22/07/2015

Matrimonio gay, unioni civili e CEDU: un po’ di chiarezza

Prima di commentare – molto brevemente – la sentenza della CEDU nel caso “Oliari e altri contro l’Italia”, che – tutti dicono – imporrebbe il matrimonio gay all’Italia (chi vuole può leggerla qui: Case Oliari et al. vs. Italy) ci sembra necessario chiarire qualcosa su questa CEDU.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è un organo della Convenzione Europea per la Salvaguadia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, nata in seno al Consiglio d’Europa, un organismo internazionale fondato con un trattato a Londra nel 1949.

Semplificando un po’, si può dire che il Consiglio d’Europa è una “specie di ONU”, con finalità simili, solo che creata in ambito europeo. Vi hanno aderito una cinquantina di Stati: non solo Stati appartenenti all’UE, come l’Italia, ma anche altri, come la Turchia, la Russia, ecc.; la CEDU (in inglese European Court of Human Rights, ECHR) è un tribunale che giudica sui ricorsi dei cittadini degli Stati aderenti che lamentano la violazione dei suddetti diritti.

Quindi la CEDU e l’UE sono due cose diverse l’una dall’altra. Stare nell’Euro o nell’UE non ha niente a che fare con l’adesione al COE o alla CEDU (la confusione, però è comprensibile perché a volte si usa l’espressione “Consiglio d’Europa” intendendo il Consiglio dei Ministri – l’organo che ha il vero potere – della UE...)

A tal proposito, possiamo subito dire che – mentre uscire dall’UE e dall’Euro è molto complicato, soprattutto per le questioni economiche connesse, – “denunciare” il trattato CEDU o COE potrebbe essere discutibile quanto si vuole, ma tecnicamente è molto più semplice e fattibile: gli Stati sovrani possono aderire ai trattati e possono recedere (=”denunciarli”) proprio grazie alla loro sovranità.

Comunque finché ci siamo dentro, accettiamo le decisioni della CEDU che ci condanna sistematicamente per la malagiustizia e la lunghezza dei nostri processi (ma questo chissà perché non è tanto pubblicizzato). Alle decisioni della CEDU si fa ricorso in appello (se ricordate la storia del Crocifisso nei luoghi pubblici: in primo grado l’Italia fu condannata, ma in appello fu assolta). Comunque, come fa notare giustamente Introvigne sulla Nuova Bussola Quotidiana, al massimo la CEDU può condannare al risarcimento danni: ovviamente non può pretendere la modifica delle leggi emanate da un Parlamento democraticamente eletto dal popolo sovrano (almeno in teoria).

Rimandiamo all’ottimo articolo di Introvigne, per chiarire ulteriormente gli aspetti giuridici della questione. Sempre sulla Bussola, c’è poi da leggere anche Scandroglio che spiega comunque l’importanza pratica, politica e soprattutto mediatica della sentenza Oliari.

A noi preme ribadire solo una cosa: l’art.2 Cost. “riconosce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità“.

Solleviamo parecchie riserve sul fatto che nell’ambito di un’unione omosessuale si “svolga”, nel senso di si “elevi”, la personalità degli individui. Anche se non è più di moda dirlo, resta il fatto che un rapporto omosessuale oggettivamente non può essere completo e soddisfacente come un rapporto eterosessuale: innanzi tutto c’è il dato fisico – anatomico, su cui non mi sembra di dovermi soffermare. Ma c’è anche il dato psico – affettivo – emotivo per cui il rapporto tra due donne o due uomini potrà essere una meravigliosa, profonda, appagante... amicizia, ma non sarà mai come quello che c’è tra un uomo e una donna: solo questa può diventare amore sponsale, inteso come completamento reciproco l’uno nell’altra . Quindi il rapporto omosex tende ad essere frustrante (ora tutti gli omosessuali felicemente uniti da decenni cominceranno a strillare? Bhè, si contassero un po’... sono pochissimi. La sparuta minoranza di una minoranza. E se durano, è perché la loro è una bella “amicizia”: tollerano il tradimento sistematico, sono coppie”aperte”. Prevengo anche un’altra obiezione: è ovvio che anche gli etero possano essere frustrati, per tanti motivi, ma non per l’innaturalezza dei loro rapporti sessuali).

Quindi, il Governo italiano dovrebbe far ricorso contro la sentenza Oliari dimostrando che i diritti individuali dei conviventi sono ampiamente garantiti. E la cosa dovrebbe finire lì. Senza la necessità del riconoscimento pubblico di alcun tipo di unione.

Tutto questo è politicamente molto scorretto, quindi ci sono poche speranze che il nostro Governo – che è politicamente correttissimo – faccia quanto sopra.

Noi siamo qui a parlarne perché la gente si faccia un’idea e poi se ne ricordi alle prossime elezioni (ci è rimasta solo quest’arma: bisognerà andare a votare prima o poi).

Quanto ai diritti umani tutelati dalla CEDU, mi si consenta un’ultima nota.

Abbiamo detto e ripetuto che i diritti umani non li crea l’uomo, ma la natura, o meglio Dio (per dirla con l’Antigone di Sofcole – V sec a.C. – che non è certo un catto-fascista bigotto). Non c’è CEDU e non c’è Parlamento che possa scalfirli o modificarli: le leggi umane, o si adeguano, o sono ingiuste (non-leggi), come dicevano gli antichi.

La CEDU e il Consiglio d’Europa, poi, sono così bravi a difendere i diritti naturali, i diritti inviolabili dell’uomo, che non riescono a proteggere il diritto dei bambini sopravvissuti all’aborto a cure palliative e a una morte dignitosa: hanno rifiutato in più occasioni di esprimersi contro l’infanticidio che è sistematicamente perpetrato in caso di aborto tardivo. Il bambino che nasce vivo, nonostante l’aborto, viene lasciato morire tra i rifiuti ospedalieri (o viene soffocato “per pietà”).

Questo basterebbe – per me – per denunciare il trattato di Londra.

Francesca Romana Poleggi

DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DALLA LEGGE CIRINNA’

Firma anche tu!

 

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.