02/04/2013

Quattrocento milioni più uno, cartolina dagli aborti forzati in Cina

“E’ il più grande crimine contro l’umanità attualmente in atto, lo sventramento segreto e inumano di madri e figli, un Olocausto infinito che va avanti da trent’anni”. Con queste parole la dissidente Chai Ling, leader del movimento di Tiananmen (dove era celebre per i discorsi al megafono, in cui incoraggiava gli studenti a continuare lo sciopero della fame), ha denunciato gli aborti forzati in Cina. “‘Politica-del-figlio-unico’ è un ordine di marcia per una brutalità cento volte superiore al massacro di Tiananmen, che accade alla luce del giorno, ripetuto ogni singola giornata”. Un dispotismo che coinvolge oltre un miliardo di esseri umani e che è schizzato sul Web tramite la fotografia di un bambino mai nato.
Il bimbo era al settimo mese quando le autorità di Pechino hanno costretto la madre, Lu, ad abortirlo contro la sua volontà. Avrebbe dovuto essere un aborto ordinario nella provincia orientale dell’Anhui. Il piccolo ha sofferto insieme alla mamma, un’agonia di venti minuti, poi non si è più mosso. Ma il padre del bambino, di fronte a questa macabra esibizione di forza da parte del Partito comunista cinese, ha fotografato il neonato insanguinato e l’ha messo in rete. “Cosa ha fatto di male questo bambino da essere torturato a morte in questo modo?”, chiede un internauta. E un altro: “Queste sono le cose che facevano i ‘diavoli’ giapponesi e i nazisti”.

E’ nato anche un movimento di protesta contro gli aborti forzati, “Vogliamo giustizia”. Secondo la presidente dell’organizzazione Women’s Rights Without Frontiers, Reggie Littlejohn, “in Cina il corpo di una donna non appartiene a lei, appartiene allo stato. L’utero di una donna è la parte più intima del suo corpo, dal punto di vista fisico, emozionale e spirituale. Per questo il Partito comunista cinese, agendo come ‘polizia dell’utero’, distrugge la vita all’interno di lei. E questo è un odioso crimine contro l’umanità. Nessun governo legittimo potrebbe commettere o tollerare un atto simile. I responsabili dovrebbero essere perseguiti”. La politica demografica in Cina conferisce alle cellule locali il potere di decidere se una gravidanza sia permessa o no, se un feto debba essere abortito. Il personale impiegato conta 520 mila addetti, un impressionante esercito con potere di vita o di morte. Gli aborti praticati entro i primi tre mesi sono chiamati “aborti artificiali”, quelli praticati dopo “parti indotti”. L’attivista cieco Chen Guangcheng, emigrato negli Stati Uniti, è stato perseguitato per anni dal governo proprio per aver denunciato la pratica degli aborti forzati.
Nel giugno di un anno fa era stato il caso, sempre al settimo mese, di Feng Jianmei. Le foto la ritrassero riversa su un letto d’ospedale, con accanto il figlio morto frutto dell’interruzione di gravidanza forzata. Il Parlamento europeo, di solito connivente con il dispotismo cinese, un mese dopo la violenza subita da quella giovane madre approvò una risoluzione a proposito dello “scandalo” relativo all’aborto forzato in Cina.

L’articolo 49 della Costituzione cinese obbliga le coppie sposate alla pianificazione famigliare. “Figli unici, figli maschi, figli sani”. Una guerra veramente classista. Lu, la madre del bambino abortito al settimo mese, avrebbe dovuto pagare tremila euro di multa per salvare la vita del secondogenito. Priva di soldi per farvi fronte, ha dovuto sacrificare il figlio. La Cina è l’unico paese al mondo in cui la politica abortista è fonte di guadagno per lo stato. I funzionari pubblici incassano ogni anno quattro miliardi di dollari di tasse imposte a chi sfora la quota demografica.
Ha chiesto scusa la dottoressa Gao Xiao Duan, dirigente cinese per il controllo delle nascite, che ha testimoniato di fronte al Congresso degli Stati Uniti: “Quando trovavo una donna incinta al nono mese che non aveva il certificato, un medico iniettava il veleno nel cervello del bambino, che moriva e veniva gettato nell’immondizia. La mattina ero il mostro che feriva gli altri attraverso la barbarica politica cinese, la sera ero come tutte le mamme e avevo la gioia dei miei figli. A tutte quelle donne, a tutti quei bambini uccisi, voglio dire che mi dispiace, mi dispiace”.
La popolazione cinese si è ridotta di un terzo “grazie” alla politica demografica. Quattrocento milioni sono gli aborti eseguiti in trent’anni da Pechino. Tredici milioni all’anno. Millecinquecento all’ora. Venticinque al secondo.

di Giulio Meotti

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