura, nei luoghi della morte o, all’opposto, nei luoghi dove il figlio che non arriva è oggetto di un’accanita ricerca, riemergono, infatti, con forza domande sul significato “del dolore, del male, della morte, che malgrado ogni progresso continuano a sussistere (Gaudium et spes, Costituzione pastorale su “La Chiesa nel mondo contemporaneo”).

E riemergono con ‘nuova acutezza’, lacerando coscienze e dividendo l’opinione pubblica. In tal caso, la ‘questione uomo’ si rivela quella decisiva.

Clemente Sparaco


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