04/02/2015

L’aborto, la solitudine e la vita (una storia vera)

“Mi hanno presentato l’ aborto come unica chance.

Volevano togliere la vita a mia figlia: mi son ripresa la sua vita, e con la sua anche la mia”.

Una società condizionante, una situazione difficile, una donna sofferente per un bambino non cercato. La reazione della donna, la trasformazione del dolore in gioia e la sconfitta del mondo di fronte alla forza imponente della vita.

Questa la storia di Chiara (un nome di fantasia), una cara amica conterranea conosciuta anni fa alla Marcia per la Vita. In questo articolo, Chiara ci racconterà la sua storia, aprendo il cuore per i lettori rendendoli partecipi del suo passato, del suo dolore e della sua postuma redenzione.

“Mi è successa una cosa bellissima….. ho detto sì!

Non pensavo di ritrovarmi un giorno ad essere un’attivista pro life quando è iniziata questa storia: ero da poco tempo separata dal mio compagno che mi trattava piuttosto male e non mi rispettava, avevo già 2 bambini molto piccoli e mi ritrovai angosciata e sostanzialmente sola.
In quel periodo un amico di famiglia mi sostenne, aiutandomi a superare i problemi e le necessità, ma, a causa della mia solitudine e per cercare un po’ d’affetto, rimasi incinta.
Mi ricordo il grande senso di colpa per aver fatto la cosa sbagliata senza prestare la cautela e l’attenzione necessaria, ma una domanda ricorreva incessantemente nei miei pensieri: “cosa avrei fatto adesso?”.

Il mio “amico”, quando gli comunicai la notizia, rimase immediatamente sconvolto e molto contrariato, al punto di minacciare azioni violente, per far sì che questa creatura non nascesse.
Capii che la mia solitudine, anziché attenuarsi, s’era ampliata, e il dilemma costante rimase lo stesso: “questa vita che ho in grembo deve nascere oppure no?”.
La paura, la solitudine e il senso di totale inadeguatezza mi assalirono e non riuscii più a ragionare, a capire cosa fare: forse vi può sembrare strano, ma la notizia, intrinsecamente meravigliosa, del dono di un figlio, mi stava trascinando nell’incubo peggiore della mia vita.

Confidai il mio “segreto” ad una persona che lavorava con me e di cui mi fidavo, che si rese disponibile per aiutarmi a risolvere il “problema”.
Lei, una donna colta, impegnata in pratiche esoteriche, disse che la cosa migliore da fare nella mia situazione economica, sociale e familiare, era abortire: in questo modo il problema sarebbe stato risolto in un paio di giorni, senza che ne derivassero conseguenze negative per nessuno.
Confesso che mi sembrò quasi fattibile, comodo: il pensiero di non recare danno a nessuno, compresi i miei 2 bambini piccoli e tutta la mia famiglia, prese il sopravvento sull’idea di continuare la gravidanza, che avrebbe comportato la fatica di affrontare tutte le difficoltà che mi erano state molto dettagliatamente prospettate da tutti.

Andai con questa amica dal mio medico che, senza informarmi circa conseguenze e rischi dell’aborto, mi rilasciò il certificato per accedere all’I.V.G. (acronimo di “Interruzione Volontaria di Gravidanza, un modo fuorviante per indicare un aborto).
Nel giorno prefissato per il colloquio, mi recai da sola all’ospedale, con il cuore gonfio di dolore e di dubbi sul da farsi: non mi riconoscevo più, non mi sentivo più io.
Arrivai davanti all’ambulatorio dell’ospedale e vidi un grande cartello con scritto “VUOI TENERE IL TUO BAMBINO? SE SEI IN DIFFICOLTA’ NOI TI AIUTEREMO A FARLO NASCERE”: mi si aprì uno spiraglio di luce e speranza. Sotto vidi il numero verde di S.O.S.VITA e, in stato di agitazione e grande confusione, lo chiamai, allontanandomi dall’ambulatorio.

“Pronto? Dimmi, cosa succede?”. Queste le prime parole della volontaria. Io scoppiando in lacrime dissi che ero a fare il colloquio per abortire e lei mi chiese subito: “ma tu lo vuoi questo bambino?”. Io, che fino ad allora non lo sapevo cosa volessi fare di questo figlio, le risposi con forza: “sì, sì, sì lo voglio, ma il mondo mi dice che sarà un disastro, mi dice di non farlo nascere! Sono sola e disperata, non so cosa fare!”.
Allora la volontaria mi disse: “vai via da lì e torna a casa: vedrai che troveremo un modo per far nascere il tuo bambino. Tu ora torna a casa”. In quel momento la risposta che cercavo da tempo si rese evidente: sapevo cosa fare e non ero più sola.

Mentre scrivo queste parole le mie lacrime sgorgano copiose e il mio cuore è pieno di gioia e riconoscenza verso quella voce, quella donna che mi ha confortato con parole di speranza e di carità, in un periodo oscuro per la mia anima ed il mio cuore.
Il percorso fu lungo e innumerevoli difficoltà si succedettero durante la gravidanza. Eppure, proprio questi ostacoli mi fecero comprendere la grande forza della vita, testimonianza concreta dell’amore incondizionato di Dio nei miei confronti ed in quelli della mia bellissima figlia, che oggi vive felicemente con me.

Se non avessi gridato quel “sì” alla chiamata di Dio, oggi non ci sarebbe nulla di tutto questo.
Non sono una madre perfetta e non credo che lo sarò mai, ma la cosa più importante è sapere che tutto quello che ho fatto e che farò sarà esclusivamente motivato da un amore incondizionato: il dono della vita non mi è stato dato a caso.

Grazie infinite a tutti gli operatori del C.a.v e del movimento per la Vita, che portano avanti la buona battaglia per i bambini che non possono parlare e non possono tutelarsi.
Oggi sono passati 8 anni e la mia vita è radicalmente cambiata: ora sono una volontaria del Centro di Aiuto alla Vita. Ho scritto questa testimonianza per dire a tutte le mamme in difficoltà che non sono sole, che il vostro bambino è amato anzitutto da Dio, ma anche da me! Ora so cosa fare, ho trovato ciò che cercavo, lo scopo della mia esistenza: la tutela della vita “dal concepimento alla morte naturale”, finché avrò Vita.

a cura di Elia Buizza

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