23/06/2016

Omofobia? A Trento vince la dittatura LGBT

Molti ricorderanno il caso di presunta “omofobia” dell’Istituto Figlie del Sacro Cuore di Gesù, scuola cattolica paritaria di Trento: era l’estate del 2014 e l’Istituto era salito agli “onori” della cronaca in quanto accusato di aver licenziato una professoressa per via del suo orientamento sessuale.

Sulla vicenda ProVita, in unione con i Giuristi per la Vita, Nuovi Orizzonti e il Mevd, aveva presto posizione con un Comunicato Stampa.

All’epoca le lobby Lgbt trentine – ma non solo – avevano subito gridato all’omofobia, sostenendo che l’Istituto aveva compiuto una discriminazione (cosa non vera, per almeno quattro motivi, come spiegavamo qui). Il tutto era però stato smentito a seguito di un’indagine compiuta a livello provinciale, tanto che il Presidente della Provincia Ugo Rossi – nell’autunno dello stesso 2014 – aveva posto fine alla questione affermando: «Non ci sono elementi per mettere in discussione la parità scolastica dell’Istituto religioso Sacro Cuore». Queste conclusioni erano state anche comunicate al Ministro Giannini.

Fin qui la cronaca relativa al passato. Ma veniamo al presente: oggi diversi quotidiani hanno reso noto che il Tribunale di Rovereto (TN) – a seguito del ricorso presentato dalla docente nel 2015 e e per i profili di discriminazione collettiva dalla CGIL del Trentino e dall’Ass. radicale Certi diritti – con un’ordinanza datata 22 giugno ha condannato l’Istituto Figlie del Sacro Cuore a risarcire 25.000 euro alla diretta interessata per danni patrimoniali e non patrimoniali e 1.500 euro alle due organizzazioni ricorrenti. Il giudice ha infatti rilevato una “discriminazione individuale” nei confronti dell’insegnante sulla base del suo orientamento sessuale e una “discriminazione collettiva“, in quanto la condotta della scuola interessa tutti i potenziali lavoratori interessati all’assunzione presso l’Istituto.

Che sia una decisione influenzata dall’ideologia più che dalla legge vigente? Chissà. Vogliamo pensar bene, per non far peccato...

Il legale della docente, il noto avvocato pro-Lgbt Alexander Schuster – ... ma che coincidenza! – è naturalmente molto soddisfatto della decisione presa e ha voluto ribadire a Il Corriere della Sera che «Questa decisione fissa un punto chiaro: i datori di lavoro di ispirazione religiosa o filosofica non possono sottoporre i propri lavoratori a interrogatori sulla loro vita privata o discriminarli per le loro scelte di vita. L’uso di contraccettivi, scelte come la convivenza, il divorzio, l’aborto, sono decisioni fra le più intime che una persona può compiere e non possono riguardare il datore di lavoro».

La docente, dal canto suo, si è limitata a dire che «finalmente ha avuto giustizia».

In tutto questo, purtroppo, a rimetterci è solo la verità. In questo caso non c’è omofobia, non ci sono comportamenti discriminatori, non ci sono logiche di prevaricazione sul privato delle persone. Semplicemente c’è un Istituto paritario ad indirizzo cattolico che ha applicato la legge alla perfezione e che ha a cuore l’educazione dei propri studenti.

In ogni caso la questione non finirà qui. L’Istituto Sacro Cuore è attualmente in silenzio stampa, ma tutto fa supporre che impugnerà l’ordinanza. E allora si vedrà se la verità emergerà sopra le chiacchiere e la coltre dell’ideologia Lgbt.

Redazione


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