29/04/2014

Omofobia: Europa tagli i fondi all’Africa

Mutilazioni genitali? Lapidazione? Spose bambine? Arriva un sonoro macchissenefrega!

Il relativismo e l’assunto della valorizzazione dell’interculturalità ci hanno resi immobili di fronte a qualsiasi forma di grave violazione dei cosiddetti diritti dell’uomo purché espressione di una diversa cultura.

Sì, si sono attivate petizioni, campagne di sensibilizzazione ma… stop.

Sono bastati invece due soli giorni per un’Europa priva di alcun riferimento valoriale per votare una risoluzione che chiude letteralmente i cordoni della borsa nei confronti degli Stati africani che non inseriscono nelle proprie politiche delle buone prassi gay friendly.

Tema da noi già pubblicato ed affrontato recentemente (per chi volesse, si può anche scaricare il testo della risoluzione), ora trova un’analisi completa sulle pagine de Il Foglio.

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Le orrende leggi anti gay del continente nero producono effetti bizzarri. Succede che l’occidente liberal, pasciuto e democratico, quello che vara leggi che puniscono l’“omofobia” sotto forma di reato di opinione, ha lanciato una offensiva economica e ideologica contro quegli stati del Terzo mondo che producono leggi decisamente omofobe. L’Africa è all’offensiva sull’omosessualità e 39 paesi su 54 la sanzionano in  diverso grado.

Ai neri l’omosessualità non piace. Lo dice l’indagine del Pew Research Centre nel 2013, dal titolo “La linea di demarcazione mondiale sull’omosessualità”. Non c’è lo stesso consenso delle società secolari e ricche.

Per anni i relativisti culturali hanno giustificato qualsiasi tradizione africana, come l’escissione del clitoride, la poligamia e le spose bambine. Sorprende quindi la rapidità e la forza con cui democrazie e organismi sovranazionali, di solito sonnambule su sanzioni e battaglie di principio, hanno risposto alle violente leggi africane. Stati Uniti, Francia, Danimarca, Svezia e Olanda stanno già mettendo in atto sospensioni di aiuti finanziari all’Uganda, due giorni dopo l’approvazione, il 24 febbraio, della legge sull’omosessualità.

La Banca mondiale ha sospeso un prestito di 90 milioni di dollari destinato al sistema sanitario ugandese. Il Parlamento europeo ha votato dure sanzioni economiche e l’interruzione della cooperazione con Nigeria e Uganda. Un ricatto. Volete i contributi e la cooperazione allo sviluppo? Bene, ma alle nostre condizioni. La risoluzione di Bruxelles richiede esplicitamente che si inserisca una “clausola Lgtb” per le future relazioni di solidarietà internazionale. Non solo. Sembrerà assurdo, ma il Dipartimento di stato con John Kerry ha fatto sapere che ha predisposto l’invio di “esperti dell’omosessualità” in Uganda, per spiegare loro cosa sia realmente.

C’è un nuovo libro di un professore liberal inglese, Marc Epprecht, “Sexuality and Social Justice in Africa”. Questo scrive che l’ossessione per i temi gay ha portato a una cecità occidentale su altri crimini sessuali, come lo stupro delle minoranze (dice niente il Darfur?) e le lapidazioni islamiche. Perché la stessa rapidità non si è vista contro la Somalia, dove il 98 per cento delle bambine sono vittime di mutilazioni genitali? Il giornalista libertario Brendan O’Neill ha scritto che “l’occidente di solito inviava missionari con la Bibbia in Africa, adesso manda degli scientisti”. E ancora: “Un tempo insegnavamo agli africani che era peccato dormire con un membro dello stesso sesso, adesso diciamo loro che è peccato pensare che sia peccato dormire con un membro dello stesso sesso”. Sferzante anche l’editorialista inglese Richard Littlejohn, pur militante dei diritti gay: “Ho una visione di pubblici ufficiali con elmetti rosa che vagano per le remote regioni africane in cerca di convertiti, come i missionari che portarono la cristianità nel XIX secolo”. Che effetto avrà l’offensiva gay friendly sulla superstizione omofoba africana? Sempre Epprecht nota che “l’omonazionalismo”, il modello occidentale di outing, non funziona per l’Africa, dove i gay potrebbero veder peggiorate le proprie condizioni a causa della pressione liberal. E quando un trans si ritroverà accerchiato in una periferia nigeriana, chi andrà a salvarlo, l’attivista dell’Unar?

Giulio Meotti

 

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