Un recente tentativo di legalizzare l’eutanasia (o suicidio assistito) nel Regno Unito era andato a vuoto: la Camera dei Comuni aveva bocciato in modo deciso e inappellabile una proposta di legge in tal senso.
Il giudice Hayden della British Court of Protection, invece, pochi giorni fa ha permesso di sospendere cibo e idratazione ad una paziente di 68 anni, affetta da sclerosi multipla, in “stato di coscienza minima”.
Cosciente, quindi. Sia pur minimamente, come Terri Schiavo o Eluana Englaro.
Nessuno si è opposto alla decisione della Corte.
Le dichiarazioni rilasciate alla stampa dalla figlia della signora “X” (non è stato detto il nome), risuonano delle solite parole piene di “pietà, dignità, vita degna di essere vissuta”, e così via.
È la prima sentenza di questo genere, nel Regno Unito.
E purtroppo potrebbe essere l’apripista, un pericoloso precedente, per somministrare l’eutanasia a persone malate, vulnerabili, anche non consenzienti.
La nutrizione, l’idratazione, il sollievo dal dolore non possono essere negate a nessuno. Il cibo e l’acqua non sono “trattamenti sanitari”, medicinali con cui ci si accanisce a tener vivo chi sarebbe clinicamente morto.
Abbiamo spiegato, pochi giorni fa, che la legalizzazione del suicidio assistito e dell’eutanasia può equivalere a istigazione al suicidio per persone anziane o disabili.
Qui si va oltre. Qui si fa morire di fame e di sete una persona senziente, la cui volontà attuale non si può davvero conoscere: si presume? Ma i margini di dubbio sono davvero elevati.
Redazione
Fonte: National Right to Life News