29/08/2014

Errori strategici e dottrinali sulla fecondazione

La seguente riflessione di Alfredo De Matteo ci mette in guardia: le proposte di regolamentazione della fecondazione eterologa potrebbero facilmente trasformarsi in un boomerang, nei confronti di chi le presentasse, sia pure fosse armato di buone intenzioni.

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Come era prevedibile, già dall’indomani della sentenza che ha sdoganato la fecondazione artificiale eterologa e affossato la legge 40, che seppur integralmente iniqua e priva di coerenza interna prevedeva e regolamentava solo quella omologa, il mondo cattolico, invece di apprendere finalmente dall’ennesima sconfitta, ha continuato a perseverare nell’errore adottando la medesima fallimentare strategia fondata sulla logica del compromesso e del non-ci-sono-i-numeri-in-parlamento.

Aldilà delle disquisizioni circa l’inconsistenza della teoria del male minore applicata documentata da alcuni puntuali interventi di Tommaso Scandroglio, quel che ci preme analizzare è la mentalità soggiacente a tale strategia. Uno degli errori più ricorrenti in cui tende a cadere il mondo cattolico e pro-life è, a nostro avviso, l’adozione di un approccio che privilegia le esigenze materiali dell’uomo a scapito di quelle spirituali. In altre parole, la presunta necessità di salvare il salvabile limitandosi ad agire politicamente non già per denunciare l’intrinseca immoralità della fecondazione artificiale, bensì per fare in modo che l’introduzione di quella eterologa comporti meno danni possibili per tutti i soggetti coinvolti.

Trattasi del medesimo approccio intellettuale e metodologico che ha orientato la strategia pro-life italiana degli ultimi decenni nell’ambito della lotta all’aborto di stato, con i risultati che conosciamo. L’obiettivo principale era quello di strappare alla morte qualche vita innocente spesso rinunciando ad affermare la verità tutta intera. Cosicché, la quasi totalità delle iniziative dei movimenti pro-life si risolveva nel fornire assistenza psicologica alle donne devastate dal trauma post aborto e nel tentare di dissuadere con incentivi economici e supporto morale quelle che si riusciva ad intercettare. Ben inteso, non che tali obiettivi fossero in sè sbagliati ma di rado venivano accompagnati da un atteggiamento intransigente nei principi e di ferma condanna della legge abortista. Anzi, l’implicito patto di non belligeranza sui temi etici mirava proprio a mantenere le rispettive posizioni: da una parte le esigenze della società civile (accettazione del principio di autodeterminazione e della legge 194), dall’altra la possibilità di muoversi in ambiti di azione ristretti e ben definiti che non entrassero in conflitto con la mentalità abortista dominante; sempre con l’idea che era meglio concedere molto per ottenere poco che non concedere nulla col rischio di perdere tutto. Un approccio utilitarista che ha finito per lasciare campo libero al nemico e che soprattutto ha contribuito a far sparire quasi del tutto dalla scena politica e culturale il dibattito sull’aborto di stato, rianimatosi di recente grazie allo straordinario successo della Marcia per la vita.

Ora, la pretesa di normare la pratica della fecondazione artificiale eterologa attraverso una legge ad hoc voluta dalle forze cattoliche sembra figlia del medesimo stile rinunciatario fin qui adottato, che ha finito per mangiarsi la verità a forza di compromessi e di mali minori. Infatti, il compromesso di oggi sarà la verità da difendere domani e così via. Cosa fare, dunque? Il fatto che allo stato attuale non sia ragionevolmente possibile contrastare politicamente l’introduzione della pratica disumana della fecondazione artificiale eterologa, non giustifica il tentativo di attenuarne i deleteri effetti facendosi promotori di un intervento legislativo. La conseguenza più grave cagionata dall’introduzione di leggi ingiuste risiede nel fatto che esse tendono a pervertire le coscienze e ad instaurare una situazione di grave ingiustizia sociale, non che provochino delle vittime innocenti: tale deve essere la forma mentis dell’autentico pro-life, il quale mai e per nessuna ragione può direttamente favorire l’introduzione di una norma iniqua.

Alfredo de Matteo

Fonte: Corrispondenza Romana

 

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