25/03/2015

Utero in affitto – Baby makers, produttori di bambini

Baby Makers. A Story of Indian Surrogacy’ (Produttori di bambini. Una storia di surrogazione indiana), è un libro inchiesta sull’utero in affitto scritto da un’Indiana, Gita Aravamudan e pubblicato dalla Harper Collins Publishers, in India.

Lo presenta Assuntina Morresi sull’Avvenire, dove racconta alcune delle vicende delle donne povere sfruttate e dei ricchi sfruttatori – occidentali, ma non solo – che ne violano in modo profondo la dignità.

Gita Aravamudan è una giornalista indiana. Scrive per testate importanti ed è autrice di ‘Disappearing Daughters: the tragedy of female foeticide’ (Figlie scomparse: la tragedia del feticidio femminile), un saggio sugli aborti selettivi e l’eliminazione delle neonate, vera piaga sociale per quel paese (stavo per scrivere “lontano paese”: ripensando a quanto accade nel Regno Unito, a proposito di aborti sesso – selettivi, ci ho ripensato. Non è così “lontano”).

baby_makers_utero-in-affittoIl libro di cui parla la Morresi è “un’originale inchiesta sull’utero in affitto che intreccia episodi ricostruiti realisticamente e fatti documentati, insieme a importanti contenziosi giuridici. Ne risulta un grande e inquietante affresco della maternità surrogata, di cui l’India rappresenta oramai uno snodo mondiale: un enorme mercato con profitti da capogiro: 445 milioni di dollari all’anno, secondo una stima del 2010.

Le protagoniste emergono con tutti i loro sentimenti, dall’orgoglio di portare a casa i soldi per far studiare i figli, alla rassegnazione per la propria condizione, specie per l’abbandono dei piccoli appena nati”.

Riporta alcuni casi famosi (bambini contesi per mezzo mondo e che alla fine risultano apolidi affidati a una nonna, bambini di cui non si sa chi siano alla fine i genitori, bambini che non vuole nessuno...), e riporta le testimonianze di alcune delle donne “affittate”: sono molto impressionanti. Tra le altre ci colpiscono alcune parole di Disha, una donna che ha partorito due gemelle per una coppia coreana:

«Nessuno sa cosa passiamo. Quell’inutile marito che parla solo di soldi, soldi, soldi. E quei genitori che comprano i nostri servizi? Non sanno neanche la metà di quel che ci capita. Non hanno mai dovuto sopportare tutta quella roba terribile. Le nausee, il dolore, le doglie. Non sanno come ci si sente con quei piccoli piedi calciare dentro lo stomaco. Io canticchiavo loro le ninnenanne. Ma lo sanno, o gliene importa qualcosa? Queste persone che vengono e ci ingaggiano non vogliono mai guardarci in faccia o sapere i nostri nomi. Per loro siamo solo uteri».

Dal libro della Aravamudan, poi, si desumono non solo i problemi umani legati all’utero in affitto e alla vendita dei gameti, ma emergono anche i problemi legali: “nato in India, da surroga nepalese, con genitori committenti europei, americani o australiani: chi deve dare il visto? E soprattutto: chi è la madre? La committente, ma anche chi ha partorito. E chi ha dato i propri ovociti non può essere considerata una totale estranea”.

Sottolinea la Morresi: “Non parliamo di scenari futuribili, ma di un presente ben consolidato, che sta accadendo adesso, ma che ancora non è pienamente compreso in tutta la sua inquietante portata”.

E spiega che l’autrice dell’inchiesta pone una serie di pressanti interrogativi (primo fra tutti su cosa debba intendersi per maternità), ma non dà risposte, né giudizi.

Neanche noi. Lasciamo giudicare ai lettori.

Francesca Romana Poleggi

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