21/10/2014

Aggressione alle Sentinelle in Piedi – Testimonianza di una madre di un figlio disabile

Domenica 5 ottobre 2014 una madre di un giovane disabile psicofisico si è recata con suo figlio alla veglia delle Sentinelle in piedi a Rovereto, prevista per le ore 16 in una piazza del centro storico. Arrivati in anticipo, verso le 15.30, madre e figlio sono entrati in un bar dove hanno incontrato altre due Sentinelle che conoscevano.

Era una bella giornata di sole, con diversa gente che passava tranquillamente a piedi sulla strada adiacente alla piazza. Dopo aver preso qualcosa da bere e da mangiare, la madre ha fatto sedere il figlio su un tavolino del bar sulla piazza e, mentre egli ascoltava come suo solito un po’ di musica, si è allontanata di una ventina di metri in compagnia di un’amica per recuperare lo zaino dimenticato poco prima su una panchina. Nel frattempo le 4 o 5 Sentinelle presenti stavano ultimando i preparativi della veglia.

A quel punto è arrivato improvvisamente il gruppo degli aggressori, composto da una ventina di giovani di 20 o 25 anni, tutti vestiti di jeans scuri, zainetto e casco in mano. Hanno cominciato immediatamente a strappare il banner, i manifesti e i volantini, e a cacciare via le Sentinelle con spintoni, lanci di uova e di altri oggetti, insulti e minacce, al punto che una delle Sentinelle, colpita in faccia da una testata di un aggressore, ha subito la frattura del setto nasale.

La madre però non si è accorta subito del loro arrivo, perché era girata di spalle. Quando si è resa conto di quello che stava succedendo, ha cercato di raggiungere suo figlio, ma si è trovata davanti il gruppo degli aggressori che le ha ordinato di allontanarsi e ha cominciato a spingerla e a urlare “va via fascista! omofoba!”. Facendosi forza, come sanno fare le madri nei momenti di pericolo, è riuscita ad arrivare da suo figlio.

 

A quel punto la hanno accusata di volersi servire del figlio per farsi scudo di lui e restare così sulla piazza. Lei ha risposto che non dovevano azzardarsi a toccare suo figlio. Allora essi hanno cominciato a lanciarle addosso delle uova, mentre suo figlio, che ella teneva con due mani, assisteva impaurito alla scena. Lei non si è mossa, ma, per un impulso interiore, ha fatto un gesto sconvolgente: ha cominciato a dire a gran voce un’Ave Maria, in pubblico, davanti agli aggressori, invitando suo figlio a fare lo stesso. “In questo modo – ha detto in seguito – intendevo, da un lato, affermare il mio diritto a restare lì, e dall’altro, proteggere mio figlio dalla minaccia di aggressione”. Gli assalitori hanno cominciato a urlare “lei è pazza, lei è pazza!”, ma quando la donna ha cominciato la seconda Ave Maria hanno smesso di lanciare urli e uova e se ne sono andati.

“Questa esperienza – ha detto la madre – mi ha fatto capire che alla violenza non si risponde con altra violenza: di fronte alla loro provocazione, ho risposto con una preghiera, affidandomi a Maria”. Non è però solo questione di non-violenza: è il riconoscimento di una Presenza, ed è proprio questo riconoscimento che cambia tutto. Questa madre ha semplicemente fatto quello che un cristiano dovrebbe fare sempre: guardare a questa Presenza e invocarla, seguirla, affidarsi a lei. Ma è così stranamente difficile per noi questo riconoscimento, che quando accade è proprio un miracolo. Un miracolo che produce a sua volta un altro miracolo, cioè la sconfitta del male.

Gli amici delle Sentinelle di Rovereto

 

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