23/02/2017

ANDDOS fa cultura e progetti per le scuole?

A proposito della vicenda dei locali dove si consuma sesso estremo, libero o a pagamento, affiliati all’associazione culturale Anddos, per la quale l’UNAR aveva stanziato 55 mila euro (che finalmente sono stati revocati), scrive il Giornale che «I vertici dell’Anddos hanno avvalorato la tesi della “vendetta trasversale” con un comunicato ufficiale che contempla una frase sibillina: “A seguito di una indagine interna, riteniamo di avere sufficienti elementi per affermare quale associazione si sia resa responsabile di una tale macchinazione”».

Prosegue Il Giornale: «All’ingresso di molti club privè appare ancora il vecchio avviso: “Ingresso riservato solo ai tesserati Arci“. Ma, in realtà, la tessera che viene compilata all’interno dei circoli è quella dell’Anddos che, da sigla gemellata con l’Arcigay, si è nel tempo resa autonoma “rubando”, per così dire, una consistente fetta di “mercato” alle sigle tradizionalmente egemoni in questo settore. Di qui invidie e colpi bassi».

Che i denari pubblici vengano spesi per questa gente che oltretutto evade il fisco perché vendono alcolici, cibo, viaggi e merchandising vario, sotto la copertura dell’associazione culturale senza fine di lucro, è scandaloso.  Che poi ad associazioni del genere vengano affidati i progetti di educazione sessuale nelle scuole (in una “prospettiva di genere”, ovviamente), come il progetto “Parlami d’amore” visibile sul sito www.sessualitàedifferenze, è forse ancora più preoccupante.

Secondo il sito suddetto: «Nel nostro Paese non manca solo un’adeguata informazione sulle IST [malattie sessualmente trasmissibili], ma sono carenti anche le informazioni di base sul proprio corpo sessuato e sul suo funzionamento... Queste mancanze di informazione e di consapevolezza non trovano modo di essere colmate in famiglia e nemmeno a scuola».

La colpa è della «società italiana, ostinatamente sessista e patriarcale che per tradizioni (sic!) culturali e religiose trova naturale distinguere ruoli e funzioni tra uomini e donne secondo degli stereotipi di genere che sono sopravvissuti».

ANDDOS
(Immagine pubblicata da Il Giornale del 22/02/2017)

E allora dobbiamo affidarci all’Anddos, promotrice del progetto, che – sempre secondo il suddetto sito è «impegnata direttamente in tutto il territorio nazionale nella prevenzione delle Infezioni Sessualmente Trasmesse, nei servizi per il benessere psicofisico della persona e nel contrasto delle discriminazioni, in particolare da orientamento sessuale. Coordina una rete di oltre 70 circoli culturali e ricreativi affiliati e annovera 190.000 soci e socie» .

Anddos agisce in sinergia con Educare alle Differenze «una rete nazionale promossa dalle associazioni Scosse, Stonewall e Progetto Alice. Alla rete aderiscono oltre 200 associazioni di docenti, formatori e formatrici che si occupano di progetti dedicati all’identità di genere e ai diversi modelli familiari, alla valorizzazione delle differenze, alla prevenzione delle violenze legate a genere e orientamento sessuale».

Nel nostro dossier sui casi di progetti che fanno propaganda all’ideologia gender, Educare alle differenze è stato segnalato tre volte: a Roma nel settembre 2014 e nel settembre 2015,  a Prato nel gennaio 2015.

Sempre nell’articolo de Il Giornale citato all’inizio, l’Anddos dice: «Abbiamo presentato all’Unar un progetto finalizzato a sostenere e potenziare i Centri ascolto e antiviolenza (Caa) che forniscono assistenza psicologica, medica e legale gratuita a chi è vittima di discriminazioni o necessita di ascolto e informazioni sui temi della sessualità e della salute». E poi: «Siamo stati ritenuti idonei al finanziamento a fronte di un bando con regole e procedure precise e di un progetto presentato in partenariato con La Sapienza Università di Roma».

Chiude Il Giornale: «Peccato che l’Università La Sapienza si sia affrettata a smentire qualsiasi coinvolgimento».

Redazione



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