10/07/2016

Gender a scuola – Il MIUR con le spalle al muro: risponda!

Avevamo scritto qui, a proposito dell‘indottrinamento “gender” che il Ministero dell’Istruzione si presta a organizzare in tutte le scuole di ogni ordine e grado, in base alla legge 107 (“buona” (!) scuola).

Abbiamo anche avvisato i nostri Lettori che il Parlamento, per rincarare la dose, sta predisponendo ulteriori strumenti normativi per introdurre “Educazione sentimentale” e/o altre ore curricolari di lezione destinate a spiegare l’indifferentismo sessuale e la “normalità” di ciascuno dei 71(?) generi  in cui è possibile identificarsi (LGBTQIA...).

Anche importanti organi di informazione di livello nazionale hanno cominciato a parlare della cosa, confermando le notizie che ci erano giunte per via riservata.

Sarà ora, quindi, che il MIUR risponda: mostri alle associazioni dei genitori e delle famiglie codeste linee guida, prima della loro approvazione!

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Intanto, su La Croce di ieri, c’è notizia di un professore sospeso per due giorni dal Preside per essersi rifiutato di plaudire all’approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili

La bozza letta da Il Giornale, dove scrive Alessandra Benignetti, contiene le disposizioni e le formule assai inquietanti di cui avevamo parlato anche noi.

Le assicurazioni della Giannini, sul comma 16 della legge 107, che disciplina “la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”, si sono rivelate parole vuote, un contentino per tacitare le famiglie.

Le associazioni che hanno animato i family day di giugno e gennaio erano giustamente preoccupate per il riferimento alla Convenzione di Istanbul: all’art.3, per genere (in inglese “gender“) intende “ ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini”. Nel testo della Convenzione si delinea quindi la prospettiva “gender”, una prospettiva inquietante, tanto che persino il governo italiano,  in sede di ratifica, aveva dichiarato che la avrebbe applicata “nel rispetto dei princìpi e delle previsioni costituzionali” perché la definizione di “genere” contenuta nell’art.3 era ritenuta “troppo ampia e incerta” e “con profili di criticità con l’impianto costituzionale italiano”. 

Ma la bozza delle linee guida elaborata dagli esperti del Miur incoraggia i docenti ad operare una “decostruzione degli stereotipi di genere” nel campo educativo e didattico. “Sono infiniti i pregiudizi e gli stereotipi che vengono spacciati come naturali” che devono essere superati. Per le nuove linee guida la differenza sessuale può al contrario essere vissuta secondo uno spettro ampio di inclinazioni, affinità, scelte”. “Si può essere uomini e donne in modo libero e rispettoso di sé e degli altri senza costringere nessuno/a dentro un modello rigido di comportamenti e di atteggiamenti”. Per questo la didattica e l’educazione scolastica dovrà agire nella direzione della distruzione di quegli stereotipi di comportamento naturalmente attribuiti ai ragazzi e alle ragazze, al fine di ottenere la distruzione di una società considerata “patriarcale” e la conquista di maggiori opportunità per le donne. Sul piano educativo, le “linee di intervento” passano attraverso “percorsi di educazione alle relazioni, all’affettività e alla soluzione positiva dei conflitti”.

Il ministero, inoltre,  ha predisposto anche una piattaforma online, Noisiamopari, che raccoglie una serie di iniziative già operative sugli “stereotipi di genere” e che propone “l’accreditamento delle associazioni LGBT presso il Miur in qualità di enti di formazione”.

Queste  linee di indirizzo  dovranno essere applicate “a tutte le discipline” e “coinvolgere tutti i docenti”: quindi non serve il consenso dei genitori, dei quali non è fatta parola, neanche alla riunione tenuta il 5 luglio scorso col Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola (FoNaGS), ha detto il suo presidente, Azzolini, al Giornale.

Anche Tommaso Montesano, che ha intervistato Toni Brandi, Presidente di ProVita, ne dà notizia su Libero, e   Simona Bertuzzi, sulla stessa testata, spiega che “le linee guida che di fatto introdurranno nelle scuole la parità di genere e la lotta a ogni forma di violenza e all’omofobia”  porteranno “sui banchi di scuola anche le famose teorie gender, quelle appoggiate da chi, con la scusa della parità uomo-donna, vuole annullare le differenze di sesso, fino ad affermare che anche il trans è normalità e genitore A e genitore B sono meglio di mamma e papà. Lo dice anche la bozza del Miur: «La differenza sessuale può essere vissuta in un ampio spettro di inclinazioni»“.

E giustamente chiosa “il ministero dovrebbe tappare le falle della formazione scolastica e riprendersi i cervelli fuggiti all’estero, piuttosto che occuparsi delle questioni di letto dei giovani che andrà a formare“.

Non solo: per un “uso consapevole del linguaggio”,  sarà opportuno utilizzare il genere femminile per i sostantivi riferiti “agli esseri umani di sesso femminile anche quando la lingua italiana non lo prevede. “La grammatica dovrà piegarsi alle nostalgie femministe della Boldrini e dunque declinare le professioni e pure gli umori. Avremo un papà astronauto e una mamma assessora come se piovesse, e provi qualcuno a dire il contrario. Che ci fosse lo zampino della Boldrini, d’altronde, dovevamo capirlo subito. Già nel 2013 la presidente della Camera chiedeva di introdurre la parità di genere nelle scuole ed è sua la recente idea di confezionare l’ora di educazione sentimentale (intesa come eliminazione di pregiudizi)“.

Prosegue Libero evidenziando la cecità del  Miur (del resto le ideologie accecano e fanno perdere il contatto con la realtà):  continua a vedere “il mondo occidentale come imperniato su una tradizione oscurantista di cui sinceramente, da generazioni, si è persa ogni traccia“.

Mettano, dunque, i piedi per terra i soloni del ministero e si facciano un giro nelle nostre scuole e nelle nostre case. Abbiamo appena festeggiato la prima donna sindaco di Roma. Abbiamo donne nei cda e a capo dei progetti di ricerca. Quelle che fuggono all’estero non lo fanno perché i maschietti le maltrattano ma perché il sistema universitario e la ricerca fanno acqua e non incoraggiano i talenti. C’è l’esigenza di ridare chance a una generazione di studenti che, arrivati alla maturità, non sanno da che parte voltarsi e vanno a ingolfare le fila di chi non studia e non cerca più lavoro. Semplicemente si è fatta da parte. Di questo dovrebbe preoccuparsi il Miur“.

Un bell’articolo, quello di Simona Bertuzzi  “Di questo passo lasceremo i nostri figli a scuola la mattina pensando, povere mamme illuse e buontempone, che imparino le tabelline e le poesie mentre invece vengono indottrinati su un certo Cenerentolo, vittima dei fratellastri cattivi, e su papà A che compra 8 mele mentre papà B ne prende solo 5“.

Redazione


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