14/01/2016

Eutanasia – A marzo inizia la discussione alla Camera

C’era da aspettarselo ed infatti è successo: il Parlamento tornerà a parlare di eutanasia.

Con un tweet, Arturo Scotto, deputato di Sinistra Italiana, ha annunciato che la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha calendarizzato per marzo la discussione sul cosiddetto suicidio assistito.

Il Corriere della sera mostra soddisfazione e sostiene che quello dell’eutanasia è “uno dei temi più intimamente sentiti dalla società”. Non si sa bene su quali basi fondi tale affermazione. Un dato però è sicuro: se gli italiani fossero bene informati su quanto accade nei Paesi dove la “morte degna” è stata legalizzata, non esulterebbero all’idea di una situazione simile anche in Italia (vedere ad esempio qui e qui). Oltretutto, alcuni Stati all’avanguardia, come il Regno Unito, si sono pronunciati contro.

L’ultimo tentativo di occuparsi dell’argomento risale al 2009, con il ddl Calabrò sul testamento biologico, proposto subito dopo l’omicidio (perché di omicidio si è trattato) di Eluana Englaro. All’epoca, il presidente della Repubblica Napolitano, che si era rifiutato di firmare il decreto d’urgenza con cui il Governo Berlusconi intendeva salvare la vita alla ragazza in stato vegetativo, aveva rivolto due appelli al Parlamento affinché legiferasse sull’eutanasia. In seguito, anche i radicali, da sempre in prima linea in questa macabra battaglia, hanno depositato una legge di iniziativa popolare. E a queste proposte ha fatto seguito pure un appello di oltre 200 deputati. Ma fortunatamente non vi è stato alcun seguito.

Ora purtroppo assistiamo a quanto si paventava. A marzo inizierà la discussione in aula. «Con la calendarizzazione del tema dell’eutanasia alla Camera dei Deputati per marzo abbiamo compiuto un altro importante passo verso la legalizzazione di un fenomeno sociale sempre più importante nella società italiana», hanno spiegato Marco Cappato, Filomena Gallo e Mina Welby, a nome dell’Associazione Luca Coscioni, di Radicali italiani e della campagna “Eutanasia legale” che ha sostenuto l’iniziativa. Con loro si sono battuti malati terminali che chiedevano fosse riconosciuto il loro diritto a non vivere: Luigi Brunori, morto pochi giorni fa di Sla, Max Fanelli, Walter Piludu e Ida Rescendo. L’ultimo messaggio in tal senso è di Dominique Velati, la militante radicale ammalata di cancro.

La proposta oggetto di discussione è composta da quattro articoli e prevede che ogni cittadino può rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale, così come della terapia nutrizionale. Il personale medico e sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente maggiorenne e capace di intendere e di volere. Inoltre, salvo alcuni casi, ogni persona «può stilare un atto scritto, con firma autenticata dall’ufficiale di anagrafe del comune di residenza o domicilio, con il quale chiede l’applicazione dell’eutanasia per il caso in cui egli successivamente venga a trovarsi», nelle condizioni previste dalla legge.

Facendo volutamente confusione tra accanimento terapeutico ed eutanasia, se un disegno di legge simile passasse scivoleremmo presto su un piano inclinato: in pratica, basterebbe un nulla per farsi ammazzare. E chi non volesse ricorrere al suicidio assistito arriverebbe a sentirsi un peso, e per la famiglia e per la collettività, e si sentirebbe subdolamente indotto a togliere il disturbo.

Bisogna scaldare i motori anche contro questa politica di eliminazione dei malati fatta sotto la maschera dell’amore, della pietà e della dignità. Bisogna riaffermare il diritto alla vita sino alla morte naturale.

Redazione

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