21/05/2015

La “buona scuola” insegna l’ideologia gender?

Un lettore ci ha inviato per conoscenza la risposta che ha scritto per un articolo comparso sul maggior quotidiano di Verona, l’Arena, uno di quelli che sostengono che l’ideologia gender non esiste.

In merito all’articolo “Allarme Gender nelle scuole: falsità sulla pelle dei bambini”, sono doverose alcune precisazioni.

Ai politici perdoniamo quasi tutto, in campagna elettorale in particolar modo, ancora di più. Ma a tutto c’è un limite. Che la deputata Alessia Rotta affermi, con autentica faccia tosta, che sul tema Gender “riunioni senza contraddittorio vengono organizzate, anche in sale parrocchiali” con il chiaro intento di “screditare il decreto sulla buona scuola” (pag.12 – L’Arena del 19 maggio) non solo è inaccettabile, ma rasenta addirittura l’offensivo.

Sono stato uno degli organizzatori di questi incontri avvenuti qualche mese fa, quando il decreto sulla “buona scuola” non era neanche nei pensieri del sig. Renzi. La deputata Rotta e il segretario provinciale Albertini dovrebbero sapere che la questione Gender, all’interno della scuola italiana, ha origine dal DDL Fedeli (novembre 2014), dove vengono stanziati per le scuole 200 milioni di euro (art.6). Duecento milioni di euro per cosa? Cito testualmente: “per la decostruzione critica delle forme irrigidite e stereotipate attraverso cui le identità di genere sono culturalmente e socialmente plasmate”.

È chiaro? Nelle nostre scuole, che, a detta dei dirigenti, non si possono permettere insegnati qualificati per chi è veramente discriminato, come ad esempio gli stranieri o i disabili (per i quali le scuole arrivano perfino a rifiutare le iscrizioni campando scuse assurde), in queste stesse scuole dove viene chiesto ai genitori di dare la carta igienica, la carta per le fotocopie, i nastri per i lavoretti, ecc... si trovano, invece, i soldi (dove sarebbe da capire) per inculcare alle giovani menti che non si nasce o maschi o femmine, ma che, se uno lo desidera, può diventare quello che vuole! Strumentalizzando il concetto di “non discriminazione”, si cerca di rendere tutti uguali quando invece sarebbe da insegnare la bellezza della diversità.

Ma allora perché in realtà si tira in ballo il decreto sulla “buona scuola” per criticare incontri parrocchiali che hanno l’obiettivo di difendere tale diversità? Perché visto che il DDL Fedeli è subissato di pareri contrari e si è arenato si è pensato bene una domenica mattina (!!!) di inserire all’interno del decreto sulla “buona scuola” appunto, un emendamento della consigliera del Presidente del Consiglio in materia di Pari opportunità, Giovanna Martelli, con il quale si promuove l’educazione alla parità di genere.

Bludental

Forse proprio con il chiaro intento che ciò che si cercava invano di promuovere con il DDL Fedeli potesse passare inosservato attraverso un decreto legge di più ampia natura. L’emendamento infatti è stato condiviso da tutto il PD ed è stato approvato il 3 maggio dalla VII commissione della Camera, e prevede che l’elaborazione del piano triennale dell’offerta formativa assicuri “l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità di genere, la prevenzione alla violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle relative tematiche” (comma 8 bis dell’art.2, Capo II).

Ora, cari politici, vi si chiede solamente di non strumentalizzare questi temi (seri) per meri calcoli di bassa propaganda elettorale (decisamente meno seria), altrimenti iscriveremo d’ufficio i vostri figliuoli in quelle scuole, che hanno tradotto le sciagurate linee guida dell’OMS e quanto paventato dal DDL Fedeli, truccando i maschietti con rimmel e rossetto (vedi Pisa) o dicendo che, se volevano, il giorno seguente potevano venire a scuola vestiti da donna (vedi Trieste). Visto che queste attività si sono svolte senza l’avviso e il consenso dei genitori ci faranno sapere, lor signori, se il tutto sarà di loro gradimento. Se vi piace un mondo così.

Francesco Giacopuzzi

 

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