26/08/2016

Cyberbullismo e libera manifestazione del pensiero: ddl C3139

“Internet: si scrive cyberbullismo, ma si legge norma ammazza web titola Il Fatto Quotidiano a commento della proposta di legge C3139 che – per come è stata emendata – calpesta il diritto alla libertà di esprimere il pensiero garantito in ogni ordinamento civile.

La proposta in questione, già approvata dal Senato, e che verrà votata alla Camera il 12 settembre prossimo, prima firmataria la senatrice del PD Elena Ferrara, prevede sei anni di carcere per i cittadini, i blogger e le testate che pubblichino anche una sola informazione in grado di violare i dati personali o di ledere l’onore e la reputazione di qualsiasi soggetto, con confisca del telefono, del computer e rimozione del contenuto obbligatoria.

La proposta di legge C 3139 nasceva per tutelare i minori dal grave fenomeno del cyberbullismo che sappiamo essere diffuso e deleterio, soprattutto tra i più giovani, che hanno troppo spesso tra le mani smartphone e tablet delle quali diventano dipendenti e spesso vittime, soprattutto quando – attraverso i social – si creano delle situazioni in cui un gruppo prende di mire qualcuno per il suo aspetto, il suo atteggiamento e , in genere, futili motivi.

Sappiamo che nelle scuole le prime vittime del bullismo (anche nella versione ancor più vile , quella  “cyber”) sono i ragazzini obesi, con gli occhiali, studiosi, timidi...

Il testo originario della norma infatti prevedeva: “Ai fini della presente legge, per «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.

La norma che nasceva per reprimere giustamente questi comportamenti, “con i profondi ritocchi dei relatori e delle Commissioni riunite Giustizia e Affari sociali – dice Il Fatto – è divenuta una vera e propria norma ammazza web, che riguarda anche e soprattutto ogni maggiorenne che si affaccia alla rete internet”.

Prosegue Il Fatto: “Un blog scomodo, un commento troppo colorito sul forum, una conversazione un po’ ardita tra maggiorenni su Whatsapp, qualsiasi pubblicazione di dati a opera di maggiorenni, qualsiasi notizia data su un blog o su una testata, e che riguardano maggiorenni, ricadranno in quella definizione [di cyberbullismo]” e sarà la fine del diritto di manifestare liberamente le proprie idee.”

Il cyberbullismo sui minori, invece,  è ormai divenuto un elemento del tutto residuale della norma.

Redazione

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