23/01/2016

Vita e famiglia: buone notizie dalla politica del Perù

In tema di vita e famiglia, i cittadini peruviani possono stare tranquilli. Da quelle parti, infatti, i politici sembrano essere convintamente contro l’aborto e il “matrimonio” omosessuale.

Dei quattro principali candidati alle elezioni presidenziali previste per il 10 aprile, solo uno è fautore della cultura della morte e della disgregazione dell’istituto familiare.

Stando a quanto scrive il Population Research Institute, i candidati César Acuña, Keiko Fujimori e Alan Garcia difendono il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale e la famiglia naturale, tra uomo e donna, fondata sul matrimonio. Un altro ancora, Nano Guerra García, è stato ancora più esplicito e ha realizzato un video in cui dichiara guerra all’aborto e sollecita tutti gli sfidanti a pronunciarsi chiaramente sul tema.

Pedro Pablo Kuczynski, invece, è l’unico che propone la legalizzazione delle unioni civili per le persone dello stesso sesso e la distribuzione degli anticoncezionali tra gli adolescenti (sul punto anche César Acuña ha una posizione alquanto ambigua).

I sondaggi, però, dicono che i peruviani non voteranno per un candidato favorevole a politiche contrarie alla vita e alla famiglia.

D’altra parte, historia magistra vitae. Come fa notare il Population Research Institute, nell’ambiente politico nessuno dimentica che nel 2011, l’allora candidato Alejandro Toledo partì da favorito, ma perse le elezioni dopo aver annunciato l’intenzione di legalizzare l’aborto, il consumo di droghe e le unioni gay.

In tal senso, in questi anni, ha esercitato un ruolo decisivo la Marcia per la Vita, che si tiene nel mese di marzo a Lima. Una delle mobilitazioni pro-life più partecipate del mondo. Lima_Marcia-Vita_vita

Insomma, in Perù sarà davvero difficile, in futuro, non tener conto di questo diffuso sentimento popolare, ancorato, oltre che alla fede religiosa, più genericamente alla ragione e al buon senso. Anche se i radical-chic, così in prima fila nella lotta a ogni discriminazione, diranno che si tratta solo di arretratezza culturale di un Paese del terzo mondo.

In Italia, nella nostra civile, progredita e cattolica Italia, la politica sta discutendo di matrimoni e adozioni gay. E anche i migliori cadono quando si tratta di affrontare il tema dei diritti delle coppie omosessuali (facciamo chiarezza: i diritti individuali ci sono e si devono riconoscere a tutti; quelli delle coppie conviventi in quanto tali assolutamente no!).

Ma anche da noi c’è un popolo che non si rassegna e che il 30 gennaio scenderà in piazza per far sentire la sua voce e far cambiare idea ai palazzi del potere. Perù docet: per vincere, occorre mobilitarsi.

Redazione

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