30/04/2013

Aborto, il sonno della ragione

La storia del dottor Nathanson, alfiere della rivoluzione sessuale degli anni ’60

È chiaro che l’aborto è una deliberata distruzione di quella che indiscutibilmente è una vita umana. È un inaccettabile atto di violenza mortale”. La citazione non è di qualche vecchio trombone moralista religioso e bigotto, ma di un medico americano, specializzato in ostetricia e ginecologia. Un medico che – come da lui stesso dichiarato – ha praticato circa 75mila aborti.

Ateo convinto, fu tra i padri morali della legge del 1973 che liberalizzò l’aborto negli Stati Uniti. Ma proprio mentre militava nelle schiere del movimento abortista, le nuove tecnologie mediche dell’epoca gli rivelarono un fatto innegabile: “Ultrasuoni e dispositivi di monitoraggio fetale hanno aperto una finestra sul grembo materno. Abbiamo potuto osservare il bambino allontanarsi dai pericoli e rispondere ai rumori forti. Il monitor fetale ci ha permesso di sentire il battito del suo cuore. Le mie ricerche con questi strumenti hanno dimostrato che già prima di nascere il bambino è completamente un essere umano”.

Fu per questi motivi che Bernard Nathanson giunse ad una graduale ma totale trasformazione (culminata infine nella conversione al cattolicesimo nel 1996), tanto che arrivò perfino ad impegnarsi attivamente in difesa di quel diritto alla vita che per ragioni esclusivamente ideologiche aveva negato. Celebre è quel suo documentario del 1984, L’urlo silenzioso, in cui mostrò l’aborto in tutta la sua cruda realtà, riprendendo tramite ecografia tutta la procedura e spiegando la tecnica utilizzata per effettuare l’intervento. “La fetologia ha reso innegabilmente evidente che la vita inizia dal concepimento e che richiede tutta la protezione e la salvaguardia che ognuno di noi desidera per se stesso. Come scienziato so – non credo, ma so – che la vita ha inizio con il concepimento”.

E, si badi bene, le convinzioni del fu dottor Nathanson (morto due anni fa) non costituiscono certo un’eccezione nel mondo scientifico: tra gli scienziati che non hanno interessi acquisiti nella questione aborto, esiste un consenso schiacciante nel sostenere che la vita umana ha il suo principio nel concepimento. Come già sosteneva il dottor Jerome Lejeune, professore di genetica all’università Descartes di Parigi (lo scopritore dell’anomalia cromosomica nella sindrome di Down), “non è una questione di gusto o di opinione e nemmeno una disputa metafisica, ma una chiara prova sperimentale: dopo che la fecondazione ha avuto luogo, un nuovo essere umano si forma”. O, per dirla con le parole del professor Alfred Bongiovanni, “la vita umana è presente durante tutta la sua sequenza dal concepimento alla maturità e qualsiasi interruzione in un qualunque momento di questo periodo fa cessare una vita umana. Se questi primi stadi di sviluppo nel grembo materno rappresentano un essere umano incompleto, allora anche il ragazzo, prima dei radicali cambiamenti della pubertà, non è un essere umano. In entrambi i casi siamo di fronte a vita umana, anche se a diversi livelli di sviluppo”. Nel 2009, il genetista Nicolas Jouve, docente presso l’Università di Alcalá de Henares, ha presentato e diffuso un manifesto in difesa della vita umana nascente, raccogliendo l’approvazione e l’adesione di oltre 2.200 tra professori universitari, ricercatori e medici di tutte le specialità, alte cariche dello Stato, direttori di enti sociali e scrittori.

Dunque la scienza (e la logica, oserei aggiungere) ci dicono che l’unico salto fondamentale per la nascita di una nuova vita è il concepimento, la formazione di un nuovo corredo genetico che contiene già il progetto di vita di un nuovo individuo. Utilizzare termini come embrione, feto, massa di tessuto, ammasso di cellule non cambia le cose: la semantica influenzerà pure le percezioni, ma non modifica la realtà.

Solo perché ad un livello di sviluppo anteriore rispetto ad un bambino già nato, resta il fatto che stiamo parlando di un essere umano. Forse che un infante che sta imparando a camminare non è un essere umano perché ancora non è un adolescente? E un adolescente non è umano perché ancora non è un adulto? Il livello di sviluppo semplicemente non ha nulla a che fare con l’appartenenza alla specie umana. Così come il valore di una persona non ha nulla a che fare con le sue dimensioni, le sue capacità o il suo quoziente intellettivo. Altrimenti sarebbe come se un giocatore di basket di 2 metri fosse più persona di uno alto un metro e mezzo! Come scritto da Randy Alcorn nel suo libro Dalla parte della vita, “età, dimensioni, quoziente di intelligenza, o livello di sviluppo sono semplicemente differenze di grado, non di qualità”. La nostra specie è l’umanità, “siamo in possesso di determinate capacità a livelli e gradi differenti”, ma ciò “non rende alcune persone migliori o più umane di altre”, questo “non qualifica alcune a vivere ed altre no”. La scienza sarà pure neutrale di fronte all’aborto, ma di certo non lo è davanti al fenomeno biologico dell’esistenza della vita del nascituro che si intende eliminare.

Già nel ’75, dalle pagine del Corriere della Sera, Pier Paolo Pasolini lanciò il suo sconcerto: “Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio”.

Sono passati trentasette anni da allora, l’infanticidio (come dovrebbe essere chiamato l’aborto) è divenuto ormai di routine nella nostra società, anzi addirittura sbandierato come una conquista di civiltà, come una vittoria della libertà di scelta. Una conquista che in soli dieci anni (dal 2000 al 2009, dati del Ministero della Salute), ha ammazzato nel nostro paese quasi un milione e mezzo di bambini. Un milione e mezzo di italiani in meno: abbiamo in pratica cancellato dalla cartina geografica una trentina di città popolate come Acerra.

Certo, invece che con il suo nome, abbiamo chiamato questa strage interruzione volontaria di gravidanza, cercando di nascondere l’orrore sotto le parole. Abbiamo costruito un castello di carte, altissimo e colorato. Dove le carte sono tutti i buoni motivi comunemente addotti per giustificare l’aborto legalizzato. Eppure basta un soffio, un urlo silenzioso, e il castello crolla.

di Antonio Schiavone

banner Ireland

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.