20/09/2015

Gender: Brandi spiega qual è la vera bufala

La scienza ha già dimostrato che la teoria gender è una bufala.

La frase di Simone De Beauvoir «Donna non si nasce, lo si diventa» rappresenta lo slogan che sintetizza il credo di questa teoria.

Essa parte dall’ipotesi che bambini e bambine – al di là del sesso biologico – non siano differenti. Il processo di differenziazione sarebbe unicamente un prodotto sociale/culturale che inculcherebbe, fin dalla più tenera età, stereotipi che vedranno la bambina assumere certi comportamenti, mentre il bambino altri. Sono i genitori e l’ambiente, quindi che impongono certi comportamenti.

Chaz Bono afferma che «La tua identità di genere riguarda chi sei, cosa ti senti di essere e il sesso che vuoi manifestare» e il Giudice della Corte Suprema, Ruth Bader Ginsburg ha dichiarato: «L’amore materno non è nato come tale. In un certo senso è un mito che gli uomini hanno creato per far sì che le donne pensassero che loro svolgono questo lavoro meglio di chiunque altro». Perciò, secondo questi “filosofi”, non esiste niente di innato al di là dell’aspetto estetico: l’istinto materno femminile è una costruzione culturale (un ruolo creato da una cultura maschilista per liberarsi dall’obbligo di seguire i figli) al pari dell’idea che l’uomo sia fisicamente più forte della donna (la donna è fisicamente più debole perché per millenni la cultura maschilista l’ha relegata a una dimensione domestica e non gli ha permesso di sviluppare la sua forza).

Anche la femminista radicale Judith Butler sostiene che «i ruoli maschili e femminili non sono determinati biologicamente ma sono costruiti socialmente». Perciò ciascuno può scegliere il proprio “genere” secondo ciò che si “sente” di essere: gay, lesbica, bisessuale, transessuale e decine e decine di altri “generi” (ultimamente ne hanno contati 71….).

La cosa più assurda di questa bizzarra ideologia è che chi la sostiene non si preoccupa minimamente del fatto che le sue affermazioni sono contraddette palesemente dal mondo scientifico, oltre che dal senso comune. Che le differenze biologiche tra i sessi siano naturali e strettamente connesse con la differente biologia maschile (presenza del cromosoma Y) e femminile (assenza del cromosoma Y) è una cosa talmente evidente che è quasi imbarazzante doverlo dimostrare.

Perciò la rivoluzione del gender rappresenta la più radicale e più pericolosa rivoluzione antropologica che la società umana abbia mai visto dal suo inizio. Milioni di euro sono spesi dagli enti locali, dal MIUR e dall’UNAR per promuovere il gender, e di conseguenza l’omosessualità e la transessualità fra gli studenti, sin dagli asili nido. I progetti di questo tipo, con il pretesto di educare all’uguaglianza e di combattere le discriminazioni, il bullismo e la violenza, spesso promuovono l’ignorare le differenze biologiche fra i due sessi, l’equiparare ogni orientamento sessuale e ogni tipo di “famiglia”, la scelta del proprio “genere” e sessualizzazione precoce dei nostri figli. Nei paesi nordici, considerati “fari della civiltà” da molte persone, hanno speso decine di milioni di dollari per promuovere l’ideologia gender nella società. Per più di 30 anni è stato finanziato il “Nordic Gender Institute”, fin quando numerosi scienziati hanno provato che la teoria del gender era una vera e propria bufala. Tre esempi fra tanti: il prof. Lippa ha condotto uno studio su 200.000 soggetti in 53 paesi e ha confermato che gli uomini tendono a scegliere professioni diverse dalle donne e viceversa. Il Prof. Disieth, del National Hospital di Oslo, ha studiato, invece, le differenze di genere, con l’aiuto di 10 giocattoli (maschili come auto, palloncini ...) ed altri più femminili (bambole, ecc,..). Ebbene, bambini di pochi mesi lasciati liberi nell’ambiente si sono diretti spontaneamente ai giocattoli attinenti al proprio sesso. Il Prof. Simon Baren-Cohen del Trinity College di Dublino ha invece condotto uno studio su neonati di un giorno osservando il comportamento degli stessi davanti a immagini di un dispositivo meccanico e di un volto, e ha riscontrato che la neonata passa più tempo ad osservare il volto e il neonato più tempo ad osservare il dispositivo meccanico. Perciò il “Nordic Gender Institute” è stato chiuso.

Come mai i nostri media sembrano tutti o negare le teorie del gender o sostenerle e non ci raccontano l’esperienza che viene dal civile nord Europa?

Antonio Brandi

Questo articolo è apparso sul quotidiano Il Tempo

DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DALLA LEGGE CIRINNA’

 

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