30/03/2014

Utero in affitto e crisi d’identità

Paul Cronin, un giudice australiano del Tribunale per le cause che riguardano il diritto di famiglia (che corrisponde più o meno al nostro Tribunale per i minori), ha emanato una recente sentenza in cui esprime grave preoccupazione per gli effetti della pratica internazionale dell’utero in affitto sui bambini: le prime vittime – sì, sono vere e proprie vittime – di tale commercio ignobile.

Il dispositivo della sentenza Fisher-Oakley & Kittur,  sottolinea che i bambini comprati da madri in affitto soffrono molto spesso di gravi crisi di identità.  Cronin dice che possono – più o meno inconsciamente – sentirsi abbandonati dalle loro madri biologiche o addirittura grossolanamente venduti. Qualunque cosa la donna che si vende dica sul futuro e sulle proprie intenzioni, i tribunali, normalmente, non sanno come si sono svolti i patti; non hanno informazioni circa le circostanze in cui il bambino è stato concepito, l’ambiente in cui viveva la madre ecc. La tecnica procreativa è andata molto più avanti di ciò che i legislatori riescono a contemplare: cosa accadrà al bambino nei suoi primi 15 anni di vita se si manifesta la suddetta crisi di identità? Cosa accadrebbe nel caso in cui la madre naturale volesse in qualche modo essere coinvolta nel futuro del bambino?”

Saggio e ragionevole il magistrato australiano.

Purtroppo l’Australia è lontana...

Francesca Romana Poleggi

 

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