19/10/2015

Utero in affitto – Un bimbo privato della mamma “per amore”

Qualche giorno fa su Repubblica.it è stata pubblicata una storia pietosa di utero in affitto.

Due poveri “genitori d’intenzione”, pieni d’amore, senza un figlio a cui poterne dare, “disperati” comprano un bambino in Russia, paese d’origine di lei.

Ma i due incappano nelle maglie della giustizia: “Sono finiti dentro un incubo. Alla loro porta hanno bussato i carabinieri che hanno consegnato ai due un avviso di garanzia: rischiano fino a 3 anni di carcere e un multa fino a 1 milione di euro per quel piccolino che non li fa dormire di notte per quanto ha fame. Puniti per aver voluto un figlio, ad ogni costo”.

E continua così, il pezzo della Repubblica, con tanta tenerezza per lui, che è operaio, e lei che è una colf: come potranno mai pagare una multa così esosa? Un figlio, quindi, se lo potranno permettere solo i ricchi? (tipo Elton John o un qualche Senatore della Repubblica, democratico fino all’osso, per capirci).

Poverini.... Poverini? Ma i soldi per comprare il bambino ce li avevano: minimo minimo un 50.000 euro. Senza contare i viaggi, che avranno fatto in aereo...

Va bene. Immaginiamo che abbiano stretto la cinghia, contratto mutui e prestiti, vissuto a pane ed acqua. Allora, sì, poverini...

E quella donna che hanno pagato e che ha rinunciato per soldi al frutto del suo seno? Sarà poverina anche lei?

elton-john_Gesù_gay_ utero-in-affittoLe prostitute anche vendono il loro corpo per soldi (per poche ore e in modo molto meno coinvolgente): nella maggior parte dei casi sono costrette dal bisogno, dal “giro” in cui sono finite, dagli sfruttatori: ci fanno pena, le prostitute. Queste mamme-utero no? I clienti, delle prostitute, invece, giustamente, non ci fanno pena neanche un po’: anzi dove si riesce ad arginare il “mestiere più vecchio del mondo” è proprio là dove si puniscono più severamente i clienti.

Questa coppia di poveri “genitori” disperati, alla fine, hanno sfruttato una donna, hanno approfittato del suo stato di bisogno. Non si sono limitati a usare il suo corpo, come si fa con le donne di strada. Hanno succhiato per nove mesi il suo sangue, i suoi umori, la sua fatica, strappandole il bambino che è cresciuto del suo sangue, dei suoi umori, del suo respiro: non sono poi tanto “poverini”. E’ certamente più povera lei.

Ma soprattutto e prima di tutto: il vero poveretto della situazione è proprio quel bambino, comprato come una cosa, strappato dal seno che l’ha cullato per nove mesi, strappato da quell’odore, da quel sapore, da quel battito di cuore, da quella voce che era tutto per lui, era tutto il suo mondo.

I compratori, i committenti, gli vorranno tanto bene? Non gliene hanno voluto abbastanza, però, da evitargli quel trauma (che nessuno saprà mai quantificare). Anzi l’hanno proprio congegnata loro tutta la situazione dolorosa per il piccolo. Non li fa dormire la notte? Saranno le stesse urla inconsolabili del figlio di Elton John che – per ammissione dello stesso cantante – non si calmava neanche quando arrivava il latte materno con l’aereo privato dall’America.

Non sono per niente affatto poverini, quei due.

Hanno sfruttato una donna, hanno fatto del male a un neonato. Devono pagare. Se li condanneranno e passeranno tutta la vita a pagare la multa, sarà una giusta punizione. Forse neanche abbastanza esemplare.

E  – se la giustizia fosse giusta – dovrebbe colpire nello stesso modo tutti quelli che arrivano dall’estero con questi poveri bambolotti di carne umana: a cominciare da quelli che siedono sugli scranni del Parlamento.

Non lasciamoci impietosire dall’abilità dei giornali e delle riviste che ci presentano sempre il “caso pietoso”: le storie ce le raccontano dal punto di vista dei più forti. Nessuno parla in nome di chi – innocente e indifeso – viene leso nella dignità. Ai media politicamente corretti, a certi cantanti ricchi e a certi potenti Senatori, del diritto del bambino ad essere cullato e cresciuto dalla mamma che l’ha messo al mondo, non importa proprio niente.

A noi sì. Per questo siamo qui. E abbiamo bisogno che tu, che stai leggendo, ci aiuti a gridare più forte, per dar voce a chi non ha voce.  

Francesca Romana Poleggi

DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DAI TENTATIVI DI

LEGALIZZAZIONE DELLE UNIONI CIVILI

 

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